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Il (vero) Montalbano era spagnolo: perché Andrea Camilleri ha scelto questo nome

Una scoperta letteraria fatta ad alta quota. Forse non tutti sanno che il personaggio più famoso di Camilleri è dedicato a uno scrittore spagnolo che porta il suo nome

Gianluca Tantillo
Appassionato di etnografia e storia
  • 10 aprile 2024

Andrea Camilleri e Manuel Vàzquez Montalbàn

"La complicidad europeísta de Jaqueline me halagabra".

Ebbene, e se vi dicessi che il primo Montalbano di tutti i Montalbani comincia con questa frase ed è spagnolo?

Tutto inizia da un personalissimo disturbo post-traumatico da stress, causato dal troppo lavoro, per cui invento al mio capo che un mio parente già morto sta per morire l’ennesima volta e mi servono 4 giorni liberi per raggiungere il continente per dargli l’ultimo saluto.

Il biglietto per Barcellona ovviamente è già staccato.

Lo ammetto, soffro di aerofobia e ogni volta che prendo l’aereo saluto tutti, cane compreso, come fosse l’ultima volta che li vedrò.

In più sono uno di quei siciliani (e me ne vergogno) che basta che stacchi il culo dalla propria madre terra, sia anche per un salto, necessita di portarsi dentro le budella l’ultimo pezzo di sicilianità per alleviare la saudade da distacco.

Pertanto mi fermo al mio bar preferito e acquisto un’arancina a’ccarne bella fritta, che mangerò una volta in volo, tanto ho letto su National Geographic che: "mangiare ad alta quota, quando la pressione di ossigeno si riduce notevolmente, soprattutto sopra i 4000 metri, rende più difficoltoso per l'organismo trasformare in energia tali alimenti per questo si tende a consumarne minori quantità".
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Questo si traduce nel mio cervello in “ne mangerò solo metà o a male cose mi salirà la sonnolenza da intoppo digestivo e riuscirò a dormire durante lo spostamento”.

Ovviamente non succede, anche perché la selezione casuale dei posti Ryanair decide di collocarmi al sedile 17E, tra l’ispettore Derrik e la signora Fletcher, due turisti tedeschi che invece di starsi a casa a guardare il gioco dei Pakken, investono il loro tempo viaggiando per tutto il globo terracqueo 365 giorni l’anno.

È a quel punto che esco dallo zaino un Montalbano di Camilleri, che, altra fobia, leggo esclusivamente in viaggio per lo stesso motivo dell’arancina, della saudade e blablà.

Questa volta è "Il cane di terracotta", uno dei must assoluti.

Vuoi il caso, vuoi il malo chiffare, mi imbatto in una scena (più di una) in cui Salvo Montalbano, notevolmente più scazzato di me, per ammazzare il tempo, legge, anche lui, un romanzo di un certo Manuel Vàsquez Montalbàn.

Montalbano che legge Montalbàn?

Ecco, se c’è una cosa che adoro del maestro Camilleri è questo suo continuo infilare citazioni dotte come fossero cazzilli fritti ad un aperitivo alla Vucciria. La cosa ovviamente mi incuriosisce provocandomi un’erezione intellettuale a 10.000 metri di altezza.

Tra una pagina e l’altra siamo quasi arrivati e mi sovviene alla mente un altro articolo secondo cui il 46% degli incidenti aeri avviene in fase di atterraggio (devo darci un taglio con National Geographic!).

Mi riprometto che se mai dovessi toccare terra, la prima cosa che farò è prendere informazioni a proposito di tale Vàsquez Montalbàn, fra l’altro esaltato dallo stesso Camilleri che con parole al miele lo definisce: “uno che sa scrivere bene i romanzi”.

Detto fatto!

Dopo chilometri e chilometri senza meta, vuoi le papole ai piedi, vuoi il vermouth spagnolo nella suggestiva Placa de Sant Just, che non poco mi ricorda uno dei tanti angoli di Cefelù, inizio la mia ricerca.

Il culo mi assiste: Vàsquez Montalbàn, guarda caso, nato a Barcellona nel 1939, è stato uno scrittore, saggista, giornalista, poeta e gastronomo, famoso soprattutto per i suoi romanzi polizieschi e vincitore di numerosi e prestigiosi premi.

