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Fu dimora di pratiche rituali e orge violente: cosa resta dell'Abbazia di Thélema a Cefalù

Se a Cefalù si chiedono notizie di Aleister Crowley, gli abitanti cedono al colloquio ma si fanno molto vaghi e le informazioni sulla vecchia casa del mago si smentiscono

  • 15 marzo 2021

Gli interni dell'Abbazia di Thélema a Cefalù

Cefalù è la Sicilia inconfondibilmente siciliana; un paese che è più di un luogo, ma quasi un’idea: elegante e gentile, con la sua cattedrale normanna, le mura, il lavatoio, le chiese, e, soprattutto, il mare. Sì, perché il mare è Cefalù, nella misura in cui esso non la contiene ma ne ripete gli echi a un’identità orgogliosa, mitologica e poetica.

Se qui si chiedono notizie di Aleister Crowley, la Bestia 666 – scrittore, esoterista, fondatore del moderno occultismo e creatore di una religione magica fondata sulla magia sessuale e sulla via della mano sinistra -, gli abitanti cedono al colloquio ma si fanno vaghi, e le informazioni sulla vecchia casa del mago si smentiscono con sottilissimo dolo.

Chi dice sia di fronte al cimitero, chi sulla strada che porta a Gibilmanna, e chi infine in contrada Santa Barbara, dove in effetti si trova. Si imbocca una salita, tra rifiuti e incolture, fino ai ruderi di quella che è stata l’Abbazia di Thélema, antica dimora di pratiche rituali e orge violente.
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Certo, l’immagine contemporanea ha poco o nulla di esoterico; la casa si trova di fronte allo stadio, il sentierino che vi conduce è devastato dall’erba, e all’immobile – sprangato da alcune assi di legno marcio – si accede solo tramite una finestra aperta, inumidita e sporca.

L’interno, desolato, ha la tristezza austera dello scempio; i dipinti di Crowley sono nascosti e rovinati, i pavimenti defraudati, e però l’occhio coglie l’atmosfera di alcuni dettagli, i contorni frammentati di alcune immagini, i residui simbolici della dottrina criptica e sibillina “do’ diavulu”, come ancora lo chiamano i vecchi cefaludesi.

Chiamarla abbazia, questa casetta squadrata e bassa, pare un atto di vanità ideale, ai limiti del grottesco; Crowley avrebbe voluto farne una dimora barocca di colonne, cupole e vetrate, mosse da una sfrenata e conturbante immaginazione, ma ha finito per ripiegare su una modestia francescana prendendo in affitto questo posto per lui, le sue due concubine (una delle quali rimarrà orfana in Sicilia, finendo a farsi pagare per i piaceri del suo corpo), i bambini e alcuni ospiti occasionali.

Sulla casa campeggia il motto del mago: “Fa ciò che vuoi”, un dettato semplice e incisivo che ha origini letterarie, e ciò introduce all’interno delle stanze tra verità esoteriche e deviazioni sessuali.

Fuori, non si contano i resti di palme malaticce e ferrame rugginoso, immondizie e deiezioni, di certo un paesaggio molto diverso dalla natura agreste e luminosa degli anni in cui Crowley abitò a Cefalù, molto prima che il suo viso accigliato – grasso e con la testa calva – comparisse sulla copertina di un disco dei Beatles.

Fu in Egitto che il mago ricevette da un antico stregone – Aiwas - le nozioni per fondare una nuova religione anticristiana, e così accadde, finendo per essere letto e citato da scrittori come Julius Evola, Leonardo Sciascia e Umberto Eco, addirittura protagonista assoluto di due romanzi di Vincenzo Consolo e, soprattutto, di W. S. Maugham, nel ricordo misterioso e leggendario della sua permanenza in Sicilia, quando vagava per le strade del paese, acconciato in modo bizzarro e teatrale, con la paura di chi incontrandolo lo evitava, pensando che nella sua casa si consumassero sacrifici umani.

