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Tra borghi e monasteri siciliani dimenticati: la mappa (e le ricette) dei dolci dell'Isola

Cinque anni di lavoro per un libro che recupera tradizioni quasi perdute e piccoli pezzi di vita monastica, scandita da gesti che ricamano pezzi di storia siciliana

Stefania Brusca
Giornalista professionista
  • 20 maggio 2025

La mappa interattiva dei dolci siciliani

Anche se spesso i libri hanno una sola anima, c’è un filo rosso che li lega, anche oltre l’autrice, che in questo caso è la storica e saggista Maria Oliveri. Certi profumi e riti sono unici e sono impregnati di memoria, restituiscono identità a un luogo e a chi lo abita. A volte si tratta solo di piccoli gesti, come confezionare dolci deliziosi della tradizione siciliana.

«Questo libro è una specie di continuazione del precedente – racconta Maria -. Nel senso che nel 2017, quando ho scritto “I segreti del chiostro” volevo riscoprire soprattutto la pasticceria dei monasteri di Palermo, mentre con quest'altro libro, se si vuole anche in maniera ambiziosa, ho cercato di espandere la mia ricerca a tutta la Sicilia».

Cinque anni di lavoro per un volume che recupera antiche tradizioni quasi perdute e piccoli pezzi della vita monastica: quel tempo che scorre lento, scandito da gesti, spesso uguali, che con pazienza e dedizione ricamano pezzi di storia dell’Isola.

«Ci sono grandi città come Palermo e Catania – sottolinea Maria - dove è rimasto di più riguardo a questo patrimonio culinario, mentre ci sono piccoli centri in cui si è persa completamente la memoria delle antiche ricette. Il legame che riconduce al lavoro della Oliveri, ovviamente, è sempre quello tra i monasteri e la produzione dolciaria.

Monasteri che spesso, anche loro, non esistono più, come mancano le monache. Però a presidio del territorio sono rimaste queste specialità dolciarie.

Ova Murina, la spina santa, biscotti al latte, cassatelle, ‘Nfasciateddi. Sono solo alcune delle ricette che si possono trovare sfogliando le pagine del "Trionfo della gola - la pasticceria dei monasteri di Sicilia".

Si tratta di ricette «nella maggior parte dimenticate – continua Maria - perché ci sono nuove mode alimentari, come la cheesecake, ad esempio. Quindi l'idea è anche quella di fare riscoprire e riappropriare delle proprie tradizioni, non solo le grandi città, ma soprattutto i piccoli centri e portare avanti quella che è un po' l'idea di fondo dell'identità siciliana».

Un modo quindi per «non perdere le nostre radici, le nostre tradizioni e rivalutare la pasticceria monastica quale importantissima eredità da riscoprire, valorizzare e tramandare».

Il filo rosso, si diceva, è quindi la ricerca di fonti storiche e i sopralluoghi sul territorio. Ma anche visitare proprio quei posti, attirati da quel profumo inconfondibile, per parlare con chi è rimasto a portare avanti un’antica tradizione e scoprire dettagli sempre nuovi di una cucina straordinaria.

«Ho cercato sempre di legare alle specialità siciliane che rintracciavo anche dei ricordi, delle leggende, dei racconti popolari, delle fonti storiche – ripercorre ancora Maria-. Il libro non è mai solo un ricettario, anzi, parlare di dolci è spesso una "scusa" per veicolare altro, contenuti su tanti fatti storici che per esempio sono poco conosciuti».

In particolare «penso, che so, a quando Garibaldi arriva a Palermo, entra nei monasteri ed è adorato dalle monache. Alcune addirittura si innamorano di lui e dicono che sia figlio di Santa Rosalia e di un angelo. Si pensi che alcune di loro quando lo invitano a colazione, alla fine decidono anche di baciarlo».

Tutte queste storie si incastonano nella cornice del racconto su un mondo monastico che piano piano sta scomparendo. Anche se questo libro abbraccia tutta la Sicilia, Palermo, la sua città, occupa sempre un posto speciale nel cuore dell’autrice. «Non poteva mancare un capitolo su Palermo, dove però scrivo cose diverse rispetto ai “Segreti del chiostro”.

