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Un secolo di storia racchiusa dentro una sola dimora: Palermo, Villa Virginia e la sua anima

C'è un luogo a Palermo in cui il "sacco" non ha vinto. Un luogo in cui quando entri puoi essere sopraffatto dai respiri, dalle emozioni di 100 anni di storia. Dalle voci di coloro che l'hanno abitata dal 1908

  • 11 ottobre 2021

Interno di Villa Virginia (dettaglio foto di Calogero Agrò)

È possibile raccontare un secolo di storia di una città come Palermo, entrando in una sola dimora? A Villa Virginia è possibile. Ogni volta che apro la porta della casa, vengo sopraffatta dai respiri, dalle emozioni di 100 anni di storia. Sento le voci di coloro che l'hanno abitata dal 1908 sino ad oggi.

Mi sembra di rivivere l’epoca dei Florio, di sentire le risate, il fruscio dei ventagli delle nobildonne della Palermo felicissima. Sento però anche la tristezza del declino, la sensazione di sconfitta della classe nobiliare di fronte all’avanzare selvaggio degli speculatori edilizi durante il “Sacco di Palermo”. Attraverso alcuni fotogrammi, penso siapossibile, anche solo per pochi attimi, cercare di rivivere le sensazioni e la Vita di 100 anni di storia della nostra Palermo.

Siamo nel giorno del 21 Aprile del 1908. Il Commendatore Vincenzo Caruso, amministratore dei beni dei Florio e della Tonnara di Favignana, inaugura la nuova Villa in Via Lolli, dedicandola alla moglie genovese Virginia Ferraro Piuma. Ignazio e Franca Florio, ospiti d’onore, hanno dovuto semplicemente attraversare la via dall’ingresso del loro parco per partecipare alla festa.
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Donna Franca guarda con ammirazione le vetrate e gli affreschi giapponesi nella sala da pranzo. Ignazio chiede persino il nome della pittrice e lo annota: Otama Kiyohara.

Ciò che colpisce di più Franca Florio sono però i fili elettrici nascosti sotto le pareti. Chiederà poi ad Ignazio di imitare anche a casa loro questo nuovo sistema di illuminazione. Si rendono conto, Ignazio e Franca, che i loro dipendenti tendono ad imitarli.

Il Villino dei Caruso, progettato dall’architetto Filippo La Porta, sembra infatti imitare le architetture del Basile progettate per la casata dei Florio. Villa Virginia però è piena di melograni. La decorazione della Villa fu mutata in corso d’opera per propiziare l’arrivo di un figlio che mai sarebbe arrivato. La Porta dovette così chiedere a Bevilacqua, che firmò le vetrate, di mutare i fiori in melograni, su espressa volontà della committenza.

Il 1908 è l’anno che rappresenta l’apice della fortuna dei Florio, proprio prima dell’inizio della caduta del loro Impero. A febbraio un tremendo incendio devasta alcune stanze della Reggia dell’Olivuzza. A giugno sbarcano il kaiser Guglielmo II e l’imperatrice Vittoria.

Nello stesso anno Franca saprà di aspettare finalmente un’altra figlia, la tanto amata Giulia, che nascerà nel 1909.

Sempre nel 1908 il terremoto di Messina fa tremare tutta l’isola e anche Donna Franca correrà a Messina per aiutare i feriti e gli sfollati.

Facciamo un salto sino al Natale del 1932. Virginia riceve una busta, la apre. All’interno una fotografia scattata dalla fotografa ungherese Ghitta Carell, datata 1932, Roma. La foto ritrae la sua amica, Franca, che non vede da tanto tempo. Ciò che più la colpisce è la dedica. “Con immutato affetto, Franca”. A Roma, Franca ha vissuto una vita diversa da quella vissuta a
Palermo.

Diceva che non sarebbe più tornata a Palermo, se non da morta. E così fece. Riuscì però a conservare quei legami epistolari con le amiche che ancora a Palermo la stimavano,la guardavano con l’affetto di sempre. Tra queste sicuramente Virginia, la sua vicina di casa, la moglie della persona per cui lavorava suo marito, la sua amica. Una vicina con cui Lei aveva stretto rapporti più stretti che con gli inglesi che le abitavano di fronte. E restaproverbiale il battibecco avuto con Tina Whitaker che la rimproverava del suo ritardo apostrofandola: “Se io fossi stata invitata a casa tua, a quest’ora già sarei a casa mia”.

