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Tante donne e forse pure un figlio segreto: gli amori (nascosti) di Salvatore Giuliano

Figura molto dibattuta quella di Turiddu, "re di Montelepre": eroe o bandito? Ebbe tante donne e forse un figlio segreto, ma il suo unico vero amore fu la madre

Maria Oliveri
Storica, saggista e operatrice culturale
  • 22 agosto 2022

Salvatore Giuliano

Misteri ed ancora misteri: complicità mafiose e segreti di stato hanno caratterizzato la vita (e persino la morte) di Salvatore Giuliano, per alcuni un eroe, liberatore di un popolo martoriato da un sistema oppressivo, alfiere dell’indipendenza siciliana; per altri un sanguinario bandito legato alla mafia e ai servizi segreti statunitensi.

Nella storia segreta di “Turiddu”, sempre in fuga, c’è una miscela esplosiva di banditismo, mafia, servizi segreti e leggenda popolare.

Salvatore Giuliano, nato nel 1922 a Montelepre, in provincia di Palermo, era un ragazzo semplice, figlio di contadini; ma la sua fama in breve tempo divenne tale che il corrispondente di guerra statunitense Michael Stern, noto per la sua “intervista a Giuliano”, finì addirittura per recapitare al presidente degli Stati Uniti Harry Truman, una lettera in cui il giovane siciliano chiedeva supporto economico e armi per la causa dell’esercito indipendentista.
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Stern (in realtà una spia Usa) nel 1953 nel libro di memorie "No innocence abroad" scriveva: «Turiddu è una sintesi tra Robin Hood, Pancho Villa e Dillinger»: un ragazzo alto circa un metro e ottanta con sguardo penetrante e profondo; carismatico, appariscente e sicuro di sè, affascinante come Rodolfo Valentino.

Nelle piazze dei paesi i cantastorie declamavano le sue imprese come eroiche "gesta”. Tante ragazze siciliane (molte semianalfabete) gli scrivevano lettere con calligrafia incerta; le donne anziane conservavano (come se fossero santini) le sue foto ritagliandole dai giornali.

Giuliano sapeva di piacere e amò molte donne; ma non volle mai un'amante fissa perché sarebbe stato troppo rischioso: sarebbe stato come servire agli sbirri la sua testa su un piatto d’argento.

Si dice che alcune donne, sulle quali potevano garantire i componenti della banda Giuliano, a volte raggiungevano Turiddu in qualcuno dei 2 suoi covi segreti; ma il più delle volte era lui stesso che andava a trovarle, si materializzava all’improvviso e poi altrettanto all’improvviso spariva, alimentando la sua fama leggendaria.

Un generale confessò al Comitato d'indagine sui rapporti tra mafia e banditismo che per incontrare Giuliano era sufficiente contattare sua madre Maria Lombardo a Montelepre: perché le uniche vere donne della vita di Turiddu furono in realtà la madre Maria e la sorella Mariannina.

Turiddu esaminava la richiesta, poi faceva rispondere si o no a un abboccamento. Maria Lombardo stravedeva per Salvatore, il cordone ombelicale che legava madre e figlio non si era mai spezzato: una fotografia documenta che la donna perse i sensi e cadde per terra alla vista di Salvatore morto ammazzato, a soli 28 anni, il 5 Luglio del 1950… una morte avvolta da mille misteri.

La sorella maggiore Marinannina fu per Turiddu una seconda madre; si dedicò completamente al fratello e alla sua causa indipendentista. Le altre donne che Salvatore ebbe modo di conoscere e frequentare, non erano ritenute all’altezza delle due donne di famiglia, ma il “bandito” godeva comunque di una grande fama di amatore.

In una stalla di Salemi, durante un’intervista con il giornalista Jacopo Rizza, Turiddu confessò che uno degli amori più struggenti della sua giovinezza era stata una "ragazza dolce e bella" di nome Maria, che gli aveva fatto però "l'imperdonabile affronto" di sposare un carabiniere ed era poi emigrata in Australia.

Renzo Trionfera riuscì a stabilire che tra le prime “fiamme” c’ era stata anche una certa Caterina, già infermiera in un ospedale palermitano; poi c‘era stata un’altra Maria, detta "la biondona", irriducibile indipendentista, che aveva sposato il figlio di un uomo ucciso in un conflitto a fuoco con i carabinieri ed aveva avuto una sorte orribile: quando il marito l’aveva scoperta tra le braccia di un altro l’aveva uccisa.

Giuliano andava spesso a Cinisi dove si incontrava con due signorine, ed era amico di altre due ragazze a Partinico. Secondo i carabinieri, intorno al 1946, c’era una nota trattoria dove Turiddu si incontrava con tale Pierina, sorella minore di due ricchi agricoltori. 3 Molto clamore suscitò l’incontro tra Salvatore Giuliano e la giornalista svedese Karin Tekla Maria Lann by divorziata Cyliacus.

Figlia di un giornalista, lei stessa giornalista, ma anche attrice, fotografa e soprattutto spia! La Cyliacus, che parlava benissimo l'italiano, era formalmente impiegata dell'ambasciata svedese a Roma. Aveva promesso uno scoop a un giornale di Stoccolma, un’ intervista al famoso bandito Salvatore Giuliano e riuscì ad incontrare il “bandito” di Montelepre fra il 25 ed il 28 novembre del 1948, (sembra) grazie alla mediazione di un contadino di Partinico appartenente alla banda Giuliano.

