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Un vetro vulcanico dalle proprietà (anche) magiche: a Pantelleria e Lipari c'è l'oro nero

Le tracce di utilizzo di questa fonte di ricchezza risalgono alla preistoria per entrambe le isolette. E tutta la Sicilia per anni ha attinto a loro per le estrazioni

Balarm
La redazione
  • 31 luglio 2021

Le falesie di Pantelleria

Non solo mare, fondali, spiagge e quant’altro: alcune isole (quasi tutte per la verità) intorno alla Sicilia custodiscono alcune preziosità che rendono questi luoghi ancora più attrattivi e interessanti, sotto diversi punti di vista.

Nella fattispecie le isole di Lipari e Pantelleria, l’una nel comprensorio del Messinese, l’altra in quello del Trapanese, per quanto distanti poco più di 300 km, custodiscono entrambe una preziosa risorsa, in termini di giacimenti, per il territorio.

Parliamo dell’ossidania, pietra dalle tante proprietà, alcune anche magiche (si riteneva in passato che fosse in grado di scacciare le energie negative).

Le tracce di utilizzo di questa fonte di ricchezza - l'unica per l'epoca - risalgono alla preistoria per entrambe le isolette e la Sicilia tutta, che per anni ha attinto a loro per le estrazioni di ossidiana.

In sostanza è un vetro vulcanico che, per le sue proprietà, si prestava alla fabbricazione di strumenti taglienti, prevalentemente lance e frecce, mentre gli antichi Egizi la usavano per realizzare scarabei e sigilli.
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La sua formazione è dovuta al rapidissimo raffreddamento della lava che dà vita ad una roccia a consistenza vitrea traslucida di colore nero, prevalentemente, composta per il 75% da biossido di silicio.

Definita “l’oro nero che veniva dal mare” è stata anche al centro di importanti studi e approfondimenti, condotti in sinergia tra la Sovrintendenza e i musei di riferimento, da quello archeologico regionale di Palermo, l’Antonio Salinas, al Museo di Scienze della Terra Isola di Ustica.

È stato scoperto infatti che in età neolitica, (circa 6000 a.C.) tale minerale alimentò una grande rete di scambi, di cui Pantelleria era parte insieme a sole altre tre località: Lipari, appunto, Palmarola (nel Lazio), e Monte Arci (in Sardegna).

I giacimenti di ossidiana dell’isola di Pantelleria sfruttati durante quel periodo sono stati almeno tre: Salto La Vecchia e Balata dei Turchi (nella costa meridionale); Fossa della Pernice (o Lago di Venere) nella parte settentrionale.

«Oggi rimangono delle tracce di ossidiana nelle falesie della parte costiera dell’isola, visibili anche dalle imbarcazioni - ci ha detto Carmine Vitale, geologo responsabile dell’Ente Parco Nazionale Pantelleria - insieme ad altri minerali specifici come la pantellerite locale».

La posizione centrale, nel cuore del Mediterraneo, di Pantelleria la rendeva punto di snodo tra le navigazioni dei commerci e per ciò sono rimaste tante testimonianze delle diverse epoche storiche, molte custodite nel Museo Geonaturalistico di Punta Spadillo, inaugurato a fine estate del 2010 e realizzato recuperando i ruderi di una delle tante strutture militari della II Guerra Mondiale.

«Il Museo ospita un’ampia catalogazione di rocce rappresentative, con testimonianze storiche che risalgono anche a 4.000 anni fa; fra queste anche ossidiane».

Nelle 3 sale sono esposti circa 50 campioni di rocce rappresentative della varietà eruttiva e petrografica di Pantelleria, oltre a tanti pannelli esplicativi riguardanti la storia vulcanologica dell'isola, le diverse opportunità di turismo naturalistico che l'isola offre, e la biodiversità.

L’ossidiana di Pantelleria si distingue, nella fattispecie, per il colore verde bottiglia, per cui è stata soprannominata “filo d’erba”.

Anche l’isola di Lipari, come dicevamo all’inizio, fu toccata da questo commercio.

Abitata sin dagli inizi del V millennio a.C. fu un grande centro di diffusione dell’ossidiana e di produzione artigianale specializzata, testimoniata dall’abbondanza di scarti di lavorazione, recuperati presso il filone lavico della spiaggia della Papesca.

In questo luogo, sulla costa nord orientale dell’isola, si possono ammirare le cave di pomice e di ossidiana e si possono ancora scorgere i vecchi pontili utilizzati per caricare sulle navi il minerale estratto.

In seguito all’eruzione del Monte Pelato, avvenuta intorno al 700 d. C, si verificò inoltre un’enorme colata di rioliti ossidianacee, quella delle Rocche Rosse, che raggiunse il mare a Punta Castagna.
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