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A Palermo c'erano i "Mastri di mondezza": se sostavi in doppia fila ricevevi 40 frustate

Era il lontano 1330 quando Federico III emanò i Capitoli per la città di Palermo contenenti disposizioni sull'organizzazione amministrativa del Comune

Antonino Prestigiacomo
Appassionato di storia, arte e folklore di Palermo
  • 27 gennaio 2023

Cassonetti stracolmi di spazzatura a Palermo

Una delle grandi tematiche che attanaglia la città di Palermo è quella del decoro urbano. Non è un argomento nuovo, anzi, è piuttosto antico.

Basta farsi una passeggiata nel centro storico o ancora peggio nelle periferie per rendersi conto di quanto la nostra città sia tremendamente indietro da questo punto di vista. Sollevato l'argomento ci si scaglia in possibili cause e si additano probabili colpevoli.

Una parte della popolazione incolpa i cittadini incivili e l'altra le amministrazioni comunali, tanto che la pulizia delle strade è divenuta un cavallo di battaglia delle campagne elettorali.

A mio avviso la colpa è di entrambi i protagonisti. È di noi cittadini quando agiamo disprezzando il territorio che viviamo con atteggiamenti ormai automatici ma disdicevoli come ad esempio quando gettiamo rifiuti in strada dalla macchina.

Quante volte vi sarà capitato di vedere qualcuno lanciare della carta, una sigaretta, una bottiglia di plastica dal suo finestrino mentre guida o mentre cammina? Quante volte ci lamentiamo dei rifiuti lasciati nelle spiagge libere della nostra città? Vogliamo parlare dei rifiuti speciali? Non vale neanche la pena elencare le cattive abitudini di noi cittadini, le conosciamo!
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Le amministrazioni d'altro canto hanno la colpa di non essere mai riuscite a trovare una degna soluzione al problema, per carità non è una cosa facile da risolvere, ma dopo sette secoli dal primo provvedimento preso in materia di decoro urbano e di organizzazione amministrativa penso che dovremmo essere abbastanza al passo con i tempi in quanto allo smaltimento di rifiuti urbani e invece... .

Che poi non sono solo i rifiuti, quelli rappresentano il simbolo più evidente, ma anche i marciapiedi dissestati, le aiuole incolte, le recinzioni dei privati a ridosso delle carreggiate stradali, insomma, lo sappiamo, vige un totale menefreghismo che caratterizza anche culturalmente il nostro modo di vivere.

Ovviamente va sempre ricordato che il problema dei rifiuti è comune a molte città d'Italia e d'Europa e bla bla bla, ma non sono abituato a parlare male degli altri, non è una giustificazione alla mia incuria, cioè all'incuria della nostra città.

Noi cittadini siamo consapevoli che avere una città pulita e organizzata è un motivo d'orgoglio, quindi perché non tendere a raggiungere almeno quel minimo di pulizia e di ordine che ci scrolli di dosso quella cattiva nomina di città sporca? Amare la propria città significa anche averne cura, abbellirla, proteggerla, raccontarla e infine condividerla.

Immaginiamola diversa, immaginiamola migliore, se riusciamo ad immaginarla possiamo anche realizzarla, in fondo le migliori invenzioni partano tutte da un sogno.

Era il lontano 1330 quando Federico III emanò i Capitoli per la città di Palermo contenenti disposizioni sull'organizzazione amministrativa del Comune.

Uno di questi capitoli servì ad organizzare la raccolta dei rifiuti istituendo dei netturbini per ogni quartiere della città nominati dagli stessi quartieri: «chi ciascheuno quarteri digianu ordinari unu homu, chi sia mastro de la mundiza, & chi la dicta mundiza si digia gictari in li mura de la Citati».

Non avevano certo un'anima "green" nel medioevo, però sembra un provvedimento alquanto moderno. Sempre nello stesso anno il re obbligava i Giurati, cioè i consiglieri moderni, a perlustrare la città e annotare tutte le irregolarità edilizie dei cittadini, oppure la fatiscenza degli immobili privati, affinché fossero elargite rispettive sanzioni.

«Chi li dicti Jurati digianu vidiri li edifitii, oi Casi in li lochi pubblichi, chi fossiro in ruina, o per cadiri, chi li digianu fari conzari, ò derrupari à li Patruni à tale che non ce havissi nexiuna persuna damno, & si li patruni non obbedissiru, li digianu fari spignari per la pena, quali sarà commessa».

