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“Quattro minuti”, due vite a confronto

  • 14 maggio 2007

Vier Minuten (Quattro minuti)
Germania 2006
Di Chris Kraus
Con Traude Krüger, Monica Bleibtreu, Mütze Sven Pippig, Kowalski Richy Müller, Jenny von Loeben, Hannah Herzsprung

Il tempo, da sempre signore dei nostri pensieri, oggi sembra affermare una volta di più il proprio strapotere sulla nostra vita, scandita sin dall’infanzia da orari (piscina, danza, ecc), corsi (di pittura, di scrittura, di poesia …!) e via discorrendo. È dunque evidente la sana curiosità scaturita da un titolo così preciso e conciso, “Quattro minuti”, secondo film, ottimo, del tedesco Chris Kraus, film che dopo “Le vite degli altri”, ancora una volta conferma le qualità di quell’illustre cinema tedesco che mostra una Germania in grado di raccontarsi, riuscendo così sul grande schermo in quella grande impresa che è l’unificazione tra est e ovest . “Quattro minuti” è un film molto bello, appena insignito (il 4 maggio 2007) del massimo riconoscimento del cinema tedesco, il Lola d'Oro per il miglior film, e che, ancor prima della sua distribuzione in sala in terra patria, a fine gennaio, aveva già iniziato a ricevere premi con quattro Bavarian Film Awards alla Miglior Sceneggiatura, Miglior Protagonista femminile (Monica Bleibtreu), e Miglior Attrice Emergente (Hannah Herzsprung) ma anche il Premio VGF Young Producers a Kordes & Kordes Film, la casa che ha prodotto il film. Ma vediamo di che cosa tratta la vicenda.

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Dopo circa venti anni (o forse più) trascorsi ad insegnare pianoforte alle detenute di un penitenziario femminile, l’insegnante di musica, l’ottantenne irreprensibile e severa Traude Kruger, scopre il talento di una giovane detenuta, Jenny, violenta killer ma genio della musica. E se della ragazza veniamo a conoscere oltre che il talento anche le sventure, è un passato gravido di emozioni e sentimenti quel che scopriamo dell’anziana insegnante, infermiera in un centro di detenzione femminile durante gli ultimi momenti del regime hitleriano. È tanto quel che viene fuori dal confronto fra le due donne, e in questo tanto anche l’importanza di capire il compito per il quale ciascuno di noi vive, il senso della propria vita. Ed è per questo allora che il tempo acquisisce un proprio preciso valore. Ma sappiamo anche come il tempo sia qualcosa di molto ma molto relativo, ed in effetti i quattro minuti ai quali si riferisce il titolo della pellicola ce lo ricordano ancora una volta. Tanto per saperlo, i quattro minuti sono quelli dell’esecuzione di un pezzo musicale per il concorso per giovani esordienti al quale l’insegnante riesce a far partecipare la giovane detenuta.

Eppure, riflettendo e andando un po’ più in là con le considerazioni, ci accorgiamo che non è di questo tempo che il film vuole veramente narrarci. Infatti, attraverso quei quattro minuti, o meglio attraverso tutto l’impegno profuso per potere arrivare a quei quattro minuti di musica, grande musica, suono che è invenzione, riscrittura del ritmo che frantuma le sonorità restituendole fascinosamente reinventate, innovazione che è riscatto, che è sfogo ma anche speranza, una speranza che diventa un indizio di vita, di quella che deve essere la vita per chi ha un dono così sublime quale è il talento della giovane coprotagonista della storia, attraverso tutto questo, vuole narrarci dell’altro. Di quel tempo che è la vita che ci è concessa, un tempo sacro, che per questo deve essere vissuto e non sacrificato, non immobilizzato nella solitudine della venerazione di un ricordo, di un amore perduto e non vissuto. Un inno alla speranza, a quel tempo che chiamiamo vita e che, lo ripetiamo, deve essere vissuta, che può sempre indicarci un’altra via. A maggior ragione poi per chi possiede un qualche talento, per il quale allora ogni concezione di tempo viene scardinata ed esiste solo il tempo effettivo e unico dell’evento artistico, reale ed eterno nella sua impossibilità a ripetersi, quello che riscatta ogni pesantezza esistenziale.

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