ITINERARI E LUOGHI
Il borgo con il Castelluccio e la Fontana dei 9 cannoli: in Sicilia sulle orme di Sciascia
Siamo nella strada degli scrittori. Il tempo scorre lentamente, avvolto in un romanzo ingarbugliato. Storia e società corrono a braccetto, insieme a bellezza e gusto. Dove

Il castelluccio di Racalmuto
“Sai cos’e’ la nostra vita, la tua e la mia? Un sogno fatto in Sicilia. Forse siamo ancora lì, e stiamo sognando”. Una terra di conquiste e capolavori. Di meraviglie senza tempo e di borghi inesplorati. La Sicilia è un sogno da vivere almeno una volta, lasciandosi pervadere dalle emozioni.
Se la prima parte dell’introduzione è una citazione di Leonardo Sciascia, la seconda è un pensiero comune. Il nostro viaggio ci conduce a Racalmuto, in terra agrigentina.
Siamo nella strada degli scrittori (Camilleri, Pirandello, Russo e Sciascia). Il tempo scorre lentamente, avvolto in un romanzo ingarbugliato. Storia e società corrono a braccetto, in una terra dalle enormi potenzialità. La statale 115 passa dalla Valle dei Templi. Uno sguardo veloce e si parte alla volta di Racalmutu.
Sono diciotto i chilometri che ci separano dalla letteratura italiana. Sentiamo l’enorme peso di una figura - tal Leonardo Sciascia - che ha descritto la Sicilia alla perfezione. La definizione del borgo agrigentino è la sintesi perfetta di un viaggio a lieto fine.
Il paesaggio è ricco di colture. Raggiungere il paese è comodo, nessun intoppo stradale. Si parte dall’ex mattatoio. E che la visita abbia inizio. Costruito nel 1870 per volere del sindaco Matrona, diede il là a un cambiamento epocale (grazie allo sviluppo delle miniere) di una cittadina legata all’attività agricola.
Oggi è un centro che ospita eventi culturali (in ultimo la mostra dedicata a Vincent Willem Van Gogh). Il XIX secolo è stato un periodo di grandi opere strutturali nel borgo.
Seppur la storia ci trasporti indietro nei secoli, gli interventi infrastrutturali non cessarono. Tra queste - a pochi metri dall’ex mattatoio - splende nella sua bellezza la Fontana dei 9 Cannoli.
Progettata da Fra Vincenzo Carini, fu costruita in breve tempo (venne inaugurata nel 1847). A pianta rettangolare con nove getti d’acqua, sulla facciata vi è una finestra cieca non rifinita e alle due estremità sono allocati dei vasi floreali in pietra. Il tempo di una rinfrescata e la “passeggiata borgatara” continua.
Una camminata di circa 300 metri ci porta dritti alla Chiesa e Convento di S. Francesco. Si cela un mistero, a partire dalla sua costruzione. A causa della peste l’archivio andò perduto. Il documento più antico risale al 1546. La chiesa - nonostante i numerosi sforzi - non venne mai completata.
Rimane l’unico edificio di quel periodo (1500?) che ha conservato integra la linea architettonica. All’interno sono conservate alcune opere. Lo sguardo volge lassù, dove principi e principesse hanno fatto la storia. Il Castello Chiaramontano è terra di conquista giornaliera. In una piazza poco affollata, il ritmo dei passi è cadenzato.
Ci adagiamo - in tono principesco - a metter piede al suo interno. Edificato su strutture murarie militari del ‘200, le origini risalgono al XIV secolo. Si passò dal periodo dei Malcovenant a quella di Federico II di Chiaramonte. Un tempo si sviluppava su tre livelli uniformi, con suddivisione dei vani interni comunicanti tra loro.
Di proprietà comunale, è diventato sede di eventi culturali, convegni e di alcune mostre. È presente un piccolo museo e la visita si estende fino alla stanza dove sono conservati gli stendardi. Una storia fatta d’impegno e fede. Quest’ultima ci conduce alla visita del Santuario Maria Santissima del Monte.
Una lunga scalinata ci permette di guardare dall’alto una piccola parte del paese. Costruita (l’attuale) tra il 1736 e il 1747, della vecchia struttura rimase in piedi solo il campanile (fino ai primi dell’Ottocento).
