In Sicilia (non fu) un Natale come tanti: la più grande catastrofe naturale d'Europa
Alle 5 e 20 minuti e 38 secondi, una scossa di magnitudo 7.1 stabilì un prima e un dopo per la Città dello Stretto. Il racconto e i ricordi indelebili di quel tragico 27 dicembre
Il terremoto di Messina in una foto d'archivio
Tutto si svolgeva secondo le consuetudini e tradizioni. I bambini avevano opportunamente portato a conoscenza genitori e parentado dei loro desideri: bambole dai lunghi riccioli biondi, dai vestitini colorati, pentoline, tazzine, per le più ricche carrozzine in miniatura, per i maschietti gli immancabili soldatini, spadini, armi giocattolo.
Le donne si affaccendavano in elenchi di ingredienti da comprare per le canoniche 13 portate per il pranzo di Natale che avrebbe accompagnato gli ospiti in una maratona dalla durata di almeno 5 ore. Tra primi, secondi di carne e pesce, dove l’anguilla e la murena marinata erano i pesci più pregiati (le classi meno abbienti si accontentavano del pesce spada salato chiamato “currii”) contorni e dolci, il lavoro richiedeva almeno due giorni di preparazione.
Lavoro che per le classi più agiate veniva svolto dal Monsù coadiuvato dal personale addetto alla cucina. I presepi dall’8 dicembre erano stati allestiti, da padri o nonni. Quell’anno incominciarono a vedersi anche gli alberi di Natale, fino ad allora quasi esclusiva tradizione dei protestanti.
Pitrè ricorda la passeggiata di Gesù Bambino, il 25 di dicembre. Alle 2.00 del mattino Messina si svegliava assiepandosi nella piazzetta dalla quale sarebbe uscito il Redentore. Sotto il baldacchino tenuto da 6 assi e 6 anziani confrati in frac, un prete in cotta bianca teneva in braccio il Bambinello di cera “tra il tripudio della popolazione. Ogni bottega, ogni balcone e finestra s’illuminava di un lume a petrolio. Ondeggiante la folla accompagnava il bambino sino al Municipio”, da dove veniva impartita la benedizione al suono dell’Inno Reale.
In quel 1908, trascorso il Natale, i messinesi si preparavano per i festeggiamenti per l’anno nuovo, non perdendo di vista gli altri eventi che ci sarebbero stati prima del 31.
Al Teatro Vittorio Emanuele a prezzi ridotti, era prevista il 27 dicembre, la rappresentazione dell’Aida di Giuseppe Verdi, morto pochi anni prima, un evento che avrebbe permesso a tanti Messinesi di assistere all’opera. Inoltre sempre la domenica 27 ci fu l’inaugurazione della nuova illuminazione elettrica per le strade della Città, un evento a cui assistere; inoltre al Cinema Italia aveva proiettato il film comico muto, “L’Avvisatore del terremoto” … Ironia della sorte, furono i commenti a posteriori, peccato che il più delle volte la sorte è tutt’altro che ironica.
La sera del 27 non furono gli acuti del soprano ungherese Paola Koraleck (Aida) e del tenore Angelo Gamba (Radames), l’illuminazione, la pellicola, a entrare nei ricordi dei messinesi, furono solo gli ultimi momenti di festa. Non fu un Natale come tanti.
Alle 5 e 20 minuti e 38 secondi una scossa di magnitudo 7.1 stabilirà un prima e un dopo per la città. Moriranno circa 80.000 abitanti, crollerà il 90% degli edifici, una città quasi totalmente rasa al suolo, interessando un territorio esteso per 6.000 Km.
Fu una delle più grandi catastrofi sismiche verificatesi nel nostro paese che sorprese la popolazione nel sonno.
Non fu subito chiaro cosa fosse successo. L’evento, benché registrato dai sismografi in Italia e in Europa, non diede informazioni sul luogo preciso e tanto meno sulle conseguenze dell’evento. Questo fu il bollettino: «Le ampiezze dei tracciati sono state così grandi che non sono entrate nei cilindri: misurano oltre 40 centimetri. Da qualche parte sta succedendo qualcosa di grave».
La notizia all’inizio non fu compresa nella sua gravità. Il presidente del Consiglio Giovanni Giolitti nella tarda mattinata del 28 dicembre, così commentò: «L'ennesima fastidiosa lamentela meridionale per il crollo di qualche comignolo!».
