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Era bella e di malo carattere: la storia di Camurria che fece "esaurire" il re di Sicilia

In Sicilia la diciamo almeno una volta al giorno. L'origine della parola è legata a una leggenda. Esiste anche una simpatica filastrocca per tenere distanti le "camurrie"

Alessandro Panno
Appassionato di sicilianità
  • 4 giugno 2023

Amunì, quante volte avete detto o vi siete sentiti dire «Sì na camurria!!»

C’è tutto un universo dietro! La usava mio padre quando, da nico, mi attaccavo a mignatta per un qualsiasi motivo. La usava mio nonno quando proprio non ce la faceva più a sentire qualcuno. Lo usa, con me, la mia dolce metà. La uso io stesso quando mi siddia a fare qualcosa ma l’ha fari pa suvicchiaria.

Insomma si può usare in mille modi, con mille inflessioni e situazioni diverse, ma alla fine il risultato non cambia: "Se sì ‘na camurria sì poprio ‘na camurria".

Giusto per capirci e far capire, magari a qualche lettore non isolano, "camurria" dicesi di persona o situazione che crea un fastidio persistente e reiterato nel tempo, al punto tale da indurre il soggetto vittima della camurria ad uno stato alterato di coscienza che induce al totale esaurimento della pazienza ("m’ agghiuttivu u vocabolario!")
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Insomma, detto tra noi, dicesi quando ti fanno "acchianare un nirbusu che volissi impicarli o muru picchi s’attaccano e si portano a rarica ru cerevieddu": ecco quella è la camurria.

Una variante del termine, che però non rende appieno, è la parola camula. La camola, in lingua italiana, è semplicemente un insetto, una piccola farfallina nello specifico, che fa parte delle famiglie delle tarme e che mischina in realtà non fa del male a nessuno. Tuttavia, il muoversi costante e ritmico delle sue ali produce una sorta di ronzio capace di infastidire. Ecco che allora una persona insistente diventa una camula. «Minchia ma ti mittisti a camula!!»

L’etnografo e arabista Vincenzo Mortillaro, nel suo "Nuovo dizionario siciliano-italiano" del 1876 da, della camurria, questa definizione, «...sorta di malattia, scolagione celtica, virulenta, contagiosa, venerea, vedi gonorrea...».

Ora, si sa che insomma, la gonorrea, in quanto tale è una malattia che, soprattutto a quei tempi, la diceva lunga sulle abitudini intime di chi veniva contagiato e non dava tregua al malcapitato. D’altrode il termine “camorro” in dialetto toscano significa proprio malanno.

Secondo un altro vocabolario, quello Devoto-Oli del 1968, il termine potrebbe derivare dal termine morra, ovverosia gregge, al quale veniva anteposto un “ca”. Le scocciature che derivano dal governare un gregge potrebbe stare ad indicarne l’origine.

Sarebbe bello se fosse tutto qua, ma "purtroppamente", a volte, nonostante tutto, ci tocca avere a che fare con gente che «u fango in confronto è acqua distillata». Difatti, una delle ipotesi dell’ origine etimologica del termine potrebbe anche derivare dal castigliano camorrear che indica il litigare concitato e senza ragione, con soppruso.

Tale termine, con il tempo, si è evoluto in “camorra” che sta ad indicare la, purtroppo tristemente nota, organizzazione di stampo mafioso della Campania, i cui membri, (in tutti i sensi del termine!), erano, e sono, soliti, con toni ostinati, assillare e tediare la povera gente con ricatti, minacce ed estorsioni.

D’altronde, in Portogallo, nel dialetto Minhoto, il termine camurro sta ad indicare una persona poco intelligente e cattiva, abituata a porsi verso gli altri prepotenza e soppruso, la classica malaminnitta, aggettivi che ben si calzano agli appartenti ai membri (sempre in tutti i sensi) di camorra e mafia.

Fortunatamente noi siciliani, quelli veri, sappiamo che "sti scafazzati su cosa i eccari", ed alla fine riusciamo a dare una connotazione fiabesca a tutto.

Antica e non meglio accreditata leggenda, (altrimenti non è leggenda!), vuole che, in tempi remoti, su un’ isola al centro del Mediterraneo vivesse una bellissima e leggiadra fanciulla di nome Camurria. Idda era bellissima, seducente, fimminazza e tutti le volevano bene ma ella, tanto quanto era bella ancor di più era noiosa e lamintusa.

Sempre a fari na lastima, ciuciuliare, a fare domande inutili e nel momento sbagliato, e voleva qualcosa si attaccava "o cerevieddu" al punto tale che le persone le dicevano di sì a qualunque richiesta pur di levarsela i ravanzi.

Arrivò il giorno che il regnante dell’isola, avendo raggiunto il punto di saturazione riguardo i modi di fare di Camurria, decise di mandarla a fanc…, cioè da suo cugino, re della Sicilia, per il quale nutriva un odio profondo, assicurandogli che la ragazza era una bravissima educatrice, dotta ed intelligente, perfetta per allevare in virtù di mente ed animo i suoi pargoli.

Non passò molto tempo, che il re di Sicilia, attirandosi le antipatie di sudditi e collaboratori, si rese conto del malocarattere di Camurria, rispedendola per direttissima al mittente. Da quel momento, tutti i governanti di Sicilia, sono semplicemente camurriusi!

Addirittura, legata a questa leggenda, vi è pure una vecchia filastrocca, da ripetere per 10 volte, per allontare le persone camurriuse da voi. «Camurria avia na figghia ca si vulia maritari, ma siccume era senza rota, camurria un’autra vota!»
Onestamente l’ho provata più di una volta, anche più di 10 volte, ma non mi è parso che abbia funzionato…

Ma se semplicemente camurria non bastasse? Se la camurria fosse così grande da meritare un accrescitivo? Ed ecco allora che quando proprio il limite è raggiunto appare, "gran camurria" e poi in un inarrestabile crescendo, "grannissima camurria", e "grannissia camurria buttana", fino ad arrivare all’esclamazione imperiale: "scocca ri camurria", ovvero di persona o accadimento così tanto urticante, pesante, fastidioso, insistente da avere la capacità di imprimere agli apparati genitali un movimento rotatorio tanto vorticoso al punto da annodarli come fosse un fiocco.
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