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Lo mangiano in Puglia ma si faceva in Sicilia: la ricetta (dimenticata) del Milinfanti

Una pastina di origine molto antica, che veniva preparata lavorando la semola sul palmo della mano, proprio come il cous cous. Vi raccontiamo come prepararla

Maria Oliveri
Storica, saggista e operatrice culturale
  • 9 agosto 2025

Un piatto di Milinfanti (o Milaffanti, come li chiamano in Puglia) - foto di Spizzica in Salento

Gli studi archivistici sull’alimentazione nei secoli passati in Sicilia non smettono mai di rivelare qualche piccola sorpresa.

Dalla lettura dei registri di spesa dei monasteri emerge ad esempio che già nel Seicento i nostri antenati consumavano quotidianamente molti carboidrati: pasta (maccaroni, tagliarini, gnocculi), cous cous (cuscusu), riso e Milinfanti o Melinfante (in italiano Millefanti).

Il Milinfanti è una pastina per minestra, di origine molto antica: probabilmente veniva consumata già nel Medioevo. Si ottiene lavorando sul palmo della mano la semola, ricavando palline di diversa grandezza, che verranno poi cotte nel brodo.

G. Alessio, autore di una Storia linguistica dei maccheroni, fa derivare l’etimologia dal tardo latino bonifatus, poi toscano manifatoli, senese-aretino bonifatali o bonifatoli, tarantino melinfante, per trasformarsi in Sicilia in melinfanti o milinfanti.

Si legge nel Vocabolario siciliano – italiano di Giuseppe Biundi del 1816: “Milinfanti: composto di semola ed uova simile al cuscusu”; mentre aggiunge Traina, nel suo Nuovo Vocabolario Siciliano italiano del 1868, che in alcuni luoghi della Sicilia il melinfanti più grosso appellasi “capuliata”.

Dal momento che il milinfanti in brodo è un piatto sano, leggero e digeribile, ma anche nutriente, sappiamo che a Palermo veniva cucinato per gli ammalati (Statuto per lo servizio interno dello Spedale Civico di Palermo, 1843).

Ecco come veniva preparata anticamente la minestra di Milinfanti nel 1807:

«Si prende la semola, ovvero il pan bianco grattato, s’impasta con rossi d’uova, con un poco di petrosino minutamente tritato, e con un poco di sale, e pepe, e piacendo di potrà mettervi ancora odore di zafferano.

Di tal pasta si faranno pezzetti, come acini di miglio, o di grano: si sogliono fare con la palma della mano, e rappando la pasta: si fanno cuocere bene, in buon brodo, ed abbondante, e si apparecchiano con parmigiano sopra o caciocavallo».

La ricetta è tratta da “La fisica Appula” di Michele Angelo Manicone: oggi il milinfanti non viene più preparato in Sicilia, ma il suo consumo è ancora diffuso in Puglia, specialmente nel Salento, dove viene chiamato “milaffanti” o “tridda” .

Per chi si volesse cimentare nella preparazione del piatto ecco qui di seguito la ricetta moderna.

Ingredienti
300 gr. di semola di grano duro,
3 cucchiai di formaggio grattugiato tipo caciocavallo o pecorino,
3 uova,
prezzemolo a piacere,
sale & pepe q. b.

Procedimento
Rompete le uova in una ciotola e unite il formaggio grattugiato, il prezzemolo tagliuzzato fine, il pepe e un pizzico di sale. Amalgamate tutti gli ingredienti insieme sbattendo bene con una frusta.

A parte ponete la semola di grano a fontana su un piano di lavoro e ponete al centro il composto di uova e formaggio battuto. Iniziate ad impastare a mano, portando la semola dall'esterno verso il centro, fino a quando non avrà assorbito le uova. Sbriciolate il composto con i palmi delle mani per ottenere dei granellini.

Lasciate riposare i Milinfanti, ad asciugare, per circa 1 ora. Trascorso questo tempo, se notate dei granelli ancora troppo grandi sbriciolateli: cercate di ottenere delle palline più o meno della stessa grandezza. Bisogna cuocere questa pastina nel brodo di carne che avrete precedentemente preparato in un largo tegame.

Quando il brodo sarà bollente, versate la pastina e cuocetela per circa 15m. Servite il vostro piatto di Milinfanti in brodo caldo e fumante.
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