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Una dimora ottocentesca tutta da scoprire: Palazzo Licata, nel cuore del centro storico di Sciacca

L’edificio, già noto come Palazzo Lazzarini, fu costruito da don Gaspare Palermo, barone di Lazzarini per l'appunto, intorno al 1860, data riportata al di sopra del portone

Balarm
La redazione
  • 26 settembre 2021

Una vista del giardino interno di Palazzo Licata a Sciacca (foto Le Vie dei Tesori)

Torna ad essere aperto al pubblico, in occasione del festival Le Vie dei Tesori, lo storico Palazzo Licata che si trova a Sciacca, antico palazzo nobiliare tuttora abitato dai proprietari, in particolare da Beatrice Sortino in Borsellino.

L’edificio, la cui storia è stata spesso riportata in pubblicazioni, fu costruito da don Gaspare Palermo, barone di Lazzarini.

Il periodo di riferimento è relativo al 1860, data riportata anche sulla rosta in ferro battuto che si trova al di sopra del portone. Venne successivamente venduto, nel 1888, a Giuseppe Licata (per la somma di Lire 40.000); accanto all’edificio, sulla sinistra, si trova la Discesa Orfanotrofio, una pittoresca scalinata che conduce in Piazza Farina e collega la Via Licata con la Via Vittorio Emanuele, le arterie principali della città.

La realizzazione del palazzo si inserisce nel contesto urbano ottocentesco saccense, nato dal connubio tra interventi pubblici e privati. Dal punto di vista urbanistico il Palazzo, opera dell’ingegnere comunale Vincenzo Guarini, è riferibile alla fine del XIX secolo con l’esecuzione degli sventramenti che portarono all’apertura dell’asse viario della via Giuseppe Licata, a collegamento dei due poli di Porta dei Bagni e Porta Palermo.
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Il suo impianto ricorda la concezione distributiva dei palazzi settecenteschi: il piano della strada con l’ingresso all’abitazione, gli ambienti di servizio e le botteghe prospicienti la pubblica via, il mezzanino e il piano nobile, destinato alla residenza della famiglia con saloni posti ad enfilade sul fronte principale.

Il prospetto principale, sulla via Licata appunto, presenta un’elegante e ben composta facciata, di gusto neoclassico, sobriamente rivestita ad intonaco Li Vigni, listato a bugne, con solchi profondi in corrispondenza dei primi due livelli e degli angoli.

Al piano terra, simmetricamente posti, si aprono quattro fornaci ad arco; in posizione assiale, invece, si colloca l’ingresso al palazzo, composto da un arco a tutto sesto affiancato da colonne binate su alto basamento che sorreggono il balcone centrale del piano nobile sul quale si affacciano tre aperture, inquadrate da un leggero telaio, costruito da un ordine di lesene con capitello ionico, sormontate da lunette aggettivate da fregi a motivi fitomorfici.

Questa è parte della descrizione architettonica dello storico Palazzo divenuto di interesse culturale, è perciò tutelato dalla Sovrintendenza, dal 2004.

«Mio marito - ci ha detto Beatrice Sortino in Borsellino che vive nel Palazzo - che da tempo non è più in vita, lo ricevette in eredità dalla madre, che era figlia dell’onorevole Licata che, a sua volta, lo aveva ereditato dalla moglie, morta di parto insieme al nascituro. Mia suocera, dunque, nacque in seconde nozze.

All’interno del Palazzo, oltre a riproduzioni di antiche statue, custodiamo i ritratti degli antenati, e una chicca da scoprire ovvero il giardino retrostante l’abitazione di famiglia».
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