ARTE E ARCHITETTURA
Ispirò pittori, scultori e il (geniale) Vincenzo Florio: tutte le opere d'arte su Donna Franca
Esistono diversi capolavori che hanno cercato di immortalare lo charme e l’eleganza della vera “regina di Palermo”. Quella del cognato resta però la più particolare
Donna Franca Florio nel dipinto del cognato Vincenzo (Archivio Paladino-Florio)
Franca diversamente dal marito apparteneva a una famiglia aristocratica: il padre Pietro era barone di San Giuliano, la madre Costanza Notarbartolo era sorella del duca di Villarosa. La famiglia Jacona ostacolò in ogni modo il corteggiamento del giovane Florio, per via della sua pessima fama di donnaiolo; ma alla fine i due giovani innamorati non solo riuscirono a convolare a nozze, ma divennero in breve tempo una delle coppie più in vista della vita mondana della Belle Epoque: erano modelli di stile e a loro si guardava come al futuro della Sicilia.
Fra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento l’isola era una delle più frequentate stazioni climatiche d’Europa. La vita mondana e culturale della città era intensa. Ignazio tesseva delicati rapporti internazionali e la bella Franca, alta e statuaria, con un vitino da vespa, folti capelli scuri e insoliti occhi verdi, dotata di modi cordiali e grande fascino, circondata da uno stuolo di ammiratori, contribuiva a dare prestigio a Casa Florio, portando avanti gli interessi del marito.
Esistono diverse opere d’arte che hanno cercato di immortalare lo charme e l’eleganza della signora Florio, vera “regina di Palermo”. Uno splendido ritratto, che oggi fa parte della collezione privata Afan De Rivera Costaguti Florio, venne realizzato nel 1893 da Ettore De Maria Bergler: raffigura Franca, giovanissima e radiosa: le labbra sensuali pronte a dischiudersi in un sorriso, la pelle con un luminoso incarnato dorato, le lunghe ciglia che ombreggiano lo sguardo sognante. La signora Florio indossa vistosi gioielli, un bellissimo collier di Cartier con diamanti e perle e grandi orecchini pendenti. Franca scrisse sul suo diario “il ritratto tondo a tempera che De Maria mi ha fatto mi piace molto. Guardo lontano di profilo a tre quarti. Mi piacciono i colori e il modo in cui ha dipinto il choker di diamanti”.
Iconico è il ritratto di Franca dipinto nel 1901 all’Olivuzza dal pittore Giovanni Boldini, uno degli interpreti più sensibili e fantasiosi della Belle Époque. Il quadro, una volta terminato, non piacque a Ignazio, per la posa troppo “serpentina” e sensuale della moglie e chiese all’artista di modificarlo, cosa che Boldini fece mostrando donna Franca con un abito in pizzo nero a maniche lunghe quando lo espose alla Biennale di Venezia nel 1903. Nel 1924 Boldini modificò nuovamente l’abito di Franca e il ritratto nel 1928 venne venduto al barone Maurizio di Rotschild, figlio di Nathaniel che nel 1897 era venuto a Palermo, ospite dei Florio e che era rimasto incantato dall’affascinante signora Florio. Il quadro fu successivamente acquistato dalla Società Acquamarcia ed esposto a Villa Igiea. Nel 2017 è stato messo all’asta e ad aggiudicarselo sono stati, per oltre 1 milione di euro, i Marchesi Marida e Annibale Berlingieri.
Una scultura in marmo che raffigura Franca venne commissionata dai Florio all’ artista di fama internazionale Pietro Canonica. L’opera venne realizzata nel 1904, periodo in cui lo scultore appena trentunenne aveva raggiunto la piena maturità espressiva. Canonica eccelleva nei ritratti: era famoso per essere un raffinato interprete della psicologia dei soggetti rappresentati, ma Anna Pomar afferma che purtroppo non aveva simpatia per Franca.Il vivace mezzobusto che ritrae la signora Florio (a grandezza naturale, con un abito drappeggiato che fascia il corpo e con una mano che poggia su un frammento in marmo (con un bassorilievo raffigurante due cavalli che trainano una biga) non venne apprezzata dai Florio. Franca, non si riconobbe in quell’espressione superba, altera, fredda, distaccata, asettica. Conclude la Pomar: “il marmo aveva fissato la sua bellezza ma le aveva tolto l’anima”. Franca lo disse allo scultore e lui se ne risentì, così non volle dare ai Florio la statua. L’opera, che rimase di proprietà dell’artista, oggi si trova al Museo Canonica a Villa Borghese a Roma.
