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Tran[siti], interventi sonori da strada

  • 18 luglio 2005

Nell’immaginario collettivo Palermo è anche i suoi mercati, è la cantilena arabeggiante dell’abbannio dei venditori per le strade del Capo o di Ballarò, è il colorito aspro e il sommarsi di rigogliose cibarie della Vucciria dipinta da Guttuso (di cui oggi rimangono solo il ricordo e i segni di un progressivo decadimento), è il miscuglio di odori acri e sapori forti che connotano anche gli umori di questa città. A tutto ciò il musicista Domenico Sciajno (Torino, 1965), che risiede a Palermo dal 1999, ha dedicato la sua ultima opera, intitolata “Tran[siti]” - evento finale del progetto “Mercati sonori” ideato dall’associazione culturale Clac, curato dallo stesso Sciajno e realizzato dalle associazioni Clac, Antitesi e Ramadown- regalando martedì 12 luglio a un folto pubblico una suggestiva serata fatta di emozioni visive e uditive, in un mix di interventi sonori, videoinstallazioni, percorsi attraverso le immagini. Lo spazio, di grande effetto, era quello dell’atrio della Biblioteca Comunale di Casa Professa, nel cuore del centro storico, al fianco del mercato di Ballarò.

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Da lì, nel primo grande cortile, partiva l’itinerario attraverso i paesaggi sonori dei mercati storici palermitani, con due proiezioni raffiguranti le tende e le vie brulicanti di teste, uno scorrere di individui e di esistenze a cui assisteva, dalla sua finestra, un anziano, protagonista di un’altra proiezione, simbolo di chi ha molto visto e molto vissuto. L’atmosfera era scandita dalle sonorità a tratti aspre o ipnotizzanti rielaborate da alcuni studenti dell’Accademia Abadir di San Martino delle Scale, che hanno seguito quest’anno un laboratorio tenuto da Sciajno. Il secondo stadio audiovisuale era costituito da un corridoio, una ‘compressione’, secondo la definizione dell’artista, con una sequenza di immagini tratte sempre dai mercati: tranches de vie, esplosioni cromatiche come la tenda rossa ritratta dal giovane Francesco Costantino, il blu profondo della saracinesca immortalata da Alessandro Lo Cascio o le nature morte di pesci di Agnese Faulisi, Valentina Romè e Rosy Volturo. Continuando, si passava dall’efficace trittico di immagini di Filippo Messina, che deframmenta e disarticola i corpi di passanti e acquirenti in mezzo ai banchi di carni e verdure, per giungere a un cortile dedicato solo al suono, alla rielaborazione di registrazioni di voci, storie, lamenti, racconti e esclamazioni effettuate da anni da Sciajno all’Albergheria e orchestrate tra loro a formare ritmi o nenie incantatrici.

Per finire, le ultime due tappe, con altre videoproiezioni: il ritorno del volto antico del vecchio che accoglieva il visitatore all’ingresso e che sembrava accompagnare i passi di chi si andava addentrando in quel mondo; le grandi scene create da Sciajno alterando le immagini grazie alle frequenze sonore, giungendo a densità astratte di colori e di forme; in un angolo, infine, le foto delle mercanzie firmate da Francesco Costantino, Valentina Romè e Teresa Lo Monaco prendevano vita proiettate in una bancarella. Come spesso è successo nelle pratiche dell’arte del XX secolo, anche in questo lavoro l’artista ha cercato di farci vedere davvero, con il suo sguardo e con il fascino della sinestesia, una realtà nota ma proprio per questa ormai non vissuta e sentita in tutta la sua forza, uno scenario comune di cui, con effetto quasi teatralizzante, è stata enfatizzata la forza espressiva e la poesia.

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