Nel Mediterraneo meno pesci, più "alieni" e microplastiche: i dati, a che punto siamo
L'8 luglio si celebra il mare dove vive l’8% delle specie del mondo. E l’area geografica del Mediterraneo è uno dei principali hotspot di biodiversità del pianeta

In tutta Italia si svolgeranno conferenze e molteplici azioni nelle diverse comunità marinare, che cercheranno di sensibilizzare la popolazione su temi complessi, come la diminuzione delle risorse ittiche, l’arrivo delle specie aliene e l’inquinamento provocato dalle microplastiche.
D’altronde i problemi che affliggono il Mediterraneo sono molto complessi e diversi e una delle prime azioni previste dagli ecologi e dai biologi della conservazione, impegnati nella tutela degli ecosistemi marini, è proprio comunicare ai cittadini quali sono le principali minacce che mettono in serio pericolo gli habitat marini e costieri.
Il Mediterraneo – con i suoi 2.5 milioni di chilometri quadrati – visto dall’alto può sembrare quasi un ecosistema secondario del pianeta Terra, ospitando meno del 1% delle acque marine del globo.
In verità, però, da esso dipendono direttamente 450 milioni di persone e se si considerano anche i suoi effetti climatici, che stabilizzano non solo il clima delle regioni costiere, ma anche il clima di alcune regioni continentali dell’Asia e dell’Europa, per non parlare della sua influenza sul Mar Nero – di fatto una sua propaggine - questo numero cresce vorticosamente, tanto da raggiungere gli 800 milioni di persone.
Per capire la sua importanza del mondo, basti sapere che l’8% delle specie di tutto il mondo vivono all’interno del suo bacino e che l’area geografica del Mediterraneo è uno dei principali hotspot di biodiversità dell’intero pianeta.
Sfortunatamente, molte di queste specie oggi sono a rischio, per via dei cambiamenti climatici, del nostro comportamento e l’arrivo delle specie aliene.
Tra le specie aliene più problematiche abbiamo per esempio alcune meduse, come la Cassiopea andromeda, che risulta molto urticante, o i quattro pesci velenosi che sono finiti spesso all’interno delle cronache, ovvero il pesce scorpione, il pesce coniglio, il pesce coniglio scuro e il pesce palla maculato, considerati pericolosi dagli scienziati per il loro veleno o il loro morso.
Tra le altre specie aliene in grado di devastare interi ecosistemi non dobbiamo inoltre dimenticarci del granchio blu, che in varie regioni del Mediterraneo, tra cui anche in Sicilia, ha cominciato ad espandersi nelle zone umide salmastre.
Il Mediterraneo non è però solamente un mare in cui si riscontrano problemi. Esso rappresenta anche una delle nursery più importanti per la nascita dei cetacei, come dimostrano gli avvistamenti di delfini e balene nel Santuario dei Cetacei, che si trova tra la Liguria e la Corsica, come nel Canale di Sicilia.
In Sicilia quest’anno si sono moltiplicati anche gli avvistamenti di foca monaca e sebbene siamo solo all’inizio di luglio, quest’anno le nidificazioni di Caretta caretta hanno già raggiunto un numero record in vari angoli della nostra regione, ad ulteriore dimostrazione che la fauna endemica in difficoltà può ancora prosperare, anche grazie all’aiuto dell’associazioni ambientalisti e di norme ambientali severe, che consentono a uomini e natura di convivere serenamente.
Ovviamente questa convivenza non è sempre semplice. Gli squali spesso vengono infatti maltrattati quando si avvicinano alle coste e tra tutte le specie marine sono quelle che al momento soffrono di più la competizione con gli esseri umani, tanto che alcune specie un tempo comuni come la verdesca oggi sono in serio pericolo.
Il Mediterraneo inoltre continua ad essere uno dei bacini in cui si pratica di più la pesca a strascico e la pesca illegale, in particolare nelle aree più vicine all’Africa. Ciò sta portando alcune specie all’estinzione e a ridurre notevolmente le loro dimensioni, come sta avvenendo nei merluzzi o nei tonni, un tempo mastodontici predatori del mare, che sono costretti a rimpicciolirsi e ad accelerare il proprio ciclo biologico, nel tentativo di sfuggire alle reti.
Forse però il problema più grande che attualmente sta affrontando il Mediterraneo è quello dei rifiuti galleggianti che si nascondono fra le sue onde.
Isole di plastica si stanno infatti formando in vari punti del bacino, in particolare nel Canale di Sicilia, dove le acque superficiali del Mediterraneo occidentale – noto anche come Mare d’Alborán – si incontrano con le acque più profonde che risalgono dal mar Egeo. Queste isole sono un problema sia per gli animali che per i pescatori e mettono in serio pericolo la nostra salute.
Da essi provengono infatti tutte quelle microplastiche e quei veleni che vengono ingeriti accidentalmente dai pesci, successivamente serviti sulle nostre tavole.
Da questo punto di vista le istituzioni europee e internazionali potrebbero fare di più, ma come sottolineano gli ambientalisti di Greenpeace e Legambiente – che proprio in questi giorni sono impegnati nella campagna di Goletta Verde, il cui scopo è analizzare la qualità delle nostre acque costiere - ognuno di noi può fare qualcosa, scegliendo di comportarsi in maniera differente e spingendo i governi locali e nazionali a impegnarsi di più per mantenere la salute del Mediterraneo.
Tra i comportamenti che dovremmo sforzarci di diffondere all’interno della nostre famiglie e nella nostra cerchia di amici c’è l’acquisto delle borracce di plastica, il cui utilizzo permette drasticamente di ridurre il consumo di bottiglie e varie forme di inquinamento, legate al trasporto o al rilascio improprio dei rifiuti in natura.
Anche l’acquisto di creme solari eco-friendly, privi di alcune sostanze chimiche inquinanti come l’ossibenzone, possono aiutare l’ambiente, in particolare durante l’estate, quando ci immergiamo più spesso a mare.
In un periodo molto complicato come il nostro, durante la Giornata internazionale del Mediterraneo è infine giusto ricordare come questo mare abbia da sempre avuto una grossa importanza per la nostra storia, avendo svolto il ruolo di ponte fra varie civiltà, anche quando sembrava che queste volessero distruggersi a vicenda.
È dunque triste continuare ad assistere nel 2025 alle numerose morti provocate dai naufragi degli immigrati, a cui si potrebbe porre fine cambiando le nostre politiche internazionali.
Per quanto infatti i nostri politici insistano a definire il Mediterraneo il confine dell’Europa, questo mare non lo è mai stato e anzi è stato il mezzo con cui idee, amicizie, amori e speranze hanno viaggiato da un capo all’altro del mondo. Poiché il vero problema umanitario che affligge il “Mare nostrum” non si trova lungo il Canale di Sicilia o fra le sponde di Europa, Asia e Africa.
Il problema umanitario si nasconde lontano dalle coste, centinaia di chilometri oltre il deserto e le piccole o grandi comunità bagnate da questo mare. Esso si trova nel cuore di quelle regioni in cui si muore di fame, malattia e di odio e nei cuori induriti di coloro che guardano all’altro solo come un nemico da distruggere.
La storia del Mediterraneo, sfortunatamente, racconta anche questo, per via delle numerose crociate e delle stupide guerre che sono sorte nei secoli, il cui esito spesso non ha fatto altro che favorire la distanza fra le persone.
Se dobbiamo festeggiare e proteggere il Mediterraneo, durante queste giornate ricche di azioni, dobbiamo riflettere anche su questo.
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