Alla scoperta dei ruderi di Montallegro vecchia: un luogo (senza tempo) in Sicilia
Dall’alto, imponente e suggestiva, custodisce le nuove generazioni. Immergersi nella natura incontaminata è l’aspetto più interessante della salita. Vi ci portiamo
I ruderi di Montallegro
“Cu veni a Muntallegru e un viri li ruvini, poviru iddu soccu si perdi”. Parole vere, parole sante di un qualsiasi abitante di Montallegro. Nella bellezza del paesaggio agrigentino, la statale 115 ipnotizza gli sguardi dei passanti. “E cosa ci sarà mai lassù?”. Domanda lecita che merita una risposta celere. Lassù sul Monte Suso (o Monte Cicaldo) si trovano i ruderi del vecchio paese di Montallegro.
Per chi volesse organizzare una gita nel comune agrigentino, una delle tappe fondamentali è la visita del vecchio borgo. Un tempo, assai lontano, il percorso principale tagliava la roccia. Una salita impervia, diventata pericolosa. Dei gradoni e dell’antico tracciato rimangono - oseremmo aggiungere - "pezzi d’antiquariato". Da “lu Ruccazzu” giungono vocine sibilline e leggere: "megghiu li strati canusciuti chi chiddi tinti a canusciuri". E sì, l’itinerario consigliato, o meglio ancora, l’unico ormai setacciato, è quello che parte una volta giunti alla Coop (prima dell’entrata in paese). Prima d’iniziare il cammino che ci porterà in vetta, giusto chiedere venia (e permesso) ai titolari del terreno (primissima parte del percorso). Siamo in territorio nemico?
No, fortunatamente! Grazie al consenso ricevuto, armati di buona volontà, macchina fotografica e appunti di storia, ci apprestiamo a scalare il rilievo. Nonostante la vegetazione abbia fatto il suo corso (fin troppo), immergersi nella natura incontaminata è l’aspetto più interessante della salita. Una prima parte incastonata tra la ricerca del miglior appoggio e la speranza di un obiettivo ricco e significante. Fin quando, sopraggiunti a poche decine di metri, i primi ruderi diventano terra di conquista e… spirito d’osservazione.
Sono costruzioni abitative, mentre a una trentina di metri circa, ecco una struttura particolare: un edificio religioso (?). Coperti da una rigogliosa vegetazione, gli aspetti planimetrici portano dritti a una considerazione: il paese era costruito su un piano scosceso. Balzano agli occhi alcune strutture di ampie dimensioni (abitazioni nobiliari?). La curiosità ruota attorno alla perfezione delle forme, ai lineamenti e angolature che delineano segmenti e tracciano architetture dal gusto retrò. E poi, l’innata capacità di realizzare - con apparente facilità - in posizione strategica. Perché mai? Una difesa rude e aggressiva contro le incursioni dei pirati (il Mar Mediterraneo dista a soli sette km).
La storia del centro abitativo vide terminare il suo ciclo vitale nel XVII secolo. Invece il nome origina dall'appellativo Mons Laetus - Mons Allegrus, per distinguere l’area da quella paludosa (sottostante). Urge una pausa meritata per “inquadrare” il panorama. E che panorama! Il contrasto tra vecchio e nuovo indica il passaggio evolutivo dell’uomo. Brillano i colori del mare che si mescolano con le chiazze verdi agrigentine. Le opere strutturali provano a inserirsi in un ambito descrittivo meraviglioso. Quel contrasto diventa evidente, quando, saliti fino alla croce troneggiante (benedetta dal vescovo Mons. Francesco Montenegro e posta il 23 novembre del 2013), si apre una finestra “immaginaria” rivolta alla comunità montallegrese. Il nuovo che avanza, senza dimenticare le origini.
Dall’alto, imponente e suggestiva, custodisce le nuove generazioni. È tempo di andare, in silenzio, mettendoci alle spalle secoli di storia. Abbassiamo il capo in segno di rispetto per chi ha vissuto faticosamente. Un ultimo scatto prima d’imboccare la strada di ritorno. I ruderi di Montallegro lasciano in dote scatti, ricordi e spunti di riflessione.
Perché non farne un polo attrattivo come forma di turismo alternativo? La Pro Loco è molto attiva in tal senso e questo, alla lunga, potrebbe incidere positivamente sull’andazzo economico del territorio. “Picchi cu va a Muntallegru e un viri li ruvini, poviru iddu soccu si perdi!”.