Gli ingressi sono due. Il primo, grazie a "lu Firriatu di lu Munti" dal quale si accede dalla “Scalinata di lu Munti”. La seconda dal Largo Monte. In stile barocco, ha la facciata principale divisa in tre sezioni. Di notevole importanza è l’altare ligneo, alto sei metri, e la statua gaginiana della Vergine (circondata da nove angeli) con in braccio il Gesù Bambino.
Una lunga storia! Usciti dall’edificio religioso, lu “ciavuru” di li taralli è cosa buona e giusta. Con tanto di devozione eucaristica ci prodighiamo ad aggiungere: “è veramente cosa buona e giusta”. La degustazione è una prospettiva che non dobbiamo abbandonare.
In paese si mangia tanto e bene. Si passa dai taralli fino alla granita di limone (con tanto di frutti prodotti nelle contrade di appartenenza), senza dimenticare la “Cubaita”. Per chi ama i primi/secondi piatti, la “Mpignulata”, li Stigghiola e lu “Ficato Caiolato” sono prelibatezze da non perdere. Nel frattempo si aprono le porte della storia.
Quando fu fondata Racalmuto? Le fonti parlano di un “villaggio morto” chiamato Rahal Maut (arabo). Dall’età medievale si passò a quella normanna. Dopodiché, i Barresi eressero la fortezza del “Castelluccio”.
Con la guerra del Vespro, la famiglia perse i loro domini e vennero concessi ai Chiaramonte. Tra pesti, abbandoni e riprese, nel 1400 Racalmuto ritornò a splendere. I passaggi storici evocano fatti, misfatti, leggende e incompiute, fino all’incremento industriale conseguito grazie alle attività minerarie e del sale. Siamo in pieno centro storico, non possiamo dimenticare di altre tre luoghi imperdibili. Si parte dal Teatro Regina Margherita (detto il Piccolo Massimo).
Voluto espressamente dal sindaco Matrona (personaggio d’altri tempi), ha 350 posti a sedere, due ordini di palchi, un loggione a ferro di cavallo (non dimenticatelo), un golfo mistico per l’orchestra e un ampio palcoscenico. Ricordate del loggione?
Le guide ne evidenziano le differenze con il Teatro Pirandello di Agrigento. Secondo loro - con le dovute e attente proporzioni - il teatro racalmutese dà/concede una visuale migliore agli spettatori. Tra i direttori artistici ricordiamo Andrea Camilleri.
Spinti dall’euforia teatrale, il resto vien da sé. A poche decine di metri siamo accompagnati dalla celebre frase: “Tutti amiamo il luogo in cui siamo nati, e siamo portati ad esaltarlo. Ma Racalmuto è davvero un paese straordinario”. Il modo migliore per metter piede nella Casa Sciascia. Rappresenta il luogo della formazione e crescita dello scrittore.
Quel peso specifico menzionato a inizio testo prende forma, ne siamo consapevoli. Sentiamo dentro l’ardore filosofico di un personaggio unico. Immersi nei pensieri profondi dell’autore affiniamo la qualità dei giudizi, in preda a uno scossone emotivo non indifferente. Sappiamo di aver colto una piccola parte del realismo critico.
A distanza debita, ma non proibitiva, ci rechiamo alla Fondazione Sciascia. Ricavata da una vecchia centrale elettrica, sono presenti circa 2000 volumi riconducibili alla biblioteca personale dell’autore. Il panorama è unico, Racalmuto ondeggia tra passato e presente. Vicoli e stradine abbelliscono la visita.
Armiamoci di ulteriore buona volontà e proviamo a emulare lo scrittore durante le sue lunghe passeggiate. Lungo Corso Garibaldi immaginiamo di essere accanto a lui e chiacchierare insieme. Tra una battuta e l’altra, un argomento e un altro, crediamo di essere amici da una vita. La scultura tridimensionale è un gioco di effetti speciali, unica nel suo genere.
La giornata volge al termine, le bellezze da visitare meno. Le chiese di San Giuliano, S. Michele Arcangelo, del Carmelo, di San Giuseppe e il Duomo meritano un secondo giorno di visita.
