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Filippo Messina, l’inaspettata poesia dei non-luoghi

  • 22 maggio 2006

“Passing sites” è il titolo della prima personale del giovane fotografo palermitano Filippo Messina, inauguratasi sabato 20 maggio da Velarredo (Via Principe di Belmonte 7, ingresso Via La Masa 40/42, visitabile fino al 30 maggio). Tale mostra rientra nel programma del “Genio di Maggio”, iniziativa legata all’ormai celebre manifestazione artistica ideata da Eva Di Stefano che promuove giovani artisti palermitani, e che nella passata edizione ha visto istituire un nuovo premio, quello del pubblico, andato per l’appunto a Messina e sponsorizzato proprio da Vellaredo.

Con queste sette foto di grande formato, il giovane artista intraprende quasi una sfida personale, quella cioè di provare a trovare una marca estetica, un non so che di poetico a luoghi, o meglio non-luoghi, il cui squallore allontana normalmente il nostro sguardo. Messina invece si ferma volontariamente in questi “luoghi di passaggio”, ne fa oggetto di studio, ne sperimenta i contrasti e gli inaspettati risultati, come quando si ferma un raggio di sole a cambiare completamente l’immagine di insignificanti detriti industriali, o quanto la Natura, acqua, cielo, terra, possa sembrare ancora più bella e sublime in cornici così desolate. Lo sguardo attento del fotografo vuole fermare il tempo lì dove il tempo è stato più implacabile, con la sua lenta opera di devastazione, quasi volesse punire quello che di peggiore possa fare l’uomo: rovinare con le sue stesse mani l’ambiente in cui vive. Difatti nelle foto di Filippo Messina si avverte una silenziosa ma tagliente denuncia a questi mostri che popolano il paesaggio siciliano (nello specifico: Priolo, Campofelice di Roccella, Termini Imerese).

Facendo di queste “cattedrali nel deserto”, così come le chiama Marina Giordano nel testo critico della mostra, oggetto di un raffinato lavoro artistico, Messina è riuscito a regalare dignità e fascino a luoghi dimenticati e spettrali, fissandoli in immagini che molto ricordano il minimalismo, per la pulizia e il rigore formale delle linee geometriche degli edifici, ma che ancor di più sono ascrivibili all’arte processuale, dove fondamentale è l’indeterminazione del processo, che in questo caso è quello del tempo e della natura, entrambi protagonisti di queste curatissime foto che il pubblico palermitano ha giustamente voluto premiare.

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