La Sicilia come la piccola Malta, l'economista Busetta: "Cosa manca al turismo per volare"
Presenze in calo negli alberghi a Palermo, si accende il dibattito. "L'Isola ha un quinto dei turisti del Veneto. Ecco come il settore può diventare un'industria"

Alcuni turisti in Cattedrale a Palermo
Come dire: litigare su piccoli numeri serve a poco. Secondo Busetta, professore ordinario di Statistica economica all'Università di Palermo, il capoluogo e tutta l'Isola avrebbero tutte le carte per ambire a ben altri traguardi. «Come è possibile che la Sicilia fa 15 milioni di presenze l'anno esattamente come Malta? Dovrebbe farne 100 milioni o 80 milioni, quanti ne fa il Veneto».
Emblematico il caso di Palermo, dove i dati raccolti da Federalberghi dicono che ad agosto il numero delle presenze negli alberghi è calato del 10%. E crescono le disdette causate dai timori sulla mancanza di sicurezza. «Gli episodi che si sono verificati a Palermo hanno avuto un'eco internazionale, grande risalto nei media tedeschi, francesi e spagnoli».
Anche se i dati dicono che i casi di criminalità sono più bassi di quelli registrati in altre grandi città, secondo Busetta «i fatti di Palermo hanno avuto più clamore, anche perché spesso il bersaglio erano proprio i turisti. La diffusione di queste notizie è stato un colpo per un turismo che già non aveva numeri così importanti».
Altro che overtourism. «Non abbiamo certo le presenze di Venezia o Firenze - continua Busetta -. A Palermo c'è una concentrazione di turisti solo in alcune zone, per esempio in via Maqueda. Invece il turismo dovrebbe essere organizzato meglio e distribuito in modo omogeneo anche in altre aree della città. Un esempio positivo è quello del Molo trapezoidale».
Che altro manca al turismo in Sicilia per decollare? «Andrebbe trasformato in un'industria turistica - commenta l'economista -. Rimini lo ha fatto e le presenze sono altissime. Non contano solo la bellezza dei luoghi e i beni culturali. Sono un elemento importante, certo, ma serve anche altro. Serve organizzare con più attenzione il fenomeno turistico con obiettivi annuali e multiplicare il numero dei voli aerei».
E cita Trapani. «In quella provincia le presenze sono cresciute grazie al ruolo dell'aeroporto. Il volo da Porto a Trapani per esempio è sempre pieno. Quindi bisogna investire sugli aeroporti. E il fallimento dell'esperienza di Comiso va analizzata in modo corretto, se non ha avuto un impatto positivo è solo perché non è stato sfruttato adeguatamente».
Nuovi aeroporti? «Certamente ne andrebbe realizzato uno ad Agrigento - insiste Busetta -. Non ci vuole molto. Servono 2 km di strada più i capannoni. Se gli aeroporti non diventano uno strumento di consenso per la classe dominante estrattiva, allora sono uno strumento per far decollare i territori, come è successo a Lampedusa o a Pantelleria».
Il primo passo per trasformare il turismo in un'industria, dunque, secondo Busetta è potenziare le infrastrutture. «Oltre agli aeroporti anche le strade e le ferrovie. E garantire servizi essenziali efficienti, come acqua energia, e valorizzare attività culturali importanti che già abbiamo come, per esempio, i teatri di Siracusa, il Massimo di Palermo, il Bellini di Catania».
Iniziative apparentemente scontate, ma se il turismo in una terra come la Sicilia non raggiunge traguardi come in Veneto qualcosa non funziona. «Un aiuto potrebbe arrivare dal Ponte - commenta l'economista -. Manca solo l'ok della Corte dei Conti che deve verificare se i costi sono interamente coperti. Ma l'opera ha già portato i primi risultati».
Ovvero? «Webuild, il gruppo italiano che costruirà il Ponte, sta già realizzando in Sicilia l'alta velocità sugli assi ferroviari Messina-Catania-Palermo. Se per esempio facciamo la Palermo-Catania in un'ora, la nostra percezione delle ferrovie nell'Isola cambia. Con queste opere migliora anche il nostro rapporto con uno Stato che ci ha sempre considerati una colonia interna, dove non fare nulla».
Se la Sicilia coglie quelle che Busetta definisce «opportunità incredibili», ne tra vantaggio anche il turismo. «Vanno create le condizioni affinché la gente dica che stare da noi significa stare bene. Infrastrutture, sicurezza, cultura, servizi essenziali ma anche un'assistenza sanitaria adeguata. In questo contesto è apprezzabile l'operazione avviata dalla Regione sulla fiscalità di sviluppo per agevolare il trasferimento in Sicilia di cittadini europei».
Ti è piaciuto questo articolo?
Seguici anche sui social
Iscriviti alla newsletter
|