CRONACA

HomeAttualitàCronaca

Perché a Palermo cadono gli alberi: "Molte specie non sono adatte alla città"

Dopo il caso del pino crollato in via Crispi, abbiamo intervistato l'agronomo Claudio Benanti: "Episodi che sono frutto di errori del passato". Quali sono le soluzioni

Ferdinando Lo Monaco
Studente di Scienze della Comunicazione
  • 11 novembre 2025

Il pino crollato in via Crispi a Palermo

Non è certo la prima volta, e probabilmente non sarà l’ultima. Il crollo del pino in via Crispi si aggiunge a una lunga serie di episodi simili che, negli ultimi mesi, si sono registrati nella città di Palermo. Non può essere un caso se nella stessa via, a maggio 2023, un altro albero era caduto in circostanze pressoché identiche. Sorge dunque spontanea una domanda: la cosa era prevedibile?

Le accuse, come spesso accade, ricadono sull’amministrazione comunale – che comunque porta con sé una parte di responsabilità–, ma la questione è ben più complessa.

Per comprendere meglio il fenomeno abbiamo parlato con Claudio Benanti, dottore agronomo esperto in gestione arborea, che ha spiegato: «Diciamo che i controlli non sono mai abbastanza. A prescindere da quello che si era già verificato in quella via, tutti gli alberi sono soggetti a crollo. Le piante, essendo esseri viventi, hanno un inizio e hanno una fine. Purtroppo, la fine degli alberi può essere quella di restare piante morte in piedi, avendo il tempo di andarla a togliere, oppure l’altra possibilità è quella che cadano».

Ma perché gli alberi cadono? Benanti precisa: «In contesto urbano, per mille motivi, il primo dei quali è sempre un sottodimensionamento dello spazio radicale, soprattutto nel caso di pini. Lì sicuramente ci sarà un suolo particolarmente poco profondo e asfittico, per cui quando ci sono grandi eventi meteorici, grandi piogge, il suolo tende a imbibirsi (impregnarsi d'acqua, ndr) e la pianta scuffia. Nel caso specifico dei pini si tratta di ribaltamento asintomatico della fetta, nel senso che non abbiamo molti segnali prima».

È dunque impossibile prevedere questo genere di eventi? L’agronomo spiega che la risposta non è semplice, ma sottolinea come «il modo di agire non possa che essere quello dei controlli, dei monitoraggi e del cercare con ogni mezzo a propria disposizione di gestire il rischio arboreo».

Benanti aggiunge che molte delle specie arboree presenti a Palermo «sono tutt’altro che adatte al contesto urbano». Queste piante, oltre a essere più soggette a instabilità, provocano spesso deformazioni nelle pavimentazioni di strade e marciapiedi a causa dell’espansione delle radici. È probabilmente per questo che in vari quartieri ci sono marciapiedi divelti dalle radici degli alberi: accade a Bonagia, alle Medaglie d'Oro e Villaggio Santa Rosalia, zona via Malaspina, piazza Turba, Villagrazia, ma la lista è lunga.

L'unica soluzione purtroppo in alcuni casi è l'abbattimento, sebbene questo talvolta scateni polemiche e critiche. «Dobbiamo essere bravi – purtroppo anche facendo scelte impopolari – a riqualificare - spiega Benanti - Questo è il compito che le amministrazioni hanno, nel senso che pini, ficus, Brachychiton (il cosiddetto "albero fiamma" noto per i fiori rossi, ndr), Cioisa speciosa (la sua caratteristica è il troco rigonfio e ricoperto di spine grosse, può raggiungere pure i 20 m di altezza, ndr), così pure le Erythrine sono alberi che non sono fatti per il contesto urbano e noi ce li ritroviamo frutto di errori di gestione di 50, 60 o 100 anni fa».

Il problema più grande, precisa ancora l’esperto, non è l’abbattimento in sé, ma la mancata adeguata ripiantumazione. «Se all’abbattimento non conseguisse una adeguata sostituzione, si parlerebbe di un grande danno ambientale. Una gravissima colpa, dati gli strumenti e le conoscenze che oggi abbiamo in mano».

Oggi infatti, spiega Benanti, «è molto più facile – e sarebbe una colpa non farlo – se in una progettazione ex novo non tieni conto di tutti i fattori del caso. Lo deve fare un professionista che sa cosa sta facendo, partendo dai materiali che si devono usare. Oggi ci sono dei cementi e degli asfalti porosi che permettono, oltre a una più facile crescita delle specie, anche una più efficace gestione delle acque, evitando i soliti fiumi che si formano ad ogni pioggia. Se io creo un pavimento poroso e creo delle aiuole molto più grandi, la capacità di assorbimento di quei terreni è certamente maggiore rispetto a quella odierna».

La soluzione, dunque, sta nella corretta progettazione del domani: costruire – o, nel caso di Palermo, ripensare – città che abbraccino in modo strutturale e ponderato il verde urbano, piantando specie adatte e garantendo una gestione responsabile e continuativa del patrimonio arboreo.
Ti è piaciuto questo articolo?
Seguici anche sui social
Iscriviti alla newsletter
Cliccando su "Iscriviti" confermo di aver preso visione dell'informativa sul trattamento dei dati.

GLI ARTICOLI PIÚ LETTI