100 anni di Camilleri nella sua Porto Empedocle: "Quei romanzi raccontati al bar"
L'ex assessore alla Cultura di Porto Empedocle ci racconta lo scrittore in una veste intima, attraverso le sue chiacchierate col papà del commissario Montalbano

Andrea Camilleri ed Emilio Borsellino al bar di Porto Empedocle
«Poteva essere bonario, a volte, ma anche burbero». Iniziano così i ricordi di Emilio Borsellino, che oltre ad insegnare, fu Assessore alla Cultura.
Descrive lo sguardo dello Scrittore, curioso e sornione pronto a cogliere ogni cosa che potesse mettere in moto la sua immaginazione, come quando andò a cena con il Commissario del Comune: «Ha tante storie da raccontare, a me poi così vengono le idee». Raccoglieva informazioni a 360°che poi avrebbe riutilizzato. «Parlava di sé ma in maniera misurata, quasi distaccata, la sua voce era rauca lenta e pacata».
La sigaretta aspirata con forza diventava il modo per far fluire storie e memorie. La descrizione di Emilio è così precisa che sembra di aver ancora Camilleri qui con noi.
La capacità istrionica nel raccontare, dice Emilio, più di una volta gli ha fatto pensare che quei ricordi fossero "colorati", sceneggiati, pur essendo sempre costanti e uguali, «mai una sbavatura o un’incertezza ed io amavo sentir raccontare il Romanzo della sua Vita, senza mai fare domande», mi mostra un’immagine, dove si vede Camilleri che fuma e lui proteso, rapito e sognante.
«Cercavo di memorizzare ogni parola, in modo da trascrivere dopo i nostri incontri». Il loro lo definisce come un rapporto "nonnesco" inteso come il "Grande Vecchio" che racconta a un giovane che ascolta con referenza e profondo rispetto.
Camilleri non amava la passerella ed anche nelle celebrazioni cittadine preferiva rimanere in seconda fila, salvo poi ricevere amici, giornalisti, e curiosi al suo "Ufficio" a Porto Empedocle, al Bar Albanese.
Oggi il bar si chiama "Vigata", in omaggio ai suoi Romanzi. Al suo "Ufficio", termine da lui stesso coniato, firmava copie dei suoi libri, rispondeva a domande, anche se queste spesso non erano all’altezza del grande personaggio quale era. In questo caso l’allontanamento avveniva con una stretta di mano che non lasciava posto a repliche.
L’orario di ricevimento era dalle 12.00 alle 13.00, raramente veniva concessa una dilazione di un quarto d’ora ed ancora più rari erano gli incontri serali.
Emilio ricorda che una volta una signora gli rimproverò di non fare abbastanza per il suo paese, Camilleri non rispose e la salutò, ma poi a Emilio raccontò una "storia".
Durante la sua infanzia c’era una colonia di lucciole che illuminava la casa di Campagna del Nonno: «Improvvisamente senza apparente motivo le lucciole sparirono per poi ricomparire dopo due anni».
Era la teoria "degli alti e bassi", così se anche in quel momento Porto Empedocle era in difficoltà, sarebbe tornata ad una fase positiva. Non voleva occuparsi di politica anche se una volta i "DS" pensarono di candidarlo.
Gli telefonarono ma lui non era in casa e lasciarono un messaggio. Rientrato non ebbe il tempo ad ascoltare. Arrivarono però diverse delle telefonate: in una qualcuno si scusava di non potergli dare il voto, in un’altra veniva fissato un appuntamento per definire i dettagli della campagna elettorale.
Camilleri rispose a entrambi che non sapeva di cosa stessero parlando e chiuse la cornetta. Arrivò quindi la chiamata dalla sede centrale del partito.
La risposta fu: «Mi spiace, ma riuscirei a fare politica solo seriamente, e non ho il tempo e le energie per farlo». Raccontò della sua ammissione all’Accademia d’Arte Drammatica come regista, dove si trovò con il grande Professore Costa «ed al suo gelido impatto».
Presidente di Commissione gli chiese se aveva preparato una scena interpretativa prevista dal bando. Camilleri rispose che non l’aveva fatto sostenendo che non necessariamente un regista dovesse avere anche doti interpretative. Non vi fu però modo di sottrarsi, pena l’esclusione dal concorso.
Così gli fu data un’ora per preparare una scena. Chiese aiuto a chi in quel momento si trovava in teatro, “si udì- lo passo fare io”, era Vittorio Gassman.
La performance non piacque ma lui riuscì ad entrare. «Sono i ricordi che diventano sceneggiature - dice Emilio - è un perfetto modus narranti- con un antefatto o un prologo, una parte centrale e un finale a sorpresa e comunque inaspettato».
Quella di Camilleri fu una lunga carriera come autore, regista e sceneggiatore, la "sua mano" fu anche nella serie del Tenete Sheridan con Ubaldo Lay e nel Commissario Maigret con Gino Cervi.
Diventò però famoso a 65 anni, con Montalbano, personaggio per cui nutriva amore-odio. Riguardo alla lingua, usata, un siciliano inventato, diceva che fu oggetto di discussione con Sciascia, convinto di non dover ricorrere forme dialettali, eppure quel siciliano così strano ma intuitivo, fu capito da tutti.
Camilleri disse ad Emilio la differenza tra scrivere un romanzo storico o un giallo: il primo è paragonabile al progetto di una casa in cui si parte da un’idea di base e poi si dipanano le altre idee: «Il racconto viene prima impostato mentalmente e poi rivisitato per uno scorrimento ideale e ritmicamente accattivante».
Per la scrittura di un giallo, «è come avventurarsi sostenuti da due corrimano che comunque ti guidano e sorreggono al bisogno».
In entrambi i casi gli scritti hanno bisogno di essere limati e di avere di un periodo di "decantazione". Emilio ha tanti ricordi e qualche amarezza: “Il Comune doveva fare di più”, ma spesso quello che non sono capaci di fare gli uomini, lo fa il destino.
Da quest’anno San Calogero, il santo di colore a cui Camilleri era "devoto" pur non essendo credente, (le cui immagini erano nella casa in Sicilia ed a Roma), e che passò sotto la sua casa quando nacque, ed a cui fu affidato, dimorerà nella Chiesetta vicino la sua abitazione, cento anni dopo tornerà da Nenè.
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