Una leggenda di chi del resto amava dire di se stesso: “Sono l’uomo più malvagio del mondo”, irradiando questo spirito proprio da Villa Santa Barbara, il luogo che lui scelse in Sicilia come tempio della sua comunità di adepti, risoluta e fanatica, che avrebbe potuto mettere in pratica le dottrine del Thélema.

Al di là del significato magico o religioso, secondo Patrick Starr si tratterebbe di un vero e proprio esperimento sociale, una forma di vita comunitaria affine al falanstario di Charles Fourier, un’esperienza libertaria su basi utopiche che prevedeva rituali vari, come lo studio delle pratiche dello Yoga, del Tantra e del Buddhismo, e l’uso sacro di sostanze psicoattive con effetto allucinogeno.

La casa di Cefalù - presa in affitto dal Barone Carlo La Calce - fu proprio il luogo in cui mettere in pratica questo tentativo di esistenza ideale, nel fiero disdegno di ogni legge o statuto, seguendo un antico motto di che François Rabelais che nel suo più famoso libro fa costruire al gigante Gargantua un’abbazia, denominata appunto Thélemè, per farne una sorta di scuola in cui potevano essere ammessi a vivere in comune ragazzi e ragazze che avevano certe precise caratteristiche, indifferentemente dalla loro condizione sociale e di sangue.

L’ideologia crowleyana era assunta nelle frasi dipinte sulle pareti del tempio cefaludese, e il mago aveva scardinato le porte interne per farne un unico locale in cui stavano tutti nudi, compresi i due bambini, davanti ai quali ci si accoppiava liberamente.

La stanza d’ingresso era divenuta un tempio con al centro un altare a sette lati, su cui poggiava un grande libro circondato da candele accese. Sul pavimento era segnata una stella a cinque punte inscritta in una circonferenza, in altri punti della stanza erano posti quattro sgabelli triangolari e, di fronte all’altare, spiccava un braciere sacrificale.

Qui riviveva l’antico culto di Seth, il dio che con il cristianesimo divenne Satana, e Crowley portò a termine una gran quantità di lavori vivendo un’esistenza semplice e bucolica nella pratica dell’amore libero, mettendo a punto i principi della sua magia sexualis attraverso la celebrazione di rituali di sacrificio (come quando nel 1921 un caprone venne indotto a copulare con l’inginocchiata Leah e l’animale ebbe tagliata la gola cerimonialmente nel momento dell'orgasmo) e della pratica omosessuale, personificando gli aspetti femminili del suo carattere.

Ciò nonostante, dietro tutto questo si nascondeva uno scenario atroce fatto di follia e di disperazione, aggravato dalla povertà e dalla malattia, e non ultimo dalla persecuzione; perché il suo stile di vita scandaloso, e la sua reputazione di uomo perverso, ebbero l’effetto di una fortissima riprovazione sociale dando luogo a generiche accuse ed esagerazioni, come il riferimento a pratiche sacrificali di bambini che nella realtà non sono mai avvenute.

Forse a causa di una morte sospetta nell’Abbazia, o per una precisa volontà politica, fatto sta che il fascismo espulse Crowley dall’Italia come soggetto indesiderato, prestando anche fede alla testimonianza della signora Betty May, che riferì, sconvolta, di pratiche degenerate e di squallore con riferimento alla comune del mago.

Da quel momento, i discepoli vendettero tutti i mobili e gli arredi della casa agli abitanti del paese per saldare i debiti che lui aveva lasciato e, soprattutto, per pagare il viaggio di ritorno in patria.

Il tempio crowleyano fu abbandonato e cadde nell’oblio, salvo un documentario girato da Kenneth Anger insieme al sessuologo Alfred Kinsey e allo scrittore Fosco Maraini, cui si devono i rarissimi scatti delle pitture pornografiche che erano state ricoperte per volontà delle autorità ecclesiastiche dell’epoca.

Anger visse nella casa per tre mesi estivi e ripulì gli affreschi dalla calce, portando via anche il cerchio magico del pavimento nella stanza dei riti. E la casa è ancora lì, abbandonata e nuda, in custodia di un tempo misterioso e libero che non esiste più, e di un uomo - Aleister Crowley – che si è sporto al di là del bene e del male.
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