ITINERARI E LUOGHI
Arrivarci è difficile, ma poi è una meraviglia: dov'è in Sicilia la cascata "fantasma"
Nel tempo il paesaggio si è molto ingentilito, si sono creati nuovi ambienti e in alto sono spuntati degli alberelli: com'è cambiato negli anni questo luogo mozzafiato

Cascata del Cataolo
In Sicilia esiste Il castello di un duca biricchino, una cascata fantasma, un paesaggio che nel tempo si è molto ingentilito.
Sabato 2 agosto con il gruppo Valli Basiliane, siamo partiti alla volta di Gualtieri Sicaminò a una quarantina di minuti da Messina per visitare le famose cascate del Cataolo.
Per arrivarci oltre ad attraversare l’abitato di Gualtieri, siamo pure passati dal borgo fantasma di Sicaminò con sole due persone residenti.
Abbiamo visto il palazzo-castello degli Avarna, su cui non possiamo sorvolare perché ha ospitato una celebrità del luogo, il duca Avarna di antico casato risalente ai Longobardi.
Questi è stato intervistato sulla tv nazionale dallo scrittore e giornalista Enzo Biagi proprio perché si erano diffuse notizie sul suo conto che lo avevano reso famoso in Italia.
Ciò non in virtù dei suoi meriti letterari, era stato poeta e scrittore, ma per una sua strana abitudine.
Ogni volta che faceva l’amore con la sua giovane amante (regolarmente sposata e quaranta anni meno di lui), suonava le campane per farlo sapere alla moglie che durante il divorzio gli aveva tolto tutto relegandolo a vivere in una cappella sconsacrata.
Dopo che ci siamo fatti quattro risate per il curioso e stravagante aneddoto, abbiamo proseguito per la meta scelta. Abbiamo percorso qualche chilometro su una sterrata e abbiamo lasciato le automobili in un tratto dove la strada si interrompeva.
Da lì tramite un angusto passaggio ci siamo calati sul greto del torrente Gualtieri in un tratto in cui si apre e dove inizia a scorrere e dopo aver abbandonato lo stretto canyon denominato Ula Funna.
L’abbiamo trovato gorgogliante con pozze profonde: alcune quasi ad altezza d’uomo, altre più transitabili, comunque con i piedi in acqua. Abbiamo camminato un po’ entro l’alveo e un po’ sulle rive per goderci la frescura.
I torrenti in genere nel periodo estivo costituiscono una grande risorsa per noi escursionisti. Per prendere un po’ di fresco dovremmo salire ad alta quota consumando più tempo, più soldi, più benzina.
Ai bordi del torrente sorgevano degli alti pioppi, alcuni fasci filamentosi delle loro radici fluttuavano direttamente in acqua immersi così del prezioso liquido.
C’erano pure raggruppamenti di equiseti o felci preistoriche di 360 milioni di anni fa. Pure tanti cespugli di giunco, pianta famosa perché resistente alle piene. Si piega e le assoconda, ma poi torna nuovamente diritta.
Pure noi d’altronde dovevamo piegarci, rannicchiarci o camminare seduti per riuscire a superare gli ostacoli che c’erano nel nostro percorso.
Infatti in alcuni posti c’era un fitto groviglio di canne palustri e di vegetazione oppure erano caduti degli alberi appoggiandosi su dei massi.
Pertanto o li dovevamo scavalcare oppure passarci sotto. Un po’ di ginnastica non dovrebbe fare male.
Comunque dopo circa cinque chilometri di camminate, arrampicate e rannicchiate siamo giunti alla famosa cascata del Cataolo per scoprire che questa non c’era più.
Erano cadute delle frane che l’avevano spezzata, interrotta, dimezzata. Ma ciò non si è tradotto in delusione. Quello che era stato perso in grandezza, era stato guadagnato in bellezza.
Circa nove anni fa l’avevo vista per la prima volta, l’insieme del paesaggio non mi era piaciuto più di tanto, perché l’unica attrattiva era costituita dal grande flusso d’acqua che fluiva in verticale, per il resto c’eran dei grandi massi di nuda pietra tozzi e squadrati, senza alcun tipo di vegetazione, senza niente.
Invece adesso il paesaggio si è molto ingentilito, si sono creati nuovi ambienti e in alto sono spuntati degli alberelli, e al posto della grande cascata uniforme ce ne sono di più piccole, scorrere in flussi distinti ma paralleli.
Al di sotto si sono formati dei laghetti ove si può fare il bagno. Avevo scritto che il fronte della cascata si era interrotto a metà, i più dopo la consueta arrampicata siamo pervenuti solo ai suoi piedi.
Pochi ardimentosi invece sono arrivati al primo tratto. Perciò quando sono ritornati dopo l’ardua scalata e altrettanto impegnativa discesa, sono stati lungamente applauditi.