E chi decidesse di andare oltre - grazie a un trekking racalmutese - il Castelluccio è lontano solo circa sette km dal centro cittadino. Ma forse dettati dalla stanchezza, ci appropriamo indebitamente di una citazione diretta dello stesso scrittore.
Quale? “Incredibile è l’Italia: e bisogna andare in Sicilia per constatare quanto è incredibile l’Italia. A partire da Racalmuto!
Se la prima parte dell’introduzione è una citazione di Leonardo Sciascia, la seconda è un pensiero comune. Il nostro viaggio ci conduce a Racalmuto, in terra agrigentina.
Siamo nella strada degli scrittori (Camilleri, Pirandello, Russo e Sciascia). Il tempo scorre lentamente, avvolto in un romanzo ingarbugliato. Storia e società corrono a braccetto, in una terra dalle enormi potenzialità. La statale 115 passa dalla Valle dei Templi. Uno sguardo veloce e si parte alla volta di Racalmutu.
Sono diciotto i chilometri che ci separano dalla letteratura italiana. Sentiamo l’enorme peso di una figura - tal Leonardo Sciascia - che ha descritto la Sicilia alla perfezione. La definizione del borgo agrigentino è la sintesi perfetta di un viaggio a lieto fine.
Il paesaggio è ricco di colture. Raggiungere il paese è comodo, nessun intoppo stradale. Si parte dall’ex mattatoio. E che la visita abbia inizio. Costruito nel 1870 per volere del sindaco Matrona, diede il là a un cambiamento epocale (grazie allo sviluppo delle miniere) di una cittadina legata all’attività agricola.
Oggi è un centro che ospita eventi culturali (in ultimo la mostra dedicata a Vincent Willem Van Gogh). Il XIX secolo è stato un periodo di grandi opere strutturali nel borgo.
Seppur la storia ci trasporti indietro nei secoli, gli interventi infrastrutturali non cessarono. Tra queste - a pochi metri dall’ex mattatoio - splende nella sua bellezza la Fontana dei 9 Cannoli.
Progettata da Fra Vincenzo Carini, fu costruita in breve tempo (venne inaugurata nel 1847). A pianta rettangolare con nove getti d’acqua, sulla facciata vi è una finestra cieca non rifinita e alle due estremità sono allocati dei vasi floreali in pietra. Il tempo di una rinfrescata e la “passeggiata borgatara” continua.
Una camminata di circa 300 metri ci porta dritti alla Chiesa e Convento di S. Francesco. Si cela un mistero, a partire dalla sua costruzione. A causa della peste l’archivio andò perduto. Il documento più antico risale al 1546. La chiesa - nonostante i numerosi sforzi - non venne mai completata.
Rimane l’unico edificio di quel periodo (1500?) che ha conservato integra la linea architettonica. All’interno sono conservate alcune opere. Lo sguardo volge lassù, dove principi e principesse hanno fatto la storia. Il Castello Chiaramontano è terra di conquista giornaliera. In una piazza poco affollata, il ritmo dei passi è cadenzato.
Ci adagiamo - in tono principesco - a metter piede al suo interno. Edificato su strutture murarie militari del ‘200, le origini risalgono al XIV secolo. Si passò dal periodo dei Malcovenant a quella di Federico II di Chiaramonte. Un tempo si sviluppava su tre livelli uniformi, con suddivisione dei vani interni comunicanti tra loro.
Di proprietà comunale, è diventato sede di eventi culturali, convegni e di alcune mostre. È presente un piccolo museo e la visita si estende fino alla stanza dove sono conservati gli stendardi. Una storia fatta d’impegno e fede. Quest’ultima ci conduce alla visita del Santuario Maria Santissima del Monte.
Una lunga scalinata ci permette di guardare dall’alto una piccola parte del paese. Costruita (l’attuale) tra il 1736 e il 1747, della vecchia struttura rimase in piedi solo il campanile (fino ai primi dell’Ottocento).
Gli ingressi sono due. Il primo, grazie a "lu Firriatu di lu Munti" dal quale si accede dalla “Scalinata di lu Munti”. La seconda dal Largo Monte. In stile barocco, ha la facciata principale divisa in tre sezioni. Di notevole importanza è l’altare ligneo, alto sei metri, e la statua gaginiana della Vergine (circondata da nove angeli) con in braccio il Gesù Bambino.
