STORIA E TRADIZIONI
In Sicilia si chiede "chi ti misiru i morti": perché non temiamo i (cari) defunti
Il giro al cimitero, i racconti delle zie (alcuni anche inquietanti), poi i dolci e i regali. Da noi i "Morti" sono più di una festa, una tradizione da tramandare
La Festa dei Morti in Sicilia
La zia Ninetta ci portava spesso al cimitero, per cambiare i fiori, ripulire le tombe. Era un lungo giro, e tra un vaso sistemato e una lucidata di foto, ci parlava di ognuno di loro, alcuni non li avevamo conosciuti, e lei ci raccontava dei loro caratteri, dei loro sogni, di chi li aveva realizzati e chi no. Di chi aveva generosamente speso la vita per gli altri e chi aveva preso e preteso, e anche rovinato l’altrui esistenza.
- Chistu è u cumpari Mauro. Quantu ci nni fici vidiri a so povira mugghieri! passava assai tempu ‘ngalera picchì era ladru, e quannu era libbiru non travagghiava e spatti ci faceva i corna! E dda puviredda appi a crisciri du figghi a lacrimi e a llammichi….ma quannu morsi, idda ci fici sta bella tomba, picchì sempri so maritu era..
- Chistu è u figghiu du ziu Martinu, u cchiù ranni, pattiu pa guerra beddu giuvini e turnau ‘nta na cascia…
Da grande ho capito che zia Ninetta, quando raccontava, dimenticava che eravamo solo dei bambini. Quelle sue descrizioni, comunque ci collegavano con le radici del nostro mondo. Anche i regali che i morti ci portavano nella notte che precede il 2 novembre, creavano un affettuoso legame con chi a volte, non avevamo nemmeno conosciuto.
Ci sentivamo pensati, in modo benevolo e attento ai nostri desideri. La sera del primo di novembre, noi bambini lasciavamo ognuno una “cannistra”, sotto il letto. Si cercava di restare svegli per vedere chi ci avrebbe portato i regali, ma il sonno ha sempre vinto.
Al mattino, la cesta non era più sotto il letto e preda di una frenetica gioia frugavamo in tutta la casa, nell’aia, nel fienile, in cantina, in soffitta, alla ricerca dei regali. Anche i grandi partecipavano alle ricerche, lasciando abilmente a noi l’esultanza della “ scoperta” .
Di anno in anno, ovviamente i “nascondigli” cambiavano. Si “trovavano” giocattoli desiderati da tempo, fichi secchi farciti di noci, nocciole, castagne infornate, mostarda secca di uva e dolci chiamati “ossa i motti”.
- Chi ti puttanu i motti?
Tutti ci facevano questa domanda, anche quelli che avevano acquistato e posizionato i regali, per sentire e vedere la nostra felicità nell’elencare i doni ricevuti.
Allora come oggi nella settimana che precedeva la ricorrenza dei morti, si faceva pulizia straordinaria delle tombe, si mettevano più fiori e si accendevano più lumini. Una frenetica folla di visitatori intenti a ripulire e adornare.
Alcuni a cadenze regolari, perché per loro cambiare i fiori, mantenere un lumino acceso equivale alle cure che dedicavano in vita al defunto.
Altri, occasionali, perché lontani, impegnati, o per non suscitare critiche, e soprattutto nel giorno dei morti ostentavano i fiori e le illuminazioni più costose: «Pi l’occhiu da genti».
Il giro diventava più lungo, qualche fiore anche ai parenti più lontani. Era anche un’occasione per incontrare coloro che abitavano distanti, scambiarsi notizie. Sapere di nascite e morti.
Cogliere spezzoni di frasi del tipo:
- «Comu finemu ccà, passamu davanti a tomba du zu Alfiu, videmu si i so niputi u pinsanu, dopu tutti i soddi ca ci lassau….l’annu passatu non vinni nuddu, mancu in ritardu, controllaiu puru dopu du dui novembre, bbannunatu era e bannunatu ristau…
- «Vadda, na signora Cuncetta mancu na ciuritta e a tomba è china di cacati d’aceddu,…
- «Mettimiccilla na ciuritta, ndo figghiu da signura Nerina, ca idda ommai non po caminari e i so frati non ci pensunu»
- «Sulu io, ommai ci mettu na ciura no nannu Fulippu, comu moru puru io, sarà bbannunatu»
- «Don Totò si fici sta gran tomba, e non sa potti godiri, picchì ju a moriri in cuntinenti ‘nda figghia, e dda ristau picchì pi puttallu cca, custava assai»
- «Sbrighiti nonna, aiu primura, non pozzu spittari ca tu furrii tuttu u cimiteru»
- «Cu tutti i soddi ca annu, vadda chi tomba misera ca si ficiunu».
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