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2254 chilometri di sapori siciliani: Nunzio Cona (in vespa) porta Palermo a Barcellona

Un viaggio come una lunga cottura a fuoco lento, un ragù di esperienze. E quando, all’improvviso la sua Vespa ha detto basta ha capito che era il suo nuovo inizio

Federica Dolce
Avvocato e scrittrice
  • 16 giugno 2025

Nunzio Cona sulla sua Vespa

Se pensate che i sogni si realizzino solo tra le pareti di una cucina stellata, vi sbagliate di grosso. A volte, nascono sul sellino logoro di una Vespa, sotto il sole cocente di Palermo, tra il profumo delle arancine e il rombo stanco di un motore che ha già "macinato" tanti chilometri.

È così che comincia l’ avventura di Nunzio Cona: uno chef con la Sicilia nel cuore e un’idea folle in testa – attraversare l’Italia fino alla Spagna, fermandosi a cucinare, assaggiare e imparare, chilometro dopo chilometro.

La storia di Nunzio inizia a Palermo, ma si muove tra il Piemonte e Milano già da piccolo, seguendo la stagionalità del lavoro del padre carpentiere.

Un’infanzia da pendolare che lo abitua presto all’idea che "fuori dalla Sicilia c’è un altro mondo, c’è qualcosa in più da scoprire". C’è chi per dimenticare prende un treno, chi parte in aereo… e poi c’è Nunzio Cona, che ha preso una Vespa.

«Avevo vent’anni quando è morto mio padre, sul lavoro. Non riuscivo a digerire quella perdita. Così sono andato a riprendere la sua vecchia Vespa lasciata in Sicilia e ho iniziato a viaggiare. Per non pensare troppo. Per respirare».

E così parte. Su due ruote. Senza una meta precisa. Solo con la fame di vita, di esperienze. E ovviamente, anche di sapori. La sua Vespa – ereditata dal padre – non era nuova, né tantomeno affidabile. Ma aveva il rombo delle cose vissute, quello che ti dice che, anche se non sai dove finirai, sarà un viaggio che cambierà tutto. E così è stato. Napoli, Roma, Firenze, Marsiglia… Ogni città è stata una lezione a cielo aperto.

Nunzio non ha solo assaggiato, ha lavorato nelle cucine, ha toccato con mano la pasta fatta a mano delle nonne romane, ha respirato il profumo della bergamotta calabrese, ha stretto tra le dita il tartufo di Alba. Ha scoperto i fondi della cucina francese, i segreti delle cotture lente, le salse che non si improvvisano.

E tutto questo ha iniziato a mescolarsi con la sua identità profonda: quella siciliana, di una cucina che è memoria, materia viva, orgoglio e amore. A ogni tappa, Nunzio raccoglieva ingredienti, ricette e accenti, ma anche racconti, facce, mani che impastavano con dedizione.

Il suo viaggio era una lunga cottura a fuoco lento, un ragù di esperienze. E quando, all’improvviso, proprio a Barcellona, la sua Vespa ha detto basta – il motore si è spento e non è più ripartito – Nunzio ha capito che quella non era la fine del viaggio, ma il suo vero inizio. Nunzio trova una nuova vita.

«Mi sono innamorato della città. E ho deciso di fermarmi. Ho iniziato a cucinare, prima un po’ di tapas con influenze siciliane, poi sempre di più la mia cucina, quella vera. Oggi cucino la mia Sicilia».

La risposta del pubblico? Inaspettata.

«I catalani sono curiosi, hanno il palato aperto. Si sono innamorati della nostra cucina, dei nostri sapori. E anche se magari non capivano tutto, il cannolo alla ricotta ha messo d’accordo tutti!».

Barcellona l’ha accolto con la sua energia vibrante, con il suo amore per la vita, con una curiosità quasi infantile per ciò che è autentico. E Nunzio ha risposto con la cosa che sapeva fare meglio: cucinare. Ha aperto due locali, dove ogni piatto è un racconto, ogni boccone una tappa di quel viaggio.

Ha portato la caponata, ma con un fondo francese. Il tonno in agrodolce e profumato di erbe provenzali. Nunzio ha aperto anche due gelaterie, dove si possono gustare le mitiche brioche con il tuppo e le granite siciliane! Così, affascinati dai sapori della nostra terra, i catalani, giorno dopo giorno, hanno imparato ad amare quella cucina che sa di sole, mare e voglia di vivere.

Dalla cucina escono piatti che sembrano piccoli viaggi: iris alla mandorla, gelati al pistacchio di Bronte, frutta secca siciliana lavorata con la precisione di un orefice.

Ma non è solo tradizione. «Una delle fusioni che ha funzionato di più è l’arancino di paella! Prendiamo il riso della paella già bello condito, lo lavoriamo come un arancino e poi… friggiamo!»

Ma attenzione: Nunzio non ha snaturato la sua Sicilia. L’ha vestita di nuovi colori, come un’anziana signora a cui qualcuno ha regalato un foulard elegante.

Nei suoi piatti c’è ancora l’Etna, c’è il mare di Cefalù, ci sono i racconti delle nonne, la saggezza dei contadini, la poesia delle feste di paese.

Oggi, quando qualcuno gli chiede come ha fatto a costruire tutto questo partendo da una Vespa, lui sorride. Dice che la fortuna è stata la rottura del motore.

Perché a volte serve che qualcosa si fermi per iniziare davvero a capire dove stai andando. E nel suo caso, quella sosta obbligata ha acceso i fornelli di una nuova vita.

Oggi Nunzio è un ponte umano tra Sicilia e Barcellona. Ma la sua isola non l’ha mai dimenticata.

«Cerco di tornare almeno una o due volte l’anno. Ho bisogno della Sicilia, mi serve per tenere la memoria attiva. È facile stare qui e… imbastardirsi. Ho bisogno dei sapori, degli odori. Della gente. Della lingua».

A raccontare il suo viaggio ci ha pensato anche con un libro, pubblicato durante la pandemia: 2254 km. Proprio quanti ne ha percorsi da Palermo a Barcellona. Un numero che oggi è molto più di una distanza: è il simbolo di un cammino fatto di fatica, amore, ingredienti, scoperta. Un viaggio che continua ogni giorno, tra i fornelli.

E se gli chiedi se rifarebbe tutto? Nunzio non ha dubbi: «Sì, lo rifarei. Perché in questi anni ho conosciuto persone, cucine, tecniche. E oggi ho un bagaglio ricchissimo. Non solo di cibo. Di vita».

Nunzio Cona è l’esempio perfetto di come la cucina non sia solo tecnica o estetica. È passione, ostinazione, identità.

È sapersi mettere in viaggio, con il coraggio di chi porta nel cuore la Sicilia e la voglia di farla amare al mondo intero. E, sì, magari serve anche un po’ di follia.

C’è chi parte per fuggire e chi invece, parte per ritrovarsi. Nunzio Cona ha fatto entrambe le cose, ma con il suo cuore rivolto sempre al sud, verso quel sole che sa di zagara e sale, verso la Sicilia che non è solo terra, ma anche memoria, famiglia, ricordi.

Oggi i suoi piatti raccontano tutto questo: il coraggio di andare lontano e la gioia di portare con sé, ovunque, l’anima luminosa di un’isola che non smette mai di far innamorare.
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