Siccità, perdite, invasi mal gestiti e laghi inquinati: in Sicilia il primo Forum sull'acqua
Mandrie che muoiono nelle campagne, il crollo della produzione di olio e i disagi ai cittadini. Luci e ombre dal punto ufficiale di Legambiente. Cosa ci aspetta nell'Isola

Questo evento è stato organizzato come risposta alla grave siccità che ha colpito l'anno scorso la nostra regione e alle carenze che continuano ad affliggere il sistema idrico siciliano, da tempo in crisi per via della fragilità delle sue strutture e per il cambiamento climatico in corso.
Il problema della carenza d'acqua d'altronde non affligge solo gli agricoltori che l'anno scorso hanno visto a un calo dell'80% della produzione di olio o gli allevatori che hanno visto morire intere mandrie nelle campagne, ma anche i semplici cittadini, che per mesi in alcune città hanno avuto difficoltà anche solo a usare la lavatrice.
Durante l'evento sono stati presentati i principali problemi che affliggono la nostra regione in tema di tutela e gestione delle acque. Fra questi problemi il più urgente è legato proprio alla cattiva gestione dei 46 invasi, realizzati per accumulare l'acqua dolce e produrre energia.
Hanno capienza teorica di oltre un miliardo e cento milioni di metri cubi di acqua dolce, dei quali 360 milioni destinati a uso potabile o misto idroelettrico e idropotabile.
Questi invasi vengono gestiti da diverse aziende, pubbliche e private, che però fanno capo all'unico gestore di sovra ambito, Siciliacque, all’ENEL e ai Consorzi di Bonifica.
Buona parte di questi enti non sono però capaci di gestire efficacemente l'acqua pubblica e le strutture, come dimostra l'interramento di diversi invasi, la mancata manutenzione e la presenza di numerose perdite nel sistema, che si aggirano tra il 60 e il 70%.
«Per quanto riguarda i finanziamenti, in Sicilia nello scorso decennio sono stati attivati interventi per il miglioramento delle infrastrutture idriche per un valore complessivo di 4,878 miliardi di euro" ha chiarito in un comunicato stampa Legambiente Sicilia.
"Tuttavia, solo il 7,5% di queste risorse si è concretizzato in opere effettivamente concluse, con una spesa pari a circa 365,8 milioni di euro».
Gravi sono anche le carenze relative alla depurazione delle acque reflue, un tema spesso sottovalutato in Sicilia. Da anni la nostra regione subisce infatti diverse procedure d’infrazione da parte della Corte di Giustizia Europea, per colpa della mancata depurazione.
L'ultima sentenza è stata firmata lo scorso 27 marzo 2025, in relazione alla quale l’Italia è stata condannata a pagare una multa di 10 milioni di euro e un'ulteriore penalità di 13.687.500 euro, che subiremo ogni 6 mesi, finché la Sicilia non si doterà di depuratori nelle aree più soggetto all'inquinamento delle acque, tra i quali i comuni di Castellammare del Golfo, Cinisi, Terrasini.
Al Forum è stata anche presentata la 20° edizione della manifestazione Goletta dei laghi, che negli scorsi giorni ha previsto delle azioni che hanno monitorato lo stato di salute dei principali bacini idrografici siciliani.
I monitoraggi hanno interessato il lago Piana degli Albanesi (in provincia di Palermo), il lago Soprano (nel Nisseno), il lago Pergusa (l'unico bacino naturale della Sicilia, a Enna) e la diga San Giovanni, noto anche come lago di Naro, nell’Agrigentino. Dei sei punti di campionamento complessivi, cinque sono risultati conformi ai limiti previsti dalla normativa sulle acque di balneazione.
L’unica eccezione è rappresentata dalla foce del fiume Naro, affluente della diga San Giovanni, dove i livelli di inquinamento sono risultati critici secondo i campionamenti di Legambiente.
A risultare elevate erano soprattutto le concentrazioni di Escherichia coli e di altri batteri fecali, che hanno spinto a identificare la foce del fiume come “fortemente inquinato”.
«La gestione delle risorse idriche non può essere affrontata solo in termini di quantità disponibile, perché anche la qualità delle acque è un fattore altrettanto essenziale – ha dichiarato Stefania Di Vito dell’ufficio scientifico Legambiente durante il Forum. - In particolare, se pensiamo che i laghi sono fonte di acqua potabile per la popolazione e fondamentali per il sostentamento del settore primario.
E senza sottovalutare che un buon livello microbiologico delle acque lacustri è fondamentale per mantenere l’equilibrio del sistema acquatico, garantendo la vitalità degli ecosistemi e la continuità dei servizi economici essenziali legati alla risorsa idrica.
Un discorso ancor più valido in una regione come la Sicilia, particolarmente soggetta ai cambiamenti climatici e ai fenomeni ambientali correlati».
«Rivedere l’architettura istituzionale del sistema – ha dichiarato Tommaso Castronovo, presidente di Legambiente Sicilia – è certamente il primo problema da affrontare attraverso la realizzazione di una governance unica e integrata dell’acqua, affinché tutti i cittadini e le cittadine partano da pari condizioni.
È necessario inoltre che tutti le strutture individuabili posseggano una quantità d’acqua pro-capite simile e tariffabile a costi comparabili, depurino l’acqua (auspicabilmente secondo parametri che ne consentano l’uso irriguo), mettano in campo strategie efficaci per il risparmio idrico – a partire dalla contabilizzazione degli usi civili attraverso l’installazione dei contatori ed evitando rigidamente l’uso dell’acqua potabile per usi industriali, artigianali e irrigui -, monitorino costantemente l’andamento delle falde per evitare che l’emungimento possa incidere negativamente su quantità e qualità di queste ultime.
Per raggiungere questi obiettivi è indispensabile adeguare il sistema siciliano ai principi su cui si fonda la normativa nazionale: acqua pubblica utilizzata secondo principi di solidarietà e di tutela ecologica, prescindendo quindi dai perimetri delle ex province e cancellando le autorizzazioni rilasciate dalle ATI Sicilia (Assemblea territoriale Idrica) per consentire ad alcuni comuni un uso privatistico delle acque ricadenti nel proprio territorio».
Legambiente ha anche cercato di proporre delle soluzioni in grado di ottimizzare la gestione regionale della risorsa idrica.
Secondo l'associazione, la regione deve istituire una cabina di regia e una governance unica e integrata dell’acqua, in grado di valorizzare le esperienze maturate nel corso degli anni dai diversi soggetti che la gestiscono e di superare gli stalli burocratici e tecnici che rallentano i vari interventi.
Bisognerebbe inoltre promuovere la "conoscenza condivisa e l’aggiornamento dei dati disponibili sulla risorsa, mettendo al centro sia la sua disponibilità che gli usi attraverso bilanci idrici affidabili e condivisi".
Infine, è necessario pianificare meglio l’uso delle risorse idriche attraverso una progettazione integrata, che ha lo scopo di prevenire le perdite e l’inquinamento da parte delle acque reflue, così da garantire un miglioramento del nostro rapporto con la risorsa, «in linea con il regolamento europeo sul riutilizzo delle acque reflue in vigore da giugno 2023».
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