Un dipinto di cui poco si sa è quello del 1907, commissionato dai Florio al pittore abruzzese Francesco Paolo Michetti. L’artista eseguì degli scatti fotografici preparatori, per utilizzarli come studio per il ritratto. Il dipinto, che raffigurava solo il volto di Franca, non appagò le aspettative di Ignazio. Il pittore, indispettito, pensò di dipingervi sopra un mazzo di fiori. “Molti anni dopo” - scrive ancora Anna Pomar – “quando i Florio si trasferirono definitivamente a Roma, l’ultima figlia di Franca, Giulia, allora giovinetta, venne a sapere che la tela dove un tempo era stata effigiata sua madre era in possesso di una signora romana, che abitava nel rione. Le chiese di poter rivedere il quadro ed ebbe la gradita sorpresa di scorgere tra i fiori, appena sfumato, uno splendido volto di donna".
Tra tutti i ritratti di Franca, il più bizzarro è sicuramente quello dipinto dal cognato Vincenzo (1883-1959): personaggio “sereno, arguto, indifferente al corso delle cose”, così lo descriveva Leonardo Sciascia. Alla genialità e all’ inventiva di Vincenzo si devono iniziative mondano turistiche sportive come La Primavera Siciliana e la Targa Florio. Nel 1939 impiantò all’Arenella una piccola industria di anisette, bitter, curacao, menta e disegnò lui stesso l’insegna perché, oltre ad essere appassionato di sport e automobili, Vincenzo Florio era pure “talentuoso artista dilettante”, poliedrico ed eclettico, amava la fotografia e la pittura: fino alla morte avvenuta nel 1959 non smise mai di disegnare e di dipingere tutto quello che gli capitava sott’occhio.
Nell’arte come nella vita, Vincenzo amava sperimentare diverse tecniche: oli, acquarelli, tempere e disegni autografi. Dipingeva brani storici, episodi di vita, alcuni scorci dell’abitazione di Roma, e ancora la Targa Florio. Molti sono i ritratti caricaturali di parenti e conoscenti che rivelano il carattere umoristico e satirico della personalità di Vincenzo. Tra questi si trovano spesso anche diverse versioni di Franca: ormai matura, con i capelli alla garconne e gli occhiali da vista, mentre fuma una sigaretta ad esempio; oppure stanca, col trucco disfatto, dopo una serata mondana (Sciascia scrive: “un giorno, su un foglietto di carta poco più grande di un biglietto da visita, Vincenzo disegna a matita un volto di vecchia. (…): “Franca come si ritirò ieri sera”). Un’altra caricatura ancora, dal titolo La femme et les Pantin (La donna e i pupi), liberamente ispirata al raffinato ritratto di Boldini, raffigura Franca ancora giovane e bella, in posa “serpentina”, con l’abito con le maniche lunghe che indossava nel quadro del 1901 e con la sua celebre collana di perle, che le arrivava fin quasi alle caviglie, con un piccolo ciondolo a forma di pupazzo stilizzato.
La caricatura rappresenta la capacità di Franca di ammaliare gli uomini, facendoli diventare “pupi” manovrabili, burattini nelle sue mani. Come ebbe a scrivere D’Annunzio in merito alla signora Florio: “Non la volontà ma la Natura l’ha creata dominatrice. Ella ha nelle sue mani d’oro tutto il bene e tutto il male”. Il ritratto si trova oggi alla Tonnara Florio, all’Arenella, ultima residenza di Vincenzo e della moglie Lucie.
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