Io ho reclamato pure l’applauso per chi si è scelto la postazione più comoda rimanendo seduto. Non sono stato esaudito.
Sabato 2 agosto con il gruppo Valli Basiliane, siamo partiti alla volta di Gualtieri Sicaminò a una quarantina di minuti da Messina per visitare le famose cascate del Cataolo.
Per arrivarci oltre ad attraversare l’abitato di Gualtieri, siamo pure passati dal borgo fantasma di Sicaminò con sole due persone residenti.
Abbiamo visto il palazzo-castello degli Avarna, su cui non possiamo sorvolare perché ha ospitato una celebrità del luogo, il duca Avarna di antico casato risalente ai Longobardi.
Questi è stato intervistato sulla tv nazionale dallo scrittore e giornalista Enzo Biagi proprio perché si erano diffuse notizie sul suo conto che lo avevano reso famoso in Italia.
Ciò non in virtù dei suoi meriti letterari, era stato poeta e scrittore, ma per una sua strana abitudine.
Ogni volta che faceva l’amore con la sua giovane amante (regolarmente sposata e quaranta anni meno di lui), suonava le campane per farlo sapere alla moglie che durante il divorzio gli aveva tolto tutto relegandolo a vivere in una cappella sconsacrata.
Dopo che ci siamo fatti quattro risate per il curioso e stravagante aneddoto, abbiamo proseguito per la meta scelta. Abbiamo percorso qualche chilometro su una sterrata e abbiamo lasciato le automobili in un tratto dove la strada si interrompeva.
Da lì tramite un angusto passaggio ci siamo calati sul greto del torrente Gualtieri in un tratto in cui si apre e dove inizia a scorrere e dopo aver abbandonato lo stretto canyon denominato Ula Funna.
L’abbiamo trovato gorgogliante con pozze profonde: alcune quasi ad altezza d’uomo, altre più transitabili, comunque con i piedi in acqua. Abbiamo camminato un po’ entro l’alveo e un po’ sulle rive per goderci la frescura.
I torrenti in genere nel periodo estivo costituiscono una grande risorsa per noi escursionisti. Per prendere un po’ di fresco dovremmo salire ad alta quota consumando più tempo, più soldi, più benzina.
Ai bordi del torrente sorgevano degli alti pioppi, alcuni fasci filamentosi delle loro radici fluttuavano direttamente in acqua immersi così del prezioso liquido.
C’erano pure raggruppamenti di equiseti o felci preistoriche di 360 milioni di anni fa. Pure tanti cespugli di giunco, pianta famosa perché resistente alle piene. Si piega e le assoconda, ma poi torna nuovamente diritta.
Pure noi d’altronde dovevamo piegarci, rannicchiarci o camminare seduti per riuscire a superare gli ostacoli che c’erano nel nostro percorso.
Infatti in alcuni posti c’era un fitto groviglio di canne palustri e di vegetazione oppure erano caduti degli alberi appoggiandosi su dei massi.
Pertanto o li dovevamo scavalcare oppure passarci sotto. Un po’ di ginnastica non dovrebbe fare male.
Comunque dopo circa cinque chilometri di camminate, arrampicate e rannicchiate siamo giunti alla famosa cascata del Cataolo per scoprire che questa non c’era più.
Erano cadute delle frane che l’avevano spezzata, interrotta, dimezzata. Ma ciò non si è tradotto in delusione. Quello che era stato perso in grandezza, era stato guadagnato in bellezza.
Circa nove anni fa l’avevo vista per la prima volta, l’insieme del paesaggio non mi era piaciuto più di tanto, perché l’unica attrattiva era costituita dal grande flusso d’acqua che fluiva in verticale, per il resto c’eran dei grandi massi di nuda pietra tozzi e squadrati, senza alcun tipo di vegetazione, senza niente.
Invece adesso il paesaggio si è molto ingentilito, si sono creati nuovi ambienti e in alto sono spuntati degli alberelli, e al posto della grande cascata uniforme ce ne sono di più piccole, scorrere in flussi distinti ma paralleli.
Al di sotto si sono formati dei laghetti ove si può fare il bagno. Avevo scritto che il fronte della cascata si era interrotto a metà, i più dopo la consueta arrampicata siamo pervenuti solo ai suoi piedi.
Pochi ardimentosi invece sono arrivati al primo tratto. Perciò quando sono ritornati dopo l’ardua scalata e altrettanto impegnativa discesa, sono stati lungamente applauditi.
Io ho reclamato pure l’applauso per chi si è scelto la postazione più comoda rimanendo seduto. Non sono stato esaudito.
Ti è piaciuto questo articolo?
Seguici anche sui social
Iscriviti alla newsletter
|
GLI ARTICOLI PIÚ LETTI
-
ARTE E ARCHITETTURA
A Palermo ha già fatto la storia: chi è la prima presidente dell'Ordine degli Architetti