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Lo conosci per le ciliegie, ti svela paesaggi unici: il tour (al fresco) in un borgo in Sicilia

Il borgo regala frammenti di passato che raccontano un vissuto lontano dalla modernità. I quartieri sono nicchie colorate, “cuntanu li cunta”: vi ci portiamo

Salvatore Di Chiara
Ragioniere e appassionato di storia
  • 6 agosto 2025

Borgo di Chiusa Sclafani

“A Chiusa, si si chiantanu potati, nascinu musicanti”. Il detto la dice lunga, scopriamolo insieme! La statale 188 è un qualcosa d’indescrivibile, unica nella sua specie. Potremmo chiamarla la “Strada dei Borghi” o dei “Misteri Storici".

Superati i comuni di Sambuca di Sicilia e Giuliana, il prossimo a “entrare nei cuori” dei turisti è Chiusa Sclafani. Conosciuta per le ciliegie, proviamo a entrare in punta di piedi e raccontare il paese nella sua bellezza.

Non inganni l’altitudine (658 m.s.l.m.), sull’Omo Morto ciucia lu ventu bonu. Facente parte del Parco dei Monti Sicani, lungo la statale si avverte un certo “languorino storico” e non solo! Terra di musicanti e di grandi scultori dicono le fonti.

Sin dai primi passi siamo accompagnati da un leggero “pezzo silenzioso”. Strano, vero? Il piccolo centro apre a scenari invidiabili, quasi fiabeschi. Architetture immense e chiese abbandonate. Bellezze artistiche e stradine strette. Lo spopolamento ha aperto una voragine e noi, umili turisti, ci lasciamo prendere dalla magnificenza. È meraviglioso.

Nella piazzetta principale (Castello) pulsa l’anima chiusese. Prima di addentrarci nelle viuzze limitrofe, è cosa buona e giusta dare un’occhiata al “decadimento” del vecchio castello. Si entra in un cortile per ammirare quel che rimane dell’antico insediamento. È stato inglobato da strutture successive e tipologicamente diverse.

Un paio di scatti e diamo inizio alla nostra visita. Si erge la Chiesa di San Sebastiano con il campanile “mezzo” diroccato. Semplice all’esterno, all’interno è a un’unica navata. Custodisce una serie di capolavori del Serpotta.

Sono presenti quattro quadri che indicano la “Presentazione nel Tempio”, “l'Apoteosi di San Gaetano”, il “Martirio di San Bartolomeo” e il “Martirio di San Lorenzo”.

Nonostante una condizione deficitaria, il campanile presenta un nitido paramento murario di conci calcarei a opus incertum.

Chiusa spinge il curioso a non lasciarsi ingannare dal silenzio. I "pelosetti a quattro zampe" sono vere istituzioni. Ci accompagnano, fanno le fusa e diventano le guide gioiose di cui ricorderemo a lungo. Irrompe con la sua imponenza il Monastero di San Leonardo.

Immenso e maestoso! E che salita! Fu costruito nel 1421 nella parte alta del paese dai frati Olivetani di S. Maria del Bosco. Anch’essa ha un’unica navata.

È decorata con stucchi dorati coperta da volte a botte. Il prospetto presenta un elegante portale settecentesco. Da lassù la prospettiva è invidiabile.

Profumini squisiti giungono dalle abitazioni del paese. La scelta è ardua, siamo alle solite! Un anziano si affaccia alla finestra e ci osserva. Guarda, scruta e sorride. Magari pensa al passato, ai tempi che furono.

Bisogna assaggiare qualcosa. Un piatto di pasta con le sarde? O le tagliatelle di grano duro con frittelle di fave? Magari li maccarruneddi fatti a mano e conditi con sugo di brusciuluna.

Accompagnati da un bel formaggio di pecorino e tante ciliegie. Per chi decidesse di concludere con il dolce, il cannolo alla cannella chiude il cerchio. Rintoccano le campane.

Un suono a tratti fioco. I detti popolari dicono che molti anni fa, durante lo scampanellio, i chiusesi coprivano le campane con le lenzuola.

Per quale motivo? «Chi ddi di dà u nna vannu a sentiri nenti». Il riferimento era per i paesi limitrofi! La storia ha un ruolo di primissimo piano a Chiusa (le fonti sono testimoni di origini e ipotesi diverse).

A partire dal Trecento - grazie al conte Matteo Sclafani - che ampliò il casale preesistente del periodo medievale “Chiusa la Vecchia”, a circa due chilometri dal centro abitato.

Con alcune famiglie nobiliari, il paese conobbe periodi di massimo splendore. Appunto gli Sclafani e poi i Peralta, Cardona, Gioeni e Colonna di Paliano.

La passeggiata continua, non possiamo rimanere inermi di fronte alla Chiesa Madre. Dedicata a San Nicola di Bari, è a Croce Latina.

È presente una tela di Cornelio Fiammingo, che rappresenta l’Adorazione dei Magi con San Marco. Tra copie di Raffaello (di autore ignoto), di Gaspare Castelli, dei Gagini e fra Benedetto Valenza, l’edificio regala capolavori di assoluta capacità pittorica.

Da non perdere le chiese di Sant’Antonio Abate, Santa Caterina (con un’acquasantiera del 1500) e quella di Santa Maria dell’Assunta (con facciata barocca). Di fronte allo sfarzo architettonico siamo nudi, sprovvisti.

Il borgo regala frammenti di passato che raccontano un vissuto lontano dalla modernità. I quartieri sono nicchie colorate, “cuntanu li cunta” e tendono la mano ai curiosi.

E tra un passo e l’altro, ecco la signora Giuseppina. Ha 80 anni circa. Stende i panni. A una domanda risponde con una risposta breve e lineare: «Chiusa è lu megghiu paisi di la Sicilia. Sugnu innamurata di li ciliegi e di li chiesi. Nascivu ccà e morirò ccà!».

Poche parole che rendono l’idea (esatta) di una comunità radicata nelle tradizioni. Quelle che oggi sono state abbandonate. Chiusa Sclafani è più di un’idea. Una perfezione avvicinata e mai raggiunta.

Manca qualcosa, un tassello, un evento che stravolga definitivamente l’intera società chiusalina. Magari una collaborazione con le vicine Giuliana e Bisacquino? Un polo culturale che abbracci l’intera area?

Senza dimenticare la frazione di San Carlo. Perché non consolidare la “Via dei Borghi” come nuova attrattiva del 2026? Ai posteri l’ardua sentenza.
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