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Accursio Miraglia e la storica cavalcata dei contadini: chi era il "paladino" di Sciacca

Ucciso dalla mafia nel 1947, Accursio era diventato il punto di riferimento di tutta la popolazione. Fu lui a guidare la storica cavalcata dei diecimila contadini a Sciacca

  • 6 marzo 2021

Il murale dedicato ad Accursio Miraglia

Accursio Miraglia fu un sindacalista e segretario della prima Camera del Lavoro siciliana fondata a Sciacca. Venne ucciso dalla mafia il 4 gennaio dell'anno 1947, appena quattro mesi prima della strage di Portella della Ginestra del 1 maggio.

Accursio era ben voluto da tutta la popolazione saccense, e non solo, per aver offerto i suoi sacrifici allo scopo di migliorare la società siciliana. La sua lotta per i diritti rappresenta, ancora oggi, un esempio di condotta, di come si possa lottare contro la mafia senza timore e nella legalità assoluta.

Ma parlare di Accursio Miraglia unicamente nell'orbita del suo impegno sociale e politico è riduttivo, poiché era una personalità poliedrica. È stato anche poeta, musicista e pittore.

Spesso per comunicare i suoi pensieri più reconditi usava la tela o i versi, oppure suonava il volino le cui note riecheggiavano sul mar mediterraneo. Il suo era uno stile poetico elegante che non aveva nulla da invidiare alle più importanti penne siciliane di quel tempo.
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Andiamo con ordine.

Accursio nasce a Sciacca il 2 gennaio del 1896 dai genitori Nicolò e da Maria Rosa Venturini, figlia della duchessa Tagliavia. Accursio intraprende gli studi di ragioneria e poco più che ventenne si diploma. Comincia a lavorare in banca a Catania ma subito dopo si trasferisce a Milano perché viene promosso capoufficio.

Nel capoluogo lombardo studia il pensiero del filosofo russo Bakunin e diventa anarchico. Immediatamente si iscrive al circolo di Porta Ticinese. Ma i suoi colleghi in banca cominciarono ad essergli ostili perché Accursio è sempre in prima fila nelle lotte sociali accanto agli operai. Quindi, fu costretto a rientrare nel suo paese natio dove, però, non rimase con le mani in mano. In poco tempo fondò una propria industria ittico- conserviera ed entrò nel commercio dei metalli.

Fu nominato amministratore del teatro e dell'ospedale di Sciacca: per lui il malato non era un mendicante di salute ma un fratello bisognoso di cure. Restaurò a sue spese l'orfanotrofio di padre Michele Arena e fondò la cooperativa "La Madre Terra" offrendo, incondizionatamente, le sue competenze ai contadini affinché applicassero il Decreto Gullo che dava la possibilità ai braccianti di poter occupare le terre incolte degli agrari senza alcun permesso.

Accursio era diventato un punto di riferimento per tutta la popolazione.

E quando sparse la voce della sua volontà di organizzare una manifestazione per i diritti la gente non si fece aspettare. Così ebbe luogo la storica cavalcata per le vie di Sciacca alla quale presero parte più di diecimila contadini. Un corteo lunghissimo per dimostrare che i lavoratori non temevano i soprusi degli agrari e dei mafiosi e che la loro lotta non si sarebbe fermata di fronte alle minacce e alle intimidazioni.

Purtroppo il 4 gennaio del 1947 la mano armata della mafia si nasconde dietro un vicolo e uccide Accursio Miraglia, proprio mentre stava entrando in casa. Vi furono due veglie per consentire le visite alle innumerevoli persone che giunsero da ogni parte d'Italia per dargli l'estremo saluto.

A Sciacca, sulla base del monumento dedicato ad Accursio Miraglia è stata scolpita una frase che recita: "Io non impreco e non chiedo alcuna punizione. Io che ho tanto amato la vita, chiedo ad essa di vedere pentiti coloro che ci hanno fatto del male".

Ma ancora impresse nelle persone più anziane sono le parole del suo ultimo comizio di Sciacca: "La forza dell'uomo civile è la legge, la forza del bruto e del mafioso è la violenza fisica e morale. Noi, malgrado quello che si sente dire di alcuni magistrati, abbiamo ancora fiducia nella sola legge degli uomini civili che alla fine trionfa nello spirito dell'uomo che è capace di sentirne il bene".

Le idee di Accursio Miraglia sono ancora vive. Dimorano nel petto di chi crede in una Sicilia migliore e dovrebbero essere ancora un esempio per la classe dirigente italiana.
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