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Un "giallo" dai tanti errori: cosa si nasconde (a Palermo) dietro il mistero di Santa Sofia

I beni culturali della città sono tanti ed ognuno conserva una particolare storia, spesso avvolta dal mistero, come in questo caso in cui c'è di mezzo un "giallo" storico

  • 29 ottobre 2020

La chiesa di Santa Sofia dei Tavernieri a Palermo (foto pagina Facebook Soprintendenza Beni Culturali)

Ritornato ad abitare nel centro storico di Palermo, più precisamente alla Vucciria, non posso che ricominciare i miei articoli guardandomi intorno ed iniziando proprio dalla seicentesca Chiesa della Maestranza dei Tavernieri e dalla sua Damnatio memoriae.

Della Chiesa si è scritto recentemente molto, soprattutto sui social, anche grazie all'apporto di sedicenti "cacciatori" di notizie e reperti storici inusuali che fanno alzare lo spettatore dalla sedia con miriadi di applausi… ma attenzione, miei cari lettori, la Storia è una Scienza esatta e non astratta, soprattutto perché si basa su documenti di archivio, pertanto, si consiglia sempre di verificare le fonti come per tutte le notizie che arrivano dal web.

Tornando all’articolo, sicuramente uno dei casi più interessanti ed enigmatici che abbia mai incontrato è quello della Chiesa in questione, di cui tralascio volutamente tutta la storiografia (dal 1589 in poi) pregressa poiché ridondante, e che equivale ad un vero e proprio "giallo storico".
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I protagonisti di questo giallo sono in tanti: il Prof. Rosario La Duca, la Congregazione di Santa Sofia dei Tavernieri, la Confraternita dell'Addolorata degli Invalidi e Mutilati di Guerra, il Ministero degli Interni, la Soprintendenza ai Beni Culturali e, infine, l'amministrazione comunale e la Curia Arcivescovile di Palermo.

Il giallo di "Santa Sofia" si divide in due parti; nella prima c'è l'errore del Prof. La Duca che riporta un bombardamento inesistente e che tutt'oggi viene riportato pedissequamente in ogni articolo che tratta della Chiesa dei Tavernieri o dei bombardamenti in genere.

Ma è chiaro che il Prof. La Duca era un uomo e l'errore è la normalità, ma il perseverare di molti senza esaminare atti è ancor peggiore dell'errore iniziale stesso poiché, alla fine, bastava consultare l'Archivio Storico Comunale di Palermo - Sez LL.PP. - in via Maqueda (accanto la Chiesa di San Nicolò da Tolentino), come fece l'architetto Federica Scibilia nel suo articolo sulla Chiesa pubblicato su "Per Salvare Palermo" del 2011.

E cercare la pratica della demolizione della volta spingente dell'edificio avvenuto nel marzo del 1936 (quindi antecedente alla 2° Guerra Mondiale), come testimoniato da diversi verbali (circa 10) a firma del Direttore dei Lavori per il Comune, Ing. Mario Lo Jacono, e la ditta appaltatrice dei lavori Rosario Rosano.

Tale intervento, svolto con molte riserve da parte della Real Soprintendenza dell'arte Medievale e Moderna, come scrisse nel 1936 mettendo in evidenza l'interesse artistico dell'edificio, venne eseguito su richiesta dell'Avv. Comm. Cristoforo Masi, all'epoca abitante accanto la Chiesa (Palazzo Vannucci per intenderci) e che aveva manifestato più volte preoccupazioni per lo spigolo lesionato dell'edificio facendo intervenire il Comune per l'esecuzione dei lavori di puntellamento della parte pericolante, come da documentazione del 1932.

Contestualmente ai lavori d’urgenza ed ai lavori di demolizione della volta si rese necessario capire di chi fosse la proprietà della Chiesa ed all'epoca dei fatti si era intercettato un pover'uomo, un certo Erbicello, confrate, che doveva accollarsi le spese dell'intervento di somma urgenza, ma egli si dichiarò non il legale rappresentante della Congregazione ed estraneo alla gestione della Chiesa rimandando il tutto alla Curia che, ovviamente, non si riteneva “in parola” proprietaria del bene.

Ma all’improvviso ecco la magia, da Chiesa privata la struttura passa alla Curia ed oggi, non si sa come, è di proprietà del F.E.C., cioè del Ministero dell'interno, cosa alquanto strana vista anche la dichiarazione della stessa Intendenza di Finanza fatta nell'ottobre del 1933 che non ne riconosceva la proprietà.

Negli anni successivi la Confraternita dell'Addolorata degli Invalidi e Mutilati di Guerra, ospite della Chiesa sin dalla nascita nel 1925, volle subentrare alla "dormiente" titolare chiedendo più volte al Ministero di aver restituita la struttura sin dal dopo guerra, come evidenziato dalla cospicua corrispondenza che ho potuto consultare da archivi privati e che parte dagli anni '50 fino agli anni '70, ma che non ha avuto riscontro sia per lentezza da parte del Ministero e sia per mancanza di fondi da parte della Confraternita richiedente.

La seconda parte del giallo è il "deposito" delle opere d'arte conservate in Chiesa e che vennero date prima al Magazzino Comunale di Palermo allo Spasimo per poi essere prelevati da Mons. Filippo Pottino (l'ideatore del Museo Diocesano), giusto verbale del 15 giugno del 1936, e che tra le opere riportava un grande quadro in tela dipinto su intelaiatura di legno, a centina, racchiuso in ampia cornice dorata e scolpita, rappresentante il martirio di Santa Sofia, eseguita da un pittore siciliano delle scorcio del 600, della nicchia dell'altare maggiore, ed in ottimo stato di conservazione.

Nonché una tela della Madonna del Rosario di fine 500 e un quadro ellittico, sempre di pittore Siciliano del 600, posto al centro della volta e che rappresenta Santa Sofia e un uomo che porta le teste delle tre figlie, nonché altro materiale artistico di grande importanza (tra cui un organetto) che spero si trovino ancora a deposito e che possano essere esposte al pubblico.

Ma un altro misterioso tesoro è nascosto al di sotto della Chiesa, sono le Cripte della Congregazione di Santa Sofia, probabilmente ancora intatte e che avevano entrata dalla pavimentazione della Chiesa (come dimostrano le lastre asportate e segnate sul verbale del 1936 controfirmato da Mons. Pottino).

Concludendo, cari amici, oltre alla importanza della ricerca storico-scientifica delle fonti, la riscoperta di questa Chiesa, fondata da Lombardi (originari del Comasco), e magari il recupero della stessa è di fondamentale importanza per la conoscenza dei fenomeni migratori dalla Lombardia verso Palermo.

Fenomeni che si svilupparono in particolar modo tra il 500 ed il 600 e delle relazioni e influenze culturali ed artistiche che si estesero tra i due estremi della penisola, non ancora unita sotto un unico Stato ma che, forse, era più solidale in un epoca di sostanziali differenze.
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