MISTERI E LEGGENDE

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Dicono sia solo una leggenda eppure in Sicilia ci credono eccome: il lupo mannaro o "lupunaru"

Il connubio lupomannaro/Sicilia è antico come la camminata a piedi. Il 2 novembre del 1983 scoppiò il caso de “il lupo mannaro del Politema” o che dir si voglia “lupunaru”

Gianluca Tantillo
Appassionato di etnografia e storia
  • 27 settembre 2021

È il 2 novembre 1983. In America Ronald Regan istituisce una festa federale per commemorare Martin Luther King; a Palermo Giacomo Cuccia, anni ventitré, è fermo al in piazza Castelnuovo (al Politeama) e sta aspettando l’autobus, forse l’ultimo prima dell’interruzione notturna dei mezzi.

C’è una temperatura media 16.6 °C (esiste una app apposita del meteo per calcolarlo), in cielo splende la luna piena, fuori piove, dentro per fortuna no. All’improvviso (sarebbe bello poter dire “mentre una bottiglia di vetro rotola” o “si sente il verso di un gatto”, ma siamo a Palermo e quell’ora è più facile che passi una macchina con le canzoni napoletane a palla) qualcuno, o meglio qualcosa, sbuca dal nulla e addenta ripetutamente Giacomino.

Scoppia il caso de “il lupo mannaro del Politema” o che dir si voglia “lupunaru” o “lupu i nuatti”. Difficile dire se sia trattato di un lupo mannaro o un di morto di fame che si è lasciato andare per la prima cosa commestibile che visto, certo è che il connubio lupomannaro/Sicilia è antico come la camminata a piedi.
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Ora, se io vi dico che la colpa che Giacomino si è scippato il morso da un lupo mannaro è di Zeus voi non mi credete e pensate che io forse lo critico sempre per invidia o perché mi sono fissato. La verità è che era un mascalzone e dove c’erano cose losche c’era sempre lui. Ma ora ci torniamo. Circola una storia ancora più vecchia sulla presenza di lupi mannari in Sicilia; e, per questioni di privacy, utilizzeremo dei nomi di fantasia e l’annesso “ogni riferimento a cose o persone è puramente casuale”.

Si racconta che Turiddo, marito devoto, una sera che non si sente poi così bene - guarda caso notte di luna piena è - va da Concettina, la moglie, e le dice (e non mi date del misogino per la scelta dei nomi altrimenti ve la dovete prendere pure con Lina Wertmuller che i colpi di “bottana industriale” nei suoi film li faceva volare): «Concettì, sta notte non staio buono. Chiudimi fuori, qua ci sono le catene, qua i lucchetti, qualsiasi cosa succede questa notte non aprire per nessun motivo al mondo. U capisti?»

Concettina ovviamente obbedisce e l’indomani lo spettacolo che trova è agghiacciante: la porta è completamente dilaniata da quelli che sembrano artigli di una belva feroce.

Questa storia praticamente circola in ogni provincia, paese, rione, strada della Sicilia e sono convinto pure oltre lo stretto: tutti, almeno una volta, l’abbiamo già sentita. Questo mi porta a vagliare tre ipotesi: a) si tratta di una grandissima fesseria b) potrebbe avere origini e cause psicologiche e nell’arco dei decenni la storia è stata romanzata c) Turiddo e Concettina cambiavano casa ogni due settimane e hanno girato tutti i paesi della Sicilia.

Ma dove viene la figura del lupo mannaro? E quanto ne sappiamo? La cinematografia Hollywoodiana ci ha mostrato la faccia più spettacolare della medaglia soprattutto, almeno a mio avviso, con “Un lupo mannaro americano a Londra” (1981) diretto da John Landis (regista di Blues Brothers, Il principe cerca moglie e altro) dove c’è la piùspettacolare trasformazione in licantropo di tutta storia del cinema, tant’è che il truccatore Rick Baker vince l’Oscar come miglior trucco.

Tuttavia il cinema resta il cinema, la tradizione popolare resta tradizione popolare, e smentiamo subito due dei più grandi luoghi comuni che riguardano questa figura più mitologica di quello che sembra: a) Un lupo mannaro, tranne che a Hollywood, mordendo un'altra persona non lo trasforma in lupo mannaro, sennò Giacomino si sarebbe consumato e avrebbe consumato gli altri. b) Non è vero che per ucciderli servono i proiettili d’argento.

Se proprio vogliamo essere precisi, va distinto tra semplice lupo mannaro (lo trovate molto più presente nella cultura germanica) che è sempre in forma di lupo e licantropo che invece si trasforma. Io l’unico di cui abbia mai sospettato nella mia vita era il Gerlando, bidello che avevo alla scuola elementare, che aveva così tanti peli che noi tutti pensavamo fosse si trasformasse con la luna piena. Secondo cultura popolare, invece, erano destinati a diventare lupi mannari quelli che nascevano con la luna piena d’estate, di venerdì notte e quelli nati a Natale o per la notte di San Giovanni (di cui parla spesso pure Giuseppe Pitrè).

Ora però torniamo a Zeus che, quello, è di malocarattere e di aspettare non ne vuole sapere. Bene, come quasi tutte le storie, leggende e interi pezzi di religione, succede che nessuno ha inventato niente e le cose finiscono sempre per perdersi nel tempo. Un esempio potrebbe essere l’Epopea di Gilgameš, mito babilonese, che quando ancora Noè era nella pancia di mammina già combatteva con arca e diluvi universali: la stessa cosa può dirsi della figura dell’uomo lupo di cui già troviamo raffigurazioni in Anubi (divinità egizia mezzo uomo e mezzo sciacallo: e certo, nel deserto lo sciacallo), di Rhà che era mezzo uccello, passando dal minotauro e continuando con Bufalo Bill, mezzo uomo e mezzo bufalo (questa me la potevo risparmiare).

Il mito greco del licantropo sulla metamorfosi (Ovidio è l’autore) vede come protagonista il re Liacaone che un giorno riceve visita da quel pezzo di masculazzo di Zeus ma in borghese. Ora, o le mentite spoglie di Zeus ricordano a Liacanone il bullo che lo pestava da piccolo o Liacaone era tirchio che più tirchio non si poteva, fatto sta che invece di servigli una bella fiorentina in segno di ospitalità, comanda di scannare un prigioniero di seconda mano e glielo serve alla carbonella. Zues, tutte cose gli possiamo dire, ma babbo non c’era. Se lo acchiappa e gli dice: «Compà, tu veramente vuoi venire e rubare a casa del ladro?» e per vendicarsi gli uccide tutti e cinquanta i figli (cinquanta! Vabbè che televisione non ce n’era, ma questo era un caso patologico).

E siccome Zeus oltre che vendicativo era pure subdolo non si fermò certo lì, anzi per punizione lo trasformò in lupo condannandolo alla solitudine (perché poi il detto è diventato “solo come un cane” nessuno lo sa). Alla fine il tizio che morse Giacomo, che aspettava l’autobus, che per due soldi al mercato mio padre comprò, non si trovò più.

Per la verità non si trovarono mai manco Giacomo né Turiddo e nemmeno Concettina. Se qualcuno volesse farsi vivo siamo sempre pronti a tornare sull’argomento, ma sopra una scala perché i lupi mannari non possono salire le scale.
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