Bisognerà attendere un giorno per avere il cordoglio delle Istituzioni. Come è noto i primi ad arrivare e prestare soccorso furono le navi russe e inglesi che si trovavano a largo di Siracusa e Augusta. Lo scenario che videro i primi soccorritori fu impressionante. I messinesi semivestiti vagavano nella città tra voragini e cumuli di macerie.
Dopo l’atroce risveglio si trovarono dentro una fitta coltre di polvere che oscurava il cielo e sotto una pioggia torrenziali. Andarono in fiamme case, edifici e palazzi ubicati nella zona di via Cavour, via Cardines, via della Riviera, corso dei Mille, via Monastero Sant'Agostino. Per sfuggire da esplosioni e incendi in tanti si diressero istintivamente verso il mare
Qui vi fu l’altro evento disastroso, un maremoto con onde stimate da 6 a 12 metri che causò ulteriori vittime; diversi moriranno trascinati al largo. E non solo finita la furia delle acque, quando queste si ritireranno, risucchieranno barche, cadaveri e feriti.
«Il villaggio del Faro a pochi chilometri da Messina andò quasi integralmente distrutto. Le onde porteranno via le case situate nelle vicinanze della spiaggia».
Tra le tante storie riportate risucchiando barche di quei tragici momenti, ci sono quelli degli artisti dell’Aida alloggiati al Hotel Trinacria dove fu inutile ogni tentativo di soccorso per chi era gravemente ferito a causa delle fiamme che si svilupparono. La soprano benché scampata alla scossa, terrorizzata dalle fiamme, si buttò dal balcone dell’Hotel morendo sul colpo. Il tenore, soccorso, si racconta che intonò con un fil di voce “O terra addio”, il duetto cantato qualche ora prima in Teatro, morendo poco dopo.
Non fu un Natale come tanti. Il terremoto di Messina è considerata la più grande catastrofe naturale europea (Lo ricorda così anche il Corriere della sera). Le festività del 1908, faranno parte dei ricordi indelebili e tragici, un evento in cui luoghi, vite, sogni e speranze, saranno spazzate in una trentina di secondi. Il Capodanno del 1909 vedrà prostrazione e senso di impotenza, necessità di pensare a un futuro ripartendo in senso letterale dalle fondamenta.
Quasimodo che aveva sette anni, così ricorderà in una sua poesia: «Il terremoto ribolle da due giorni, è Dicembre, d’uragani e mare avvelenato».
Le donne si affaccendavano in elenchi di ingredienti da comprare per le canoniche 13 portate per il pranzo di Natale che avrebbe accompagnato gli ospiti in una maratona dalla durata di almeno 5 ore. Tra primi, secondi di carne e pesce, dove l’anguilla e la murena marinata erano i pesci più pregiati (le classi meno abbienti si accontentavano del pesce spada salato chiamato “currii”) contorni e dolci, il lavoro richiedeva almeno due giorni di preparazione.
Lavoro che per le classi più agiate veniva svolto dal Monsù coadiuvato dal personale addetto alla cucina. I presepi dall’8 dicembre erano stati allestiti, da padri o nonni. Quell’anno incominciarono a vedersi anche gli alberi di Natale, fino ad allora quasi esclusiva tradizione dei protestanti.
Pitrè ricorda la passeggiata di Gesù Bambino, il 25 di dicembre. Alle 2.00 del mattino Messina si svegliava assiepandosi nella piazzetta dalla quale sarebbe uscito il Redentore. Sotto il baldacchino tenuto da 6 assi e 6 anziani confrati in frac, un prete in cotta bianca teneva in braccio il Bambinello di cera “tra il tripudio della popolazione. Ogni bottega, ogni balcone e finestra s’illuminava di un lume a petrolio. Ondeggiante la folla accompagnava il bambino sino al Municipio”, da dove veniva impartita la benedizione al suono dell’Inno Reale.
In quel 1908, trascorso il Natale, i messinesi si preparavano per i festeggiamenti per l’anno nuovo, non perdendo di vista gli altri eventi che ci sarebbero stati prima del 31.
Al Teatro Vittorio Emanuele a prezzi ridotti, era prevista il 27 dicembre, la rappresentazione dell’Aida di Giuseppe Verdi, morto pochi anni prima, un evento che avrebbe permesso a tanti Messinesi di assistere all’opera. Inoltre sempre la domenica 27 ci fu l’inaugurazione della nuova illuminazione elettrica per le strade della Città, un evento a cui assistere; inoltre al Cinema Italia aveva proiettato il film comico muto, “L’Avvisatore del terremoto” … Ironia della sorte, furono i commenti a posteriori, peccato che il più delle volte la sorte è tutt’altro che ironica.