Per chi volesse organizzare una gita nel comune agrigentino, una delle tappe fondamentali è la visita del vecchio borgo. Un tempo, assai lontano, il percorso principale tagliava la roccia. Una salita impervia, diventata pericolosa. Dei gradoni e dell’antico tracciato rimangono - oseremmo aggiungere - "pezzi d’antiquariato". Da “lu Ruccazzu” giungono vocine sibilline e leggere: "megghiu li strati canusciuti chi chiddi tinti a canusciuri". E sì, l’itinerario consigliato, o meglio ancora, l’unico ormai setacciato, è quello che parte una volta giunti alla Coop (prima dell’entrata in paese). Prima d’iniziare il cammino che ci porterà in vetta, giusto chiedere venia (e permesso) ai titolari del terreno (primissima parte del percorso). Siamo in territorio nemico?
No, fortunatamente! Grazie al consenso ricevuto, armati di buona volontà, macchina fotografica e appunti di storia, ci apprestiamo a scalare il rilievo. Nonostante la vegetazione abbia fatto il suo corso (fin troppo), immergersi nella natura incontaminata è l’aspetto più interessante della salita. Una prima parte incastonata tra la ricerca del miglior appoggio e la speranza di un obiettivo ricco e significante. Fin quando, sopraggiunti a poche decine di metri, i primi ruderi diventano terra di conquista e… spirito d’osservazione.
Sono costruzioni abitative, mentre a una trentina di metri circa, ecco una struttura particolare: un edificio religioso (?). Coperti da una rigogliosa vegetazione, gli aspetti planimetrici portano dritti a una considerazione: il paese era costruito su un piano scosceso. Balzano agli occhi alcune strutture di ampie dimensioni (abitazioni nobiliari?). La curiosità ruota attorno alla perfezione delle forme, ai lineamenti e angolature che delineano segmenti e tracciano architetture dal gusto retrò. E poi, l’innata capacità di realizzare - con apparente facilità - in posizione strategica. Perché mai? Una difesa rude e aggressiva contro le incursioni dei pirati (il Mar Mediterraneo dista a soli sette km).
La storia del centro abitativo vide terminare il suo ciclo vitale nel XVII secolo. Invece il nome origina dall'appellativo Mons Laetus - Mons Allegrus, per distinguere l’area da quella paludosa (sottostante). Urge una pausa meritata per “inquadrare” il panorama. E che panorama! Il contrasto tra vecchio e nuovo indica il passaggio evolutivo dell’uomo. Brillano i colori del mare che si mescolano con le chiazze verdi agrigentine. Le opere strutturali provano a inserirsi in un ambito descrittivo meraviglioso. Quel contrasto diventa evidente, quando, saliti fino alla croce troneggiante (benedetta dal vescovo Mons. Francesco Montenegro e posta il 23 novembre del 2013), si apre una finestra “immaginaria” rivolta alla comunità montallegrese. Il nuovo che avanza, senza dimenticare le origini.
Dall’alto, imponente e suggestiva, custodisce le nuove generazioni. È tempo di andare, in silenzio, mettendoci alle spalle secoli di storia. Abbassiamo il capo in segno di rispetto per chi ha vissuto faticosamente. Un ultimo scatto prima d’imboccare la strada di ritorno. I ruderi di Montallegro lasciano in dote scatti, ricordi e spunti di riflessione.
Perché non farne un polo attrattivo come forma di turismo alternativo? La Pro Loco è molto attiva in tal senso e questo, alla lunga, potrebbe incidere positivamente sull’andazzo economico del territorio. “Picchi cu va a Muntallegru e un viri li ruvini, poviru iddu soccu si perdi!”.
|
Ti è piaciuto questo articolo?
Seguici anche sui social
Iscriviti alla newsletter
|
GLI ARTICOLI PIÚ LETTI
-
ITINERARI E LUOGHI
Il paradiso unico (sconosciuto) in Sicilia: tra sabbia, ciottoli e un mare splendido
65.938 di Salvatore Di Chiara -
MISTERI E LEGGENDE
L'hanno fatto i romani e c'entrano gli elefanti: la leggenda del Ponte sullo Stretto
49.547 di Aurelio Sanguinetti










Seguici su Facebook
Seguici su Instagram
Iscriviti al canale TikTok
Iscriviti al canale Whatsapp
Iscriviti al canale Telegram




