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Rinasce la cappella (gioiello) di Palermo: il sacrario di Sebastiano Tusa nel "Pantheon"

Un bene recentemente restaurato dove puoi ammirare i segreti custoditi in questa "nicchia" ricca di opere, tra marchingegni nascosti, tele sacre e marmi preziosi

Giovanna Gebbia
Esperta di turismo relazionale
  • 11 giugno 2023

La Chiesa di San Domenico e la cappella del SS. Crocifisso a Palermo

La cappella del SS. Crocifisso nella Chiesa di San Domenico è uno dei piccoli gioielli custoditi in quello che è noto come il Pantheon palermitano.

Qui riposano le spoglie di uomini illustri il cui passaggio ha lasciato una memoria incancellabile che in questo luogo trova spazio per la commemorazione in uno scrigno che trasfigura l'arte e l'architettura in un sepolcro di bellezza.

Un bene recentemente restaurato che merita una visita per ammirare i segreti custoditi in questa "nicchia" ricca di opere che raccontano merchingegni nascosti, tele sacre, marmi preziosi che si collocano come una giusta cornice intorno al Crocifisso che campeggia sull'altare, capolavoro ligneo del Messinese Giovanni Matinati dei primi del '500.

Siamo stati accolti e accompagnati in questo viaggio di rivelazione dall'architetto Antonella Italia che ha fatto parte del team di professionisti ed esperti della Regione Siciliana che hanno progettato e lavorato al cantiere del restauro, e dal Priore della Chiesa Domenicana Padre Sergio Catalano promotore del progetto.
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Incastonata nel centro storico dell'antico mandamento della Loggia - anche detto Castello a Mare - la Chiesa di San Domenico originariamente rientrava nel mandamento di Seralcadio o Capo, attaccato alla Vucciria e solo successivamente con il taglio di via Maqueda, cambiò la sua posizione nell'assetto urbano cittadino.

Un tempio monumentale della fede eretto per i frati Domenicani che nel 1216 vennero a Palermo, che fu possibile costruire grazie all'intervento delle potenti famiglie Santofiore e Mastrangelo, che nel 1270 donarono un giardino ubicato nel quartiere degli amalfitani alla Cala dove sorgeva la chiesa di Sant'Orsola, per costruirvi la chiesa e il nuovo convento.

Nella cappella si viene accolti da due sculture di scuola gaginesca, una Pietà e una Santa Caterina d'Alessandria, dove sono allocati quattro monumenti sepolcrali: l'urna di Michelegelo Monti, padre scolopio e poeta di origine genovese, professore all'università di Palermo, morto nel 1822.

E ancora il sepolcro del sacerdote Antonino Barcellona, sacerdote di grande eruzione, quello dell'architetto Carlo Napoleone Giachery il cui sarcofago è scolpito con simboli iconografici della professione e poggiato su una larga base, sulla sinistra il monumento a Domenico Lo Faso, duca di Serradifalco, una delle perle scultoree di Benedetto Delisi del 1864 di ispirazione chiaramente canoviana.

Sullo sfondo incorniciato da un altare spicca il grande Crocifisso in legno e mistura di Giovanni Matinati che alle spalle nasconde la macchina teatrale dei misteri dolorosi del rosario, restaurata e rimessa in opera, un marchingegno che è una autentica rarità preziosa e tra le poche nel suo genere, composto da quattro tele che scorrono su binari come fondali scenografici che scandivano la preghiera.

Occasione deI recupero della cappella che versava in un notevole stato di degrado – grazie ad un progetto curato dagli architetti Antonella Italia, Elvira Capraro e Lorenzo La Mantia, tecnici dell' ex Ufficio Speciale per la Progettazione della Regione Siciliana - è stata l'esigenza di dare degna sepoltura alle spoglie di Sebastiano Tusa, assessore ai Beni Culturali della Regione Siciliana, tragicamente scomparso nel disastro aereo in Etiopia del 2019.

Un sepolcro la cui opera è stata affidata al maestro Michele Canzoneri che ha interpretato la vita e il lavoro dello studioso, inastonata sulla parete della cappella a destra.

I lavori di restauro, sotto l’alta Sorveglianza della Soprintendenza ai BB.CC.AA. Di Palermo nelle persone dell’architetto Filippo Davì e del restauratore Mauro Sebastanelli, iniziati nel febbraio del 2021 sono stati conclusi a fine novembre dello stesso anno, restituendo alla città ed ai suoi cittadini, oltre che alla Regione, un bene di valore inestimabile.

«Lo stato di conservazione versava in pessime condizioni - ci spiega l'architetto Italia - a causa della presenza di infiltrazioni e di efflorescenze saline causate dall'umidità di risalita che avevano aggredito lo spazio da decenni di mancanza di manutenzione, pertanto, era prioritaria un'azione urgente per un intervento di restauro conservativo tanto delle superfici murarie, quanto delle opere d'arte presenti nella cappella. Il degrado materico era diffuso ma prevalentemente riguardava gli intonaci dei paramenti murari».

Dal suo racconto ci svela una chicca davvero interessante, una modalità di intervento che è una antica pratica per il restauro strutturale dei monumenti antichi: Il "cuci e scuci".

«È una tecnica antichissima, già attestata prima del 79 d.C. a Pompei ed Ercolano, il cui presupposto è molto semplice, eliminando la lesione ricostruendo una piccola porzione di muratura a cavallo della stessa. Si procede "per cantieri", cioè per piccole porzioni sostituendo i mattoni o le pietre spezzate con mattoni nuovi legati con malta di calce aera o idraulica naturale.

Quindi un vero e proprio lavoro di sartoria laddove non è possibile recuperare le aree deteriorate perché fratturate da lesioni più o meno profonde».

Il Priore Sergio Catalano ci illustra come il tema della morte che si evidenzia nelle opera della Cappella con le urne e i sarcofaghi monumentali dei sepolcri, le sculture e la macchina scenica del Crocifisso, diano un senso di sospensione e di quiete a tutto lo spazio, invitando al raccoglimento e alla contemplazione.

A valorizzare la Cappella contribuisce inoltre la nuova illuminazione che oggi consente di visitarla in modo più armonico e giustamente luminoso, una impostazione progettata con l'obiettivo di esaltare le opere presenti e quelle di nuova esposizione , focalizzando l’attenzione sull'altare e sul crocifisso con particolare attenzione al monumento funerario commemorativo dedicato a Sebastiano Tusa.

Ci anticipa sempre il Priore che la cappella è diventata così il luogo ideale per accogliere esposizioni di opere che dialogano con il Sacro ricreando uno spazio sede del dialogo fra le arti.

«Se non torniamo a ripensare artisticamente e liturgicamente questi luoghi” conclude il Priore Sergio Catalano “ rischiamo di confinarli nella musealizzazione facendo perdere allo spazio sacro il senso e il fine».

Sul monumento commemorativo opera del Maestro Canzoneri è scolpita la frase di Tusa: "Di fronte all’ignoto, il viaggio permette di avere l’emozione della scoperta: cercare, trovare, rischiare, per la sete di conoscenza e per quell’Ulisse che è in noi".

Così l’archeologo studioso e intellettuale, figura istituzionale della valorizzazione culturale in Sicilia, verrà perennemente ricordato, nel luogo deputato alla memoria degli uomini illustri di Sicilia.
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