La sera del 27 non furono gli acuti del soprano ungherese Paola Koraleck (Aida) e del tenore Angelo Gamba (Radames), l’illuminazione, la pellicola, a entrare nei ricordi dei messinesi, furono solo gli ultimi momenti di festa. Non fu un Natale come tanti.
Alle 5 e 20 minuti e 38 secondi una scossa di magnitudo 7.1 stabilirà un prima e un dopo per la città. Moriranno circa 80.000 abitanti, crollerà il 90% degli edifici, una città quasi totalmente rasa al suolo, interessando un territorio esteso per 6.000 Km.
Fu una delle più grandi catastrofi sismiche verificatesi nel nostro paese che sorprese la popolazione nel sonno.
Non fu subito chiaro cosa fosse successo. L’evento, benché registrato dai sismografi in Italia e in Europa, non diede informazioni sul luogo preciso e tanto meno sulle conseguenze dell’evento. Questo fu il bollettino: «Le ampiezze dei tracciati sono state così grandi che non sono entrate nei cilindri: misurano oltre 40 centimetri. Da qualche parte sta succedendo qualcosa di grave».
La notizia all’inizio non fu compresa nella sua gravità. Il presidente del Consiglio Giovanni Giolitti nella tarda mattinata del 28 dicembre, così commentò: «L'ennesima fastidiosa lamentela meridionale per il crollo di qualche comignolo!».
Bisognerà attendere un giorno per avere il cordoglio delle Istituzioni. Come è noto i primi ad arrivare e prestare soccorso furono le navi russe e inglesi che si trovavano a largo di Siracusa e Augusta. Lo scenario che videro i primi soccorritori fu impressionante. I messinesi semivestiti vagavano nella città tra voragini e cumuli di macerie.
Dopo l’atroce risveglio si trovarono dentro una fitta coltre di polvere che oscurava il cielo e sotto una pioggia torrenziali. Andarono in fiamme case, edifici e palazzi ubicati nella zona di via Cavour, via Cardines, via della Riviera, corso dei Mille, via Monastero Sant'Agostino. Per sfuggire da esplosioni e incendi in tanti si diressero istintivamente verso il mare
Qui vi fu l’altro evento disastroso, un maremoto con onde stimate da 6 a 12 metri che causò ulteriori vittime; diversi moriranno trascinati al largo. E non solo finita la furia delle acque, quando queste si ritireranno, risucchieranno barche, cadaveri e feriti.
«Il villaggio del Faro a pochi chilometri da Messina andò quasi integralmente distrutto. Le onde porteranno via le case situate nelle vicinanze della spiaggia».
Tra le tante storie riportate risucchiando barche di quei tragici momenti, ci sono quelli degli artisti dell’Aida alloggiati al Hotel Trinacria dove fu inutile ogni tentativo di soccorso per chi era gravemente ferito a causa delle fiamme che si svilupparono. La soprano benché scampata alla scossa, terrorizzata dalle fiamme, si buttò dal balcone dell’Hotel morendo sul colpo. Il tenore, soccorso, si racconta che intonò con un fil di voce “O terra addio”, il duetto cantato qualche ora prima in Teatro, morendo poco dopo.
Non fu un Natale come tanti. Il terremoto di Messina è considerata la più grande catastrofe naturale europea (Lo ricorda così anche il Corriere della sera). Le festività del 1908, faranno parte dei ricordi indelebili e tragici, un evento in cui luoghi, vite, sogni e speranze, saranno spazzate in una trentina di secondi. Il Capodanno del 1909 vedrà prostrazione e senso di impotenza, necessità di pensare a un futuro ripartendo in senso letterale dalle fondamenta.
Quasimodo che aveva sette anni, così ricorderà in una sua poesia: «Il terremoto ribolle da due giorni, è Dicembre, d’uragani e mare avvelenato».
|
Ti è piaciuto questo articolo?
Seguici anche sui social
Iscriviti alla newsletter
|
GLI ARTICOLI PIÚ LETTI
-
DIARI DI VIAGGIO
Non sei ai tropici ma in Sicilia: l'acquapark (naturale) tra rocce e piante fluviali
28.093 di Santo Forlì










Seguici su Facebook
Seguici su Instagram
Iscriviti al canale TikTok
Iscriviti al canale Whatsapp
Iscriviti al canale Telegram