Nel 1622 il Viceré conte Di Castro istituì i Mastri di Strada, coloro che avevano il compito di verificare il lavoro dei “Mastri di mondezza” ritenuti “persone basse”, cioè corruttibili.

Il Mastro di Strada era un ruolo riservato ai Giurati uscenti che erano stati già in carica per un anno. Avevano il potere di sanzionare i contravventori mentre i Mastri di mondezza, oltre alla loro mansione, avevano il potere di riscuotere il denaro.

Tutto doveva essere registrato e consegnato alle autorità. L'intero XVIII secolo è pervaso da una serie interminabile di Bandi per la pulizia e le condizioni igieniche della città.

Ma il Goethe registra che ancora nell'aprile del 1787 i bottegai lasciavano ammonticchiare le “immondezze” a ridosso delle carreggiate, salvo poi spiegare che era una cortesia fatta dagli stessi bottegai ai nobili che transitavano con le carrozze, poiché i rifiuti che coprivano le buche fungevano da ammortizzatori.

Simpatica era la pena per chi creava ingombro nelle strade con i propri veicoli, cioè per chi parcheggiava in doppia fila o facendo cose simili ostruendo il passaggio: «I cocchieri, la frusta e quaranta sferzate o zottate, sopra un cavalletto nella piazza Vigliena; i padroni la multa di onze cento o la perdita istantanea con la vendita irremissibile nella medesima piazza della carrozza, o calesse...».

Questi sono solo alcuni dei provvedimenti presi delle amministrazioni comunali sin dalle loro origini e osservando la realtà che circonda ancora oggi la nostra città possiamo dire francamente che non siano serviti a granché. Vuoi perché le pene per chi sporca non sono garantite, vuoi perché non ce l'abbiamo nel sangue la cura dei luoghi della nostra città.

Tuttavia colgo l'occasione per concentrare su due cose la chiusura di questo articolo. Si è parlato durante le ultime campagne elettorali di un piano “straordinario” di pulizia della città in parte realizzato in parte ancora da realizzare, ma con un impatto forse più incisivo nel centro storico piuttosto che, come al solito, nelle periferie. Tuttavia lo sforzo è comunque stato fatto.

Ma perché su questo argomento non considerare seriamente il primo provvedimento realizzato da Federico III, cioè che ogni quartiere elegga e, perché no, si assuma l'onere di pagare uno o più “Mastri di Mondezza”, dato che, obbiettivamente, essendo la nostra città molto grande, e difficile da far gestire dalle partecipate, non si riesce a risolvere il problema del decoro urbano?

Ovviamente non sto chiedendo di far pagare di più alla gente comune per avere un servizio che di per sé dovrebbe essere garantito, ci mancherebbe, ma si potrebbe ad esempio defalcare una quota ragionevole annua dalla Tari da destinare ad un fondo utilizzato per l'assunzione di nuovo personale che si occuperebbe di zone fisse tutto l'anno. È una cosa così assurda da prendere in considerazione? Può darsi!

Re Federico in fondo è vissuto settecento anni or sono. Ma voglio ricordare il Pitré quando scrisse a suo tempo: «Gli ordinatori della pulizia urbana del secolo XX non sanno che la esperienza del passato era stata guida di coloro che prima, assai prima di loro, avevano studiato argomento così multiforme, ed importante per la vita pubblica e privata.

Eppure essi non hanno se non ripetuto inconsciamente quello che avevano detto e fatto i nostri vecchi. La esperienza è maestra...». In ultimo un ringraziamento a tutte quelle associazioni di volontariato, di persone libere, e sono tante nella nostra città, che si prodigano annualmente al fine di ripulire, per quanto possibile, luoghi dimenticati dalle amministrazioni.

Periferie delle quali a volte si confondono o peggio non si ricordano bene neanche i nomi e che fanno parte della città di Palermo.

Voi, volontari, senza scopi né ritorno di immagine, siete l'esempio virtuoso della nostra città, esempio del quale, purtroppo, si parla veramente poco.

A voi, per quanto valga, il mio grazie. (Per approfondimenti sul tema confronta Capitula edita per universitatem felicis urbi panhormi & Dominum Regem confirmata, & approvata in Palazzo delle Aquile di Pietro Gulotta; Capitoli, ordinazioni, lettere ed atti diversi della Felice e fedeliss.

Città di Palermo dall'anno 1582 insino al presente 1745; Opere complete di Giuseppe Pitré Vol. I, La vita in Palermo cento e più anni fa Cap. III)
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