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Mauro D’Agati, fotografia dietro le sbarre

  • 12 marzo 2007

Gli scatti di Mauro D’Agati (Palermo, 1968) svelano quasi oggettivamente, senza orpelli né sentimentalismi, una realtà sociale che viene sistematicamente dimenticata o probabilmente rimossa dalla collettività, dalla politica e dalle coscienze di noi tutti. Le dodici case circondariali, i quattro manicomi criminali e l’istituto penale minorile che il fotografo siciliano ha voluto visitare dal 2001 al 2007 ci impongono di aprire gli occhi su una porzione di vita troppo forte e amara ma che è comunque parte della nostra società civile. D’Agati ha visitato le carceri di tutta Italia, da Pagliarelli e l’Ucciardone a Palermo a San Vittore a Milano, da Rebibbia a Roma a Poggioreale a Napoli e al carcere minorile di Nisida. I settantacinque scatti realizzati in questo reportage vengono proposti in una mostra allestita nello “Spazio B quadro” della galleria Biotos (via XII Gennaio 2, visitabile fino al 16 marzo, dalle 10 alle 12.30 e dalle 17 alle 19.30; domenica, dalle 10 alle 12.30). “Dentro”, curata da Gioacchino De Simone e Noemi Troja dell’Associazione Architectural Noise, è patrocinata della Provincia Regionale di Palermo e prevede una sezione dedicata agli ospedali psichiatrici giudiziari. Un ulteriore spazio è riservato alle immagini realizzate nel 2007 all’interno dell’istituto di pena calabrese “Luigi Daga” a Laureana di Borrello. Scrive Ferdinando Scianna nel testo in catalogo “in queste fotografie dirette, precise, non sentiamo, lodevolmente, prediche, giudizi. Non affrontano, queste immagini, il terribile problema della giustizia. Molti, certamente, se non tutti (ma questa eccezione terrorizza), hanno “meritato” di perdere la libertà a causa del dolore inferto ad altri uomini, alla più generica società. Ma non a questo pensiamo guardando queste fotografie. La gloria della fotografia, ho sempre pensato, è che solo si può coniugare al singolare. Non si può fotografare il carcerato, ancora meno il mondo carcerario. Solo si può fotografare quell’uomo, quel carcerato, quella donna, in quello spazio, in quella mancanza di spazio dentro un tempo inutilmente, orribilmente lungo. Un uomo, una donna. Il nostro specchio. Noi.” Anche in altri scatti realizzati da Mauro D’Agati ciò che emerge di fronte all’obiettivo è il singolo individuo che, protagonista, si mostra in un atteggiamento naturale, sincero o in posa ma comunque sempre sé stesso.

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Noi osservatori - spettatori ci mettiamo per un attimo nei panni dei carcerati, ponendoci il problema del tempo, come afferma Scianna, che in prigione scorre lentamente, ci chiediamo quale strategia si adoperi per non soccombere alla noia, all’inerzia, ad una vita privata dalla libertà. D’Agati affronta anche questo problema fotografando gli sport, le attività organizzate, i momenti di rieducazione all’interno del carcere, l’ora d’aria ma anche ciò che riguarda il problema dei suicidi, del sovraffollamento, della malattia, delle donne in gravidanza che non dovrebbero stare in galera. Ci colpiscono gli sguardi diretti ma al contempo spenti degli uomini, dei ragazzi, dei travestiti e delle donne fotografate che ci osservano senza timore da quelle celle grigie, spogliate di tutto ciò che può essere personale. Nonostante il carcerato debba abbandonare ciò che è suo, gli occhi di queste persone sono estremamente eloquenti e D’Agati è abile nel fare emergere il carattere di ogni singolo uomo incontrato. Sembra infatti che fra detenuto e fotografo si sia instaurato un segreto dialogo, un rapporto quasi di confidenza e fiducia reciproca. D’Agati scatena quello che Roland Barthes definisce “shock” fotografico che consiste nel rivelare ciò che è nascosto, rivelando a noi, in questo caso, qualcosa di cui non eravamo consapevoli. La mostra ha inoltre un taglio didascalico che, attraverso pannelli corredati da brani tratti dal volume “Patrie galere” di Stefano Anastasia e Patrizio Gonnella, ci permettere di comprendere i singoli momenti della vita in carcere. Sarebbe forse banale definire questa mostra educativa ma credo che lo sia veramente e che soprattutto intenda essere tale. “Dentro” mette il dito in una delle piaghe più profonde del nostro Paese e riconsidera in questo modo il ruolo indagatore che dovrebbe avere la fotografia contemporanea. Mauro D’Agati è rappresentato dall’agenzia tedesca Focus e da Blob Creative Group di Milano. Ha realizzato servizi su “D La Repubblica delle Donne” e reportage sulla Vucciria, i sobborghi dell’Avana, una serie di ritratti sui gli abitanti di Gibellina e ha scattato ritratti delle popolazioni di tutta Europa. Nel 2003 è stato il fotografo degli artisti partecipanti alla manifestazione di arte contemporanea “Il Genio di Palermo”. Attualmente collabora con più prestigiose riviste italiane ed europee, senza mai trascurare il suo interesse per il sociale.

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