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"Bougez pas Bouger", tra giochi e voli una metafora della vita

  • 27 gennaio 2006

Giochi spettacolari, voli mozzafiato, gesti essenziali. Il superamento dei limiti corporei vede l’impossibile realizzarsi, il tutto filtrato attraverso la grazia di movimenti leggiadri. Su un palcoscenico teatrale, l’acrobazia incontra la giocoleria e insieme sposano la danza, il teatro ed il mimo. Nasce così “Bougez pas bouger”, uno spettacolo straordinario realizzato ed interpretato dal francese Sèbastien Dault e dal giapponese Keisuke Kanai, della compagnia Oki Haiku Dan Parigi, che da mercoledì 1 a sabato 4 febbraio 2006 mettono in scena al Teatro Libero (salita Partanna 4, costo del biglietto 12 euro, ridotto 8 euro per gli under 25, consigliata la prenotazione telefonica) alle ore 21.15. Due corpi che si muovono, uno gioca e danza richiamando all’attenzione il fanciullo che è in ognuno di noi, l’altro vola e danza con un trapezio, dando così voce al più antico desiderio dell’uomo, quello di vedere cioè la propria anima elevarsi e allontanarsi dai rumori del mondo. Due opposti che si affrontano, la messa in atto del mobile che entra in contrasto con l’immobile e la coniugazione con l’infinito.

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Un trapezio Washington al centro del palco che costituisce una linea aerea e due corpi che generano dai loro movimenti linee curve. Da tutto ciò nascono coreografie bizzarre, divertenti, che seguono il ritmo della poetica ondulazione del trapezio. Uno spettacolo intimista, ricco di metafore. Nel voler raggiungere la felicità, infatti, l’uomo mette in atto anche incosciamente tanti svariati tentativi. Così avviene sul palco. I due interpreti cercano di entrare in contatto, ma per quanto ci provino non giungono mai ad una intesa. Ma l’uomo, si sa, è ostinato e non si ferma fino a quando non raggiunge il suo obiettivo. I due artisti non si lasciano demoralizzare e alla fine riescono a trovare un equilibrio, una mediazione, un contatto e a raggiungere un’armonia. Geniale trasposizione di quella che è la ricerca costante e continua dell’uomo, scalata verso ciò che potrebbe essere la felicità. Un’incontro d’arte dove la poesia prende le forme dell’autoironia. Nel tentativo, infatti, di innalzarsi, l’uomo corre il rischio di cadere, smarrirsi, rotolare. L’importante è comunque provarci senza smarrire mai quel dono che l’essere umano, equilibrista e giocoliere della vita, possiede: quello di saper sorridere, sempre e comunque.

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