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In otto decisero le sorti dell'Italia: a Palermo chiusi nella "Camera di consiglio"

Un film che fa un esperimento e affonda il suo occhio nel dietro le quinte di uno degli eventi storici italiani più emblematici del Novecento. Ve lo raccontiamo

Tancredi Bua
Giornalista
  • 15 dicembre 2025

La Camera di consiglio

Era il 2016 quando la regista Fiorella Infascelli usciva al cinema con “Era d’estate”, il film con Massimo Popolizio e Beppe Fiorello calati rispettivamente nei panni di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. In “Era d’estate” i due magistrati venivano mostrati in una parte della loro vita che al cinema non era mai stata raccontata e che anche mediaticamente non aveva ricevuto grandi attenzioni: parliamo dell’estate del 1985, sull’isola dell’Asinara, in Sardegna, quando Falcone e Borsellino vennero trasferiti insieme alle loro famiglie per isolarsi da Cosa Nostra – che minacciava già di ucciderli – e, contestualmente, imbastire quello che passerà alla storia come il maxiprocesso di Palermo.

Ora, nove anni dopo "Era d’estate", il maxiprocesso torna protagonista nel nuovo film della regista romana, che firma “La camera di consiglio”, in uscita il 20 novembre per Notorious Pictures. Il film, una co-produzione targata Armosia, Master Five Cinematografica e Rai Cinema, racconta un altro «respiro profondo prima del grande balzo», tema che evidentemente affascina il cinema di Fiorella Infascelli (anche se in realtà, come ha rivelato in un’intervista, non era questo il film successivo a “Era d’estate” che aveva inizialmente pensato come suo prossimo lavoro). A Palermo, oltre all’Uci Cinemas, sarà proiettato al Lux di via Francesco Paolo Di Blasi, luogo legato emblematicamente al periodo delle guerre di mafia per l’omicidio di Boris Giuliano, il capo della Squadra mobile di Palermo freddato nel luglio del ’79 proprio dopo aver bevuto un caffè al bar Lux.

Nel cast – guidato da Massimo Popolizio nel ruolo del giudice a latere (nella realtà Pietro Grasso) e da Sergio Rubini nel ruolo del presidente della camera di consiglio più lunga della storia giudiziaria italiana (nella realtà Alfonso Giordano) – figurano i volti dell’attrice palermitana Stefania Blandeburgo, l’acitana Roberta Rigano, il mazarese Rosario Lisma, e poi ancora Claudio Bigagli, Anna Della Rosa e Betty Pedrazzi. Quattro uomini e quattro donne, chiusi in una camera di massima sicurezza dentro il carcere dell’Ucciardone, a Palermo (qui interamente ricreata con una scenografia in studio a Roma), che per più di un mese non ebbero alcun contatto col mondo esterno – niente televisione, niente radio, niente corrispondenza – e si trovarono a decidere in corte d’assise se assolvere o condannare i 470 imputati del maxiprocesso.

Questa la storia alla base de “La camera di consiglio”, un film dall’impostazione teatrale che nelle premesse sembra muoversi in un terreno simile a quello di “La parola ai giurati” di Sidney Lumet (lì le persone chiamate a decidere in una sorta di camera di consiglio, come ricorda il titolo originale, erano dodici) o il più recente “Giurato numero 2” di Clint Eastwood. Il caso affrontato, stavolta, ha a che fare però in maniera diretta con le sorti di un intero Paese: la posta in gioco per le otto persone chiamate a confrontarsi e decidere è la libertà stessa, la giustizia e il senso civico di una nazione.

A scriverlo, insieme alla regista Infascelli, lo sceneggiatore Mimmo Rafele e il giornalista Francesco La Licata, storico cronista che ha raccontato l’omicidio del magistrato Pietro Scaglione, del collega Mauro De Mauro, i processi e le guerre di mafia per L’Ora, il Giornale di Sicilia e la Stampa. Pietro Grasso, che per l’appunto fu il vero giudice a latere chiamato da Francesco Romano per il maxiprocesso, ha fornito la sua consulenza perché le vicende raccontate venissero mostrate col taglio più veritiero possibile.

Insieme al già citato “Era d’estate”, “La camera di consiglio” crea un dittico sull’attesa, ma anche sui lati meno conosciuti di una storia che dovrebbe essere raccontata nella sua interezza: come in un 45 giri di cui è più noto il lato A e che nessuno suona mai sul lato B, là dove “Era d’estate” mostrava una pagina sconosciuta della storia tante volte raccontata di Falcone e Borsellino, "La camera di consiglio" fa un esperimento e affonda il suo occhio nel dietro le quinte di uno degli eventi storici italiani più emblematici del Novecento che sia la serialità (“Il cacciatore” di Davide Marengo e Stefano Lodovichi) sia il cinema (la grande sequenza ambientata all’Ucciardone ne “Il traditore” di Marco Bellocchio) avevano sino ad oggi restituito mostrando solo la facciata già filmata e fotografata da giornali e reporter.
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