Adesso ci facciamo trasportare sino ad una calda estate del 1950. Il Barone Vincenzo Valenti fuma il suo sigaro nello studio dalle pareti in cuoio, si alza, va nella grande Hall, suona qualche nota di Bach sul piano Pleyel, poi nervosamente si alza, prima di tornare nello studio osserva il figlio Giancarlo scendere le scale calpestando il riflesso policromo dei vetri
sullo scalone in legno.

Sua moglie, Pupa, la nipote genovese di Virginia, adottata dai Caruso, è nella sua torretta a dipingere. Lei ricorda con nostalgia al maggiordomo, il Signor Pecoraro, che la assiste, gli anni passati con la zia, le lunghe e calde estati palermitane in cui la zia, a sua volta, le raccontava i fasti della Palermo felicissima, le lezioni di pittura con Otama, lefeste, i lunghi inverni di Favignana.

Arriviamo, nostro malgrado, agli anni del “Sacco di Palermo”, siamo nel 1970. I mezzimeccanici stanno tracciando il perimetro delle fondamenta del palazzo. Pupa ha deciso di sbarrare tutte le imposte che davano sul giardino. “Sarà la mia pensione”. Il sacrificio è enorme. Gli anni del Sacco di Palermo sfiorano la Villa, che resterà sfregiata solo nel
giardino. Resterà sfregiato anche l’onore della Baronessa. Ma la Villa è salva.

Andiamo ancora avanti, ma solo di qualche anno, e guardiamo cosa accade nel giugno 1974.Christian De Sica e Massimo Ranieri si aggirano per i saloni della Villa. Sotto la regia di Aldo Lado e con le musiche di Ennio Morricone, stanno preparando le ultime scene del film “La cugina”. Un film decisamente osé per quei tempi. La Baronessa ne soffre. Ma come direbbe Machiavelli: “il fine giustifica i mezzi”.

Con un altro viaggio, arriviamo al 1982. Il Professore Salvatore Orlando, amico ed erede del Barone Giancarlo Valenti, con l’architetto Silvana Braida, che amava la Villa avendone cura, sta completando la catalogazione delle fotografie di Villa Virginia. Ormai ci sono solo scatoloni. Centinaia. Tutti catalogati in ordine numerico progressivo. Arriva il furgone dei traslochi. Passeranno pochi mesi e il TAR inizierà le sue udienze nel grande salone.

È un anno che nessun palermitano dimenticherà mai, siamo nel 1992. Finalmente si riaprono gli scatoloni, che sono tornati a casa. La padrona di casa, Milli, li apre con lentezza e amore. Ci vorranno due anni, ma alla fine il risultato sarà sorprendente. Sembrerà ditornare indietro di un secolo.

Il miracolo è compiuto. Il sacco di Palermo qui, a Villa Virginia, non ha vinto. Ha vinto invece la lungimiranza di un Barone che chirurgicamente ha amputato parte del giardino per salvare un tesoro. Ha vinto la lungimiranza di un Professore che ha voluto conservare ogni singolo oggetto. Ha vinto il coraggio di una donna che ha amato un luogo tanto da perderci qualche vertebra.

E finalmente arriviamo al presente. Siamo ad Ottobre 2021. Manca un giorno ai concerti per Le vie dei Tesori. I ragazzi degli Amici della Musica provano sul Pleyel del 1904 le note di Chopin e si emozionano per l’acustica perfetta. Leila, prima di guidare i visitatori, finisce di pulire le aiuole sulla via Dante, toglie gli ultimi aghi di pino dalla scalinata in marmo e apre la porta. Finalmente la Villa torna ad illuminarsi di musica, di sorrisi, di parole, di silenzi, di vita. I fotogrammi di vita vissuta si rincorrono in una dimensione spaziale unica, ma in una dimensione temporale diacronica che sembra davvero farci attraversare, con un volo pindarico dall’alto, Palermo.

Ciò che unisce queste storie è l'amore, ma soprattutto la Cura che ognuno dei personaggi ha avuto e ha per la nostra Memoria.

Non progredi est regredi.
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