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La macchia umana: tra due solitudini

Con la sapienza narratrice di un romanziere ottocentesco, Robert Benton tiene le fila di un racconto complesso e ricco, che rende giustizia al libro da cui è stato tratto

  • 26 dicembre 2003

La macchia umana (The human stain)
Usa 2003
Drammatico romantico
Di Robert Benton
con Nicole Kidman, Anthony Hopkins

Faunia (Nicole Kidman), una donna bellissima e maledetta a causa della sua stessa bellezza, che l’ha costretta a subire le attenzioni lubriche del patrigno quando lei era ancora una bambina, scappa di casa quando ha appena quattordici anni. Da quel momento la sua vita si consuma nel sudore di lavori umili ed in un progressivo incattivimento che le viene da relazioni con uomini che non le sanno dare la comprensione ed il rispetto che le sono sempre mancati. La sua vita raggiunge il culmine di orrore nel momento in cui, a causa di un tragico incidente, perde entrambi i suoi giovanissimi figli, avuti da un marito mentalmente instabile a causa della sua lunga permanenza in Vietnam, che la maltratta fino a picchiarla violentemente. Coleman Silk (Anthony Hopkins) è un professore e preside universitario che ha a che fare con un ambiente edulcorato e moralmente integgerimo – almeno in apparenza. L’incontro e lo scontro di questi due individui circondati da un’identica solitudine, genera un corto circuito che li rivelerà più simili di quanto non avessero creduto.

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Con la sapienza narratrice di un romanziere ottocentesco, Robert Benton tiene le fila di un racconto complesso e ricco, che rende giustizia al libro da cui è stato tratto – cosa che poche riduzioni cinematografiche sono in grado di fare. La prima parte del film si presenta come un lungo prologo in cui vengono presentati i personaggi, ed un buonismo di fondo sembrerebbe preludere ad uno sviluppo più scontato di quello a cui in realtà si assisterà. Anthony Hopkins, maturo e carico come un frutto sul punto di staccarsi dal suo ramo, regala al ruolo del preside Coleman Silk un’umanità ed uno spessore toccanti mentre lo splendore della selvaggia femminilità di Faunia, un’incantevole Nicole Kidman, lascia rapiti.

Nella prima parte il regista fa sentire la sua presenza di narratore onnisciente con inquadrature virtuose e movimenti di macchina avveniristici ma presto si assesta su angolature più neutre -  seppur attente ai dettagli – lasciando spazio ad una più diretta comunicazione tra attore e spettatore, come vuole la tradizione del cinema classico. In effetti “The Human Stain” si inscrive a pieno diritto nella longeva e sempre viva tradizione della vecchia scuola hollywoodiana – che risale su fino ai lungo metraggi di David Wark Griffith – che vuole che si racconti una bella storia e che la si sappia raccontare senza falle e sbavature. Un’opera di alto artigianato o un’opera d’arte? Difficile a dirsi. Chi ha amato i romanzi di Charles Dickens e Walter Scott lascerà la sala pienamente soddisfatto, nonostante non si possa dire d’essere di fronte alla inconfondibile regia di Orson Welles o Stanley Kubrick, né all’impostazione narrativa innovativa del miglior Tarantino.

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