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“Pulse”, un remake senza vita

  • 2 ottobre 2006

Pulse
U.S.A. 2006
di Jim Sonzero
Con Kristen Bell, Tate Hanyok, Ian Somerhalder, Christina Milian, Rick Gonzalez, Riki Lindhome, Jonathan Tucker


Forse è bene chiarire subito le cose. “Pulse” è l’ennesimo horror adolescenziale tardoestivo di serie B americano. Ma probabilmente non tutti sapranno che il film del semi-esordiente Jim Sonzero è anche l’ennesimo remake di un horror giapponese che ha avuto notevole successo sia in patria che all’estero, “Kairo” (il cui titolo inglese era appunto “Pulse”) di Kurosawa Kyoshi. Da quando si è diffusa in campo internazionale la moda del new japanese horror, Hollywood, già in profonda crisi di idee soprattutto nel settore del cinema orrorifico, non ha esitato a proporre adattamenti su adattamenti dei titoli più famosi, come la serie dei “The Ring” e dei “The Grudge” e “Dark Water”.

Tuttavia finora si è trattato di rivisitazioni che hanno preso in prestito solamente gli aspetti più esteriori ed epidermici delle opere, svuotandole completamente del senso e delle istanze originarie e innestandole nei consueti binari dell’horror made in Usa. Caso estremo è quello di un regista come Kurosawa Kyoshi che, forse ancora più d’altri maestri nipponici come Nakata Hideo e Shimizu Takashi, si è spinto al di là delle convenzioni dell’orrore, usando il genere come pretesto per fare cinema sperimentale ed esistenziale.

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“Kairo” è considerato uno dei suoi massimi capolavori: angosciante apologo sulla solitudine e lo smarrimento dell’uomo moderno (non solo giapponese), sempre più imbrigliato dalle nuove tecnologie che, lungi dal fornire nuovi spiragli comunicativi, finiscono paradossalmente per isolarlo ancora di più. Ma, al di là della riflessione sui mezzi di comunicazione digitali (la storia ha per oggetto una maledizione spiritica diffusasi tramite Internet), l’interesse di Kurosawa è quello di dipingere la connaturata e universale incomunicabilità dell’uomo e il deserto emotivo che da sempre ci circonda.

Il “Pulse” statunitense mette da parte qualunque riflessione di natura metafisica e l’unico messaggio che si può rintracciare è buono al massimo per una pseudo-inchiesta d’attualità modaiola: i telefonini e le chat al computer creano tra i giovani comunicazioni artificiali che soppiantano l’autentico contatto sociale (ma è una morale talmente stupida e insignificante che speriamo vivamente di esserci sbagliati nell’averla individuata). Il resto è vuoto pneumatico: senza esagerare, è come se si fosse preso in prestito un soggetto di Ingmar Bergman per realizzare una commedia dei fratelli Vanzina.

Non a caso le uniche sequenze che strappano qualche sensazione d’inquietudine sono rubate per intero dal film originale (il sito web che accoglie il navigatore con la frase: «Vuoi incontrare un fantasma?»), mentre le aggiunte ex-novo (lo spirito sbucato dalla lavatrice, per esempio) sono per lo più ridicole. Tutto il resto, dagli interpreti agli effetti speciali, è di seconda categoria. Apprendere che un maestro come Wes Craven è stato coinvolto nella realizzazione, seppur solamente in qualità di supervisore alla sceneggiatura, suscita stupore e rammarico.

Se remake come questi possono servire a qualcosa, è proprio nello stimolo a riscoprire la fonte d’ispirazione originaria. Consigliatissimo è dunque il ripescaggio in dvd del capolavoro di Kurosawa, da reperire purtroppo in siti internet esteri, visto che in Italia non ci si è ancora degnati di distribuirlo. “Pulse” è invece altamente sconsigliato, a meno che non muoiate per il bel visino della signorina “Veronica Mars” Kristen Bell (giusto il visino, comunque, perché per il resto si concede ben poco). Per i tv-maniaci, nel cast c’è anche l’ex-naufrago di “Lost” Ian Somerhalder.

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