Se il gioco dei puntini de "La Settimana Enigmistica" mi ha insegnato qualcosa, è che collegandoli ne verrà fuori un’immagine chiara e nitida (si fa per dire). Il doppio vermouth mi suggerisce che se mi trovo nella città natale di Montalbàn, allora deve esserci per forza qualcosa che parla di lui.

Il vermouth dice un sacco di minchiate ma questa volta ci ha azzeccato, perché il legame tra lui (Montalbàn, non il vermouth) e Camilleri è più forte di quello che si possa pensare e stupefacente. Intanto però il pititto che sta sbummichiàndo è atavico e necessita di essere colmato.

In Spagna ogni quattro vetrine, due sono di Mango, due di tapas. Essendo che non mi appassiona tanto la frutta esotica, abbraccio la seconda opzione e mi butto a capofitto da Anxoita (una trattoria che tiene la parola “anciova” nel nome non può sbagliare).

Pan con tomate (pane col pomodoro stricato), sarde salate, olive, bruschette con alici, pomodoro secco e pistacchi. È ufficiale, sono a casa e il duodeno e l’intestino crasso si mettono addritta per la standing ovation.

È proprio Bruno, il tutto fare, tra un vermouth servito e l’altro, a raccontarmi che Vàsquez Montalbàn è famoso soprattuto per il suo personaggio Pepe Carvalho, divenuto un vero e proprio simbolo di Barcellona.

Pepe, con un passato da militante antifranchista, dopo aver lavorato quattro anni per la CIA decide di mettersi in proprio e diventare un investigatore privato.

Il suo ufficio è sulla famosa Rambla e come assistente ha Biscuter, una sorta di storpio che vive nello sgabuzzino in compagnia di un paio di fornelli ed è un mago della cucina: un po’ come Adelina, la “cammarera”, per il nostro Salvo Montalbano.

L’esistenza di Pepe Carvalho, tra un caso e un altro, si districa sul travagliato rapporto sentimentale con la prostituta Charo e una vita fatta di eccessi tra alcol e cibo, come se non ci fosse un domami.

Le ricette del protagonista vengono descritte così minuziosamente e sono così famose, che lo stesso Vàsquez Montalbàn nel 1988 scriverà un libro intitolato: “le ricette di Pepe Carvalho”.

E così come Montalbano nostro non riesce fare a meno del ristorante Da Calogero, allo stesso modo anche Pepe non riesce a campare senza il suo Casa Lepoldo, divenuto in Spagna un vero e proprio luogo di pellegrinaggio, ancora oggi aperto.

Solo questione di coincidenze? Solo questione di puntini collegati male?

Va bene, a questo punto della storia non resta che dirvelo.

In realtà quello che legò Andrea Camilleri a Vasquez Montalbàn non fu solo una stima intellettuale o un gradimento per la sua penna, ma fra i due si instaurò anche una profonda amicizia, tant’è che quando lo spagnolo venne a mancare nel 2003 a causa di un infarto, Camilleri espresse pubblicamente il suo immenso dispiacere.

Fu proprio a Vasquez Montalbàn, dopo aver letto il romanzo “Il Pianista”, che il maestro di Porto Empedocle volle dedicare il suo personaggio principale chiamandolo proprio Montalbano.

È lui stesso a dichiarlo: «Ho battezzato il commissario Salvo Montalbano in onore di Manuel Vàzquez Montalbàn, il mio caro amico di cui oggi piango la scomparsa».

Non solo è storia nota tra spagnoli, ma apprendo con estremo piacere che molti di loro conoscono anche il nostro Salvo Montalbano.

Vermouth, vermouth, vermouth, il mio viaggio purtroppo è giunto alla fine.

Mi chiamano al gate, ma sono felice perché sono riuscito a procurarmi una copia di “Yo maté a Kennedy”, il primo della serie di Pepe Carvalho, in lingua orinale, di cui, vuoi per il capogiro, vuoi per il mio spagnolo camilleriano, leggerò forse quell’unica frase che tutto inizia, tutto finisce: "La complicidad europeísta de Jaqueline me halagabra…".
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