La ricetta che cito proviene da uno studio che ho condotto all'archivio storico, sui registri di spesa o sui libri dei monasteri di Palermo, quelli superstiti. Sono documenti che ci danno anche un'idea un po' diversa da quella che ci hanno sempre tramandato su come effettivamente si mangiava nei monasteri, e anche sui dolci dei monasteri stessi».

Non tutti sanno, ad esempio, che il quantitativo di cibo che si consumava era molto ridotto, mentre oggi noi siamo «abbiamo “l'idea dell'abbuffarsi” – racconta - quindi non ci diamo molti limiti. Anche nei giorni di festa quando si preparavano i dolci, si mangiava un solo biscotto, ad esempio, un unico dolce. Soltanto la priora aveva diritto a due porzioni o la mamma della priora».

Quindi per l’autrice si tratta di un dato che la dice lunga anche sul rapporto che c'era con il pasto, anche rispetto alle case aristocratiche e nei monasteri cosiddetti "nobili".

«Comunque – dice Maria - c'era un po' di severità in più. Sì, le monache mangiavano bene, avevano sorbetti dolci, gelati, soprattutto nelle festività comandate, però rispetto a quanto mangiavano i nobili, dove il dolce invece era quasi un habitué di ogni giorno, si limitavano a seguire di più il calendario liturgico».

La Oliveri per realizzare il libro compie un vero e proprio tour tra gli ultimi monasteri superstiti, ovvero tra i luoghi in cui ancora le monache fanno i dolci, che sono pochissimi.

Ci sono quelli di Palma di Montechiaro, Mazara del Vallo, Alcamo ed Agrigento. «I miei compagni di viaggio - racconta- fondamentalmente sono stati mio marito e mia sorella.

Mio marito l'abbiamo "sfruttato" un po' come autista, mia sorella, che studia teologia, mi ha fornito anche un "canale preferenziale". Poi ci hanno aiutato molti sacerdoti locali, perché ovviamente bisogna avere un “biglietto da visita” per riuscire a entrare in questi monasteri».

Il primo «l'ho visitato intorno al 2020, l'ultimo nel 2024 e devo dire che in questi anni ovviamente le monache, poverine, vanno scomparendo. Quindi, via via che passa il tempo, anche rispetto a quando ho scritto il libro, per esempio, tre monache di Mazara del Vallo e una ad Agrigento sono morte.

Secondo me, l'esperienza monastica e l'esperienza, soprattutto, di clausura andranno a scomparire anche in tempi recenti. Forse tra 5 anni non ci saranno più monasteri di clausura».

A maggior ragione Maria Oliveri sente quindi la necessità di mettere per iscritto queste realtà e di tramandarle. Perché un giorno, quando queste realtà non esisteranno più, se ne abbia un quadro quantomeno più il più possibile aderente alla realtà.

L’autrice racconta che molto spesso il fatto che un monastero di clausura sia chiuso e non sia possibile visitarlo ha dato adito a tantissime leggende, mentre la vita che si svolgeva all'interno è spesso diversa da quella che noi immaginiamo.

«Noi, per esempio, pensiamo che le monache fossero dedite al lavoro, invece erano dedite soprattutto alla preghiera e delegavano il lavoro, pagavano altri per fare i lavori pesanti. Si parla infatti di vita contemplativa».

Quindi anche la più povera delle monache, comunque, all'interno del monastero era una privilegiata rispetto a una laica perché viveva in una sorta di gabbia dorata.

A corredo del libro, c'è poi una sorta di mappa dei dolci di Sicilia. Una cartolina piena di delizie la cui parte più importante è dietro. Qui si trova infatti un QR Code, perché a breve sarà possibile accedere alla pagina di “Gedi Editori” con la mappa che dà la possibilità di entrare in ogni singolo borgo siciliano in cui c'è una leggenda o un racconto storico su un dolce particolare.

Vi lasciamo quindi a scegliere il vostro prossimo (dolce) viaggio tra storia, tradizione e gusto.
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