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Il mare di Sicilia è la "nursery" degli squali: trovato un esemplare di squalo Mako

Nelle acque siciliane si registra la più alta presenza di squali bianchi e di giovani esemplari: i ricercatori considerano il Canale di Sicilia come una "nursery"

  • 17 novembre 2017

Uno scatto del "National Geographic"

All'inizio di novembre un giovanissimo esemplare di squalo mako (Isurus oxyrhincus) è stato catturato, non si sa bene se accidentalmente, nelle acque di Selinunte.

La notizia di per sé non deve lasciare il lettore sorpreso: lo squalo mako è un abitante fisso del mar Mediterraneo, come testimoniato dai numerosi avvistamenti e dalle tristemente frequenti catture.

Allo stesso modo, la presenza di questo splendido animale nei nostri mari non deve impaurire: secondo l’International Shark Attack File, dal 1847 a oggi, sono soltanto 13 gli attacchi ad esseri umani documentati con certezza nelle acque italiane.

Di questi, tre sarebbero da imputare alla verdesca (Prionace glauca), uno al capopiatto (Hexancus griseus) e tutti gli altri al grande squalo bianco (Carcharodon carcharias). Nessun record relativo allo squalo mako.

Oltre le statistiche, bisogna ribadire che l’uomo non rientra nella dieta tipica degli squali, siano essi squali mako o bianchi. Come ogni predatore all’apice della catena alimentare, gli squali si cibano di un ampio spettro di prede tra cui pesci cartilaginei, cetacei, pinnipedi, uccelli marini, fino ai molluschi e ai rettili marini.
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Gli squali non sono di per sé "mangiatori di uomini" e gli attacchi documentati in giro per il mondo possono essere legati ad alcuni fattori come l’errore nel confondere un surfista o un nuotatore per una foca o una preda animale in movimento, la difesa, qualora si sentano minacciati, o chiaramente la fame, specie dopo lunghi periodi passati a digiuno.

È logico che, aumentando la pressione antropica nei nostri mari, le possibilità di un incontro aumentano e così anche quelle di un attacco.

La presenza degli squali nel Mediterraneo lascia ben sperare per la salute del nostro mare; tuttavia alcune specie sono in forte declino.

Come dimostrato da un recente studio pubblicato sulla rivista americana "Fish Biology and Fisheries" e realizzato anche da alcuni ricercatori italiani, tra catture e avvistamenti è stato dimostrato che la presenza dello squalo bianco nel Mediterraneo è in sensibile diminuzione.

A dispetto di questa tendenza, l’ultimo avvistamento di un grosso esemplare risale soltanto a qualche giorno fa nelle acque del Mare Adriatico: un incontro estremamente raro quanto emozionante.

Ma è proprio nelle acque siciliane che si registra la più alta presenza di squali bianchi e in particolare di giovani esemplari. I ricercatori considerano il Canale di Sicilia sia una vera e propria "nursery area", ovvero una zona dove le femmine gravide vengono a partorire e dove i piccoli trascorrono i primi periodi di vita.

Una condizione che potrebbe essere valida anche per gli esemplari di squalo mako, vista la giovanissima età dell’esemplare pescato qualche giorno fa nel trapanese.

Dalla nursery di squali bianchi, e possibilmente mako, alla colonia stanziale di squali grigi a Lampione, dal corallo nero alle gorgonie: il Canale di Sicilia si conferma un vero e proprio santuario di biodiversità, come già testimoniato dai risultati del programma di ricerca finanziato dal Ministero dell’Ambiente e svolto dall’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) sin dal 2009.

Un progetto, quello relativo alla protezione dell’ambiente marino del Canale di Sicilia, che dovrebbe essere prioritario per il Governo regionale e nazionale, al fine di conservare e proteggere questo patrimonio unico di biodiversità per le generazioni future.
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