Il risultato di quegli incontri fu la pubblicazione nel gennaio del 1949 in quattro puntate sul settimanale "Oggi" di una lunga intervista, dai toni estremamente romantici, che lasciava immaginare una love story. Gli articoli della Cyliakus furono ricchi di elogi per Giuliano e ne esaltarono le doti con espressioni di calda ammirazione: «E' bello…Un produttore del cinema sarebbe affascinato dalla sua figura così maschia e sana. Ha uno sguardo aperto e franco, un sorriso pronto. La vita di Giuliano è un violento poema».

In seguito i due si videro nuovamente: in 15 marzo 1949 la Cyliacus venne arrestata dalla polizia italiana nella zona di Montelepre e aveva con sé appunti in cui erano indicate tre località nella zona di Montelepre, luogo di convegno con Salvatore Giuliano, alcune fotografie e numerose lettere intime. Ella continuò a tenere un contegno sprezzante, minacciando che "certamente Giuliano avrebbe saputo vendicarla".

Il 23 marzo del 1949, a Palermo, la Cyliacus venne processata per direttissima. Il giorno prima, in data 22 marzo 1949, Salvatore Giuliano aveva scritto una lettera ai giornali di Palermo, confermando lo stretto legame con la svedese.

Alla fine la Cyliacus fu condannata a quattro mesi e 20 giorni, venne presa in custodia dalla Polizia ed accompagnata alla frontiera. Il Ministero dell'Interno la rispedì a casa per calmare l'opinione pubblica italiana: una sconosciuta giornalista era riuscita ad arrivare davanti a Salvatore Giuliano e le forze dell'ordine non erano capaci di stanarlo dai suoi nascondigli!

Al di là di tanti flirt reali o inventati, la storia d’amore più clamorosa fu resa pubblica dopo la morte di Turiddu, quando alla Lombardo, madre di Giuliano venne recapitata una lettera sgrammaticata, imbucata a Forza d’Agrò, in provincia di Messina.

Una donna che si firmava “Santuzza” affermava che Turiddu le aveva manifestato il desiderio che sulla tomba venissero posti dei versi, scritti da lui in persona e concludeva “Baci a tutti e a voi, cara mamma. Vi abbraccio. Credetemi, la vostra indimenticabile Santuzza.” La famiglia Giuliano Lombardo scoprì ben presto che “la Santuzza” era Maddalena Lo Giudice, una bella ragazza di 23 anni, figlia del podestà di Antillo (Me).

Mariannina Giuliano e il fratello Giuseppe si presentarono a casa sua e la donna ammise di aver amato Turiddu e di avere avuto da lui un figlio, nato in Calabria e dato subito in adozione. Affermò inoltre di avere affidato gioielli e un memoriale, carte segrete ricevute da Giuliano, a una donna di fiducia, incaricandola di nasconderli in casa, murandoli nel cemento.

Del figlio di Maddalena Lo Giudice e Giuliano si è sempre parlato in termini dubitativi. I Giuliano e la “Santuzza” per anni si scambiarono impressioni e cortesie … ma in un memoriale pubblicato dal settimanale Epoca Maddalena a un tratto decise di ritrattare: non era stata l’amante di Salvatore Giuliano, anzi non lo aveva neppure mai conosciuto e non possedeva nessun memoriale, né soldi, né gioielli.

Si era inventato quell'amore per avere un po’ di notorietà, per colmare la noia delle sue giornate. Non avrebbero mai potuto incontrarsi perchè lei non si era mai mossa da Antillo e Giuliano dal territorio di Montelepre, tranne quando una volta nel 1945, si era recato a San Mauro Castelverde (Palermo), paese al limite tra le province di Palermo e Messina, per visitare un campo dell'Evis (Esercito Volontario Indipendentisti Siciliani).

Nella lettera Maddalena s'era firmata “Santuzza” perchè “Turiddu e Santuzza erano un binomio famoso" (personaggi fidanzati nell’opera “Cavalleria Rusticana”, n.d.r.). Lo storico Giuseppe Casarrubea, nel libro scritto qualche anno fa insieme a Mario Josè Cereghino "La scomparsa di Salvatore Giuliano - Indagine su un fantasma eccellente", smitizza la fama di dongiovanni del “bandito”, costruita 5 secondo lui in realtà a tavolino dalla Cia: le donne che giungevano da tutto il mondo per incontrare Turiddu, non erano altro che spie (come la stessa Maria Cyliacus) o giornaliste manovrate dal famoso Stern.

Forse l' unica donna che lo aveva amato davvero (oltre alla mamma) era stata un’anziana e misteriosa signora di 86 anni, arrivata da Milano per assistere alla riesumazione del corpo di Salvatore nel 2010, nel cimitero di Montelepre e poi subito ripartita. Giuseppe Casarubea era inoltre fermamente convinto che al posto di Giuliano nell’estate del 1950 fosse stato ucciso un sosia, per consentire al vero Giuliano di fuggire negli Stati Uniti, portando con sè compromettenti segreti politici.

In seguito alla denunzia di Casarubea, è stata riesumata la salma di Salvatore Giuliano e il riscontro del DNA, effettuato su Giuseppe Sciortino (nipote di Giuliano) comparato con quello del cadavere, ha portato all’archiviazione dell’inchiesta, arrivando alla conclusione che i due DNA erano al 90% compatibili. L’unica cosa certa, a questo punto è che a distanza di 72 anni i misteri che circondano la figura di Salvatore Giuliano ed ancor più la strage di Portella della Ginestra rimangono ancora irrisolti.
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