Una lunga storia! Usciti dall’edificio religioso, lu “ciavuru” di li taralli è cosa buona e giusta. Con tanto di devozione eucaristica ci prodighiamo ad aggiungere: “è veramente cosa buona e giusta”. La degustazione è una prospettiva che non dobbiamo abbandonare.
In paese si mangia tanto e bene. Si passa dai taralli fino alla granita di limone (con tanto di frutti prodotti nelle contrade di appartenenza), senza dimenticare la “Cubaita”. Per chi ama i primi/secondi piatti, la “Mpignulata”, li Stigghiola e lu “Ficato Caiolato” sono prelibatezze da non perdere. Nel frattempo si aprono le porte della storia.
Quando fu fondata Racalmuto? Le fonti parlano di un “villaggio morto” chiamato Rahal Maut (arabo). Dall’età medievale si passò a quella normanna. Dopodiché, i Barresi eressero la fortezza del “Castelluccio”.
Con la guerra del Vespro, la famiglia perse i loro domini e vennero concessi ai Chiaramonte. Tra pesti, abbandoni e riprese, nel 1400 Racalmuto ritornò a splendere. I passaggi storici evocano fatti, misfatti, leggende e incompiute, fino all’incremento industriale conseguito grazie alle attività minerarie e del sale. Siamo in pieno centro storico, non possiamo dimenticare di altre tre luoghi imperdibili. Si parte dal Teatro Regina Margherita (detto il Piccolo Massimo).
Voluto espressamente dal sindaco Matrona (personaggio d’altri tempi), ha 350 posti a sedere, due ordini di palchi, un loggione a ferro di cavallo (non dimenticatelo), un golfo mistico per l’orchestra e un ampio palcoscenico. Ricordate del loggione?
Le guide ne evidenziano le differenze con il Teatro Pirandello di Agrigento. Secondo loro - con le dovute e attente proporzioni - il teatro racalmutese dà/concede una visuale migliore agli spettatori. Tra i direttori artistici ricordiamo Andrea Camilleri.
Spinti dall’euforia teatrale, il resto vien da sé. A poche decine di metri siamo accompagnati dalla celebre frase: “Tutti amiamo il luogo in cui siamo nati, e siamo portati ad esaltarlo. Ma Racalmuto è davvero un paese straordinario”. Il modo migliore per metter piede nella Casa Sciascia. Rappresenta il luogo della formazione e crescita dello scrittore.
Quel peso specifico menzionato a inizio testo prende forma, ne siamo consapevoli. Sentiamo dentro l’ardore filosofico di un personaggio unico. Immersi nei pensieri profondi dell’autore affiniamo la qualità dei giudizi, in preda a uno scossone emotivo non indifferente. Sappiamo di aver colto una piccola parte del realismo critico.
A distanza debita, ma non proibitiva, ci rechiamo alla Fondazione Sciascia. Ricavata da una vecchia centrale elettrica, sono presenti circa 2000 volumi riconducibili alla biblioteca personale dell’autore. Il panorama è unico, Racalmuto ondeggia tra passato e presente. Vicoli e stradine abbelliscono la visita.
Armiamoci di ulteriore buona volontà e proviamo a emulare lo scrittore durante le sue lunghe passeggiate. Lungo Corso Garibaldi immaginiamo di essere accanto a lui e chiacchierare insieme. Tra una battuta e l’altra, un argomento e un altro, crediamo di essere amici da una vita. La scultura tridimensionale è un gioco di effetti speciali, unica nel suo genere.
La giornata volge al termine, le bellezze da visitare meno. Le chiese di San Giuliano, S. Michele Arcangelo, del Carmelo, di San Giuseppe e il Duomo meritano un secondo giorno di visita.
E chi decidesse di andare oltre - grazie a un trekking racalmutese - il Castelluccio è lontano solo circa sette km dal centro cittadino. Ma forse dettati dalla stanchezza, ci appropriamo indebitamente di una citazione diretta dello stesso scrittore.
Quale? “Incredibile è l’Italia: e bisogna andare in Sicilia per constatare quanto è incredibile l’Italia. A partire da Racalmuto!
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