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Un viaggio nella Sicilia che non ricordiamo: chi erano i "Maccaruni" emigrati in Tunisia

Il film documentario del regista Massimo Ferrara racconta, attraverso le voci dei pronipoti, la storia della comunità siciliana in Tunisia partendo dalla fine dell'800

Balarm
La redazione
  • 17 gennaio 2021

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C’è stato un tempo in cui il mar Mediterraneo era protagonista di flussi migratori opposti rispetto a quelli a cui assistiamo oggi, un tempo in cui erano i siciliani a imbarcarsi a Sciacca e iniziare dal mare l’emigrazione verso la Tunisia.

Nel documentario “Maccarruni Siciliani in Tunisia” (2020), il regista Massimo Ferrara racconta questo flusso migratorio attraverso interessanti testimonianze e storie di vita.
Il progetto nasce da un’idea di Isabella La Bruna e Antonio Farruggia, con musiche originali di Roberta Cauli e Giuseppe Laudanna. “Maccarruni” si apre proprio con una semplice domanda: “perché emigrare”? E l’emigrazione di cui parla è quella dei siciliani che da fine Ottocento e, ancor più, agli inizi del Novecento approdavano sulle coste tunisine ribadendo il diritto di scegliere il proprio destino.

Avevano sulle spalle motivi personali, familiari, mancanza di lavoro, minacce mafiose. In Tunisia trovarono accoglienza, terre incolte da sfruttare, un clima simile a quello della loro Sicilia e una popolazione che accettava la loro presenza.
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“Maccarruni” stava per convivio, incontro. Fino alla cacciata degli italiani dalla Tunisia, imposta da Habib Bourguiba nel maggio del 1964, tra le famiglie siciliane che vivevano lì, quella parola indicava il ritrovarsi insieme.

«Con il nostro lavoro - ha detto Massimo Ferrara - abbiamo voluto gettare un fascio di luce su questa comunità sconosciuta ai più». E lo hanno fatto attraverso i racconti raccolti tra l’ultima generazione di rimpatriati di origine siciliana dalla Tunisia e che ora abitano in diverse città italiane, soprattutto Latina, Torino e Genova ma anche francesi come Avignone, Nizza, Marsiglia e Parigi.

A far conoscere questa storia non è bastata nemmeno la fama di alcuni figli di quei migranti, come le attrici siculo-tunisine Claudia Cardinale e Isabella Biagini e poi Sandra Milo, Paolo Pietrangeli o Claude Bartolone.

Nel film di Ferrara, nove testimoni raccontano della vita in Africa, dell’apprensione nei mesi che precedettero il rimpatrio, subito dopo la nazionalizzazione delle terre in Tunisia, e delle difficoltà di integrazione una volta tornati in Italia, quando hanno dovuto fare i conti con tante difficoltà, dalla lingua ai pregiudizi.

Il docu-film è stato selezionato al festival Pellegrinando (Castelli Romani e Prenestini) e agli İnternational Silk Road Film Awards (Istanbul).
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