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BlueBrass: il jazz suona “newyorkese” con Mark Turner

  • 11 gennaio 2005

Di nuovo internazionale l’appuntamento al Blue Brass, con “Fly”, il progetto musicale del trio del giovane sassofonista post-bop Mark Turner, il cui poderoso ed elegante tenore farà echeggiare delle proprie note il Ridotto dello Spasimo, venerdì 14 gennaio (ore 21.30, ingresso 10 euro). Rappresentante della “new-thing” newyorkese, che con estro melodico e ricco fraseggio ha saputo far propria la lezione coltraniana, grazie anche all’opportunità di poter suonare nei più famosi clubs del Greenwich Village, Turner porta idealmente avanti l’approccio estetico di sassofonisti come Warne Marsh e Lennie Tristano, nonché Joe Lovano, infondendo una sonorità fresca e potente ad uno strumento che, inizialmente trascurato perché ritenuto “pesante” e poco versatile, continua ancor oggi a sorprendere per le sue molte sfaccettature espressive.

E dal suo strumento e dal suo suono Turner ha tratto quasi una filosofia di vita, meditativo tanto sul palco che nella vita privata, ogni nota pensata così come ogni passo della sua brillante carriera, partita condividendo insieme ad altri talentosi giovani musicisti (Seamus Blake, Joshua Redman e Chris Cheek) importanti esperienze formative sulle pedane dei grandi clubini newyorkesi: non a caso il suo incontro con i musicisti che da sempre lo accompagnano – come pure in quest’occasione: Larry Grenadier al contrabbasso e Jeff Ballard alla batteria – avviene proprio in questo contesto, così come quello con il più noto collega sassofonista Joshua Redman, figlio (d’arte e di strumento) di quell’apprezzatissimo Dewey già membro del quartetto del grande Ornette Coleman dal ’67 al ’74 e co-fondatore con Don Cherry, Ed Blackwell e Charlie Haden del gruppo “Old and New Dreams”. E nei dischi di Redman figlio Turner lascia anche la propria impronta (“Beyond”, 2000), parte integrante del sound che li caratterizza, così come insieme i due neri saxplayers figurano nei lavori di Aaron Goldberg (“Turning point”, 1999). Il suo suono a tratti anche lirico ha pure arricchito gli album di jazzisti del calibro di Lee Konitz, Jimmy Smith, James Moody, Guillermo Klein, John Patitucci.

Doveroso ricordare anche l’appuntamento del successivo sabato 15 (ore 21.30, ingresso 5 euro), per celebrare il “primi” settant’anni di uno dei capiscuola del jazz palermitano, il vibrafonista Enzo Randisi, il quale si darà ad una delle sue coinvolgenti performance, contornato da quei musicisti – davvero tantissimi – cui ha trasmesso, nel corso della sua carriera, l’amore per questa stupenda musica, e che oggi fan parlare di sé nei grandi circuiti del jazz.

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