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Sacre e preziose cere in mostra a Palermo: i "bambinelli miracolosi" arrivano da tutta la Sicilia

La mostra sul “Puer Natus” è un'occasione imperdibile per andare a conoscere una grande tradizione mistica e devozionale e un Complesso di rara bellezza

Susanna La Valle
Storica, insegnante e ghostwriter
  • 23 gennaio 2022

È stata prorogata un altro mese, e dunque fino al 10 febbraio, la mostra sul “Puer Natus”, i Bambinelli, al Monastero di Santa Caterina d’Alessandria a Palermo, fino . È un'occasione imperdibile per andare a conoscere una grande tradizione mistica e devozionale e un Complesso di rara bellezza.

I Bambinelli realizzati in ceroplastica, avevano a Palermo una via, quella dei Bambinai, dove maestri cirari realizzavano questo manufatto su ordinazione di religiosi e privati, insieme a ex voto. La devozione del Bambin Gesù, distaccato da quella della Madre, iniziò a Palermo nella chiesa di San Giorgio dei Genovesi, nel XVII secolo. Dapprima si diffuse tra gli ordini religiosi e nei monasteri, poi tra l’aristocrazia e solo dopo tra la ricca borghesia. Attualmente si conosce un solo artigiano ancora in attività: Luigi Arini, che ha la bottega vicino la Chiesa del Gesù.

Il Divin Infante non fu amato solo dalle moniali, come mi dice Maria Oliveri, una delle due curatrici della mostra, insieme alla sorella Teologa Nicole: “Ogni monaca specie al Santa Caterina aveva il suo Bambinello, ma questo non deve essere considerato come un surrogato della maternità cui avevano rinunciato”. La devozione era anche di tipo maschile, I religiosi spesso meditavano tenendo tra le braccia il Bambino. Un esempio è il “ Bamminu cu stivali” della Santissima Annunziata di Comiso, ricordato come il bambinello di Padre Silvestro. È seduto su una sedia dorata, riccamente abbigliato.
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Queste Sacre e Preziose Cere, avevano poteri miracolosi e interagivano con religiose e religiosi, animandosi tra loro mani, come nel caso di Suor Maria Teresa a Novara di Sicilia che nel 1752 parlava con il tenero bambino. O come la Venerabile Suor Maria Crocifissa che nel convento voluto dalla famiglia Tomasi a Palma di Montechiaro, si accorse che il suo bambinello conservato in una scarabattola, (una teca di cristallo o legno) piangeva. Quando chiese la ragione, le fu risposto: perché era nudo.

Fu così che la religiosa cucì e ricamò un corredino con cuffietta camicino e vestina. In un interessantissimo documentario di Ugo Gregoretti, la Badessa del convento mostra il minuscolo corredino realizzato e ancora conservato. La Venerabile fu d’ispirazione per l’autore del Gattopardo con il personaggio della Beata Corbera.

Sono un centinaio i Bambinelli della mostra provenienti non solo da Palermo, ma da altre città siciliane, alcuni sono pregevoli pezzi della scuola napoletana, il più pregiato, un Bambinello biondo opera del bamminiddaru palermitano Domenico Fasulo. Ci sono bambini di tutte le dimensioni: “Piccolissimi dentro gusci di noce, arance o limoni (sempre di cera), dentro libricini, cullette; di media dimensione: dormienti sui divani, sui cuscini, in tempietti tra i fiori, in giardini di sughero. Infine ci sono quelli a grandezza naturale, da poter stringere tra le braccia e sono i più vezzosi”.

Maria Oliveri è l’ autrice di uno splendido volume “ I segreti del Chiostro “ dove ha raccolto piccole storie, curiosità e soprattutto le antiche e segrete ricette dei Monasteri palermitani. Mi dice che ogni convento aveva una sua ricetta, e a lungo fu un mezzo di sostentamento per le religiose.

Mentre passeggiamo per lo splendido chiostro con al centro la fontana e la statua di San Domenico, Maria mi fa notare che troppo spesso siamo abituati a considerare la scelta monacale come un’imposizione per non disperdere il patrimonio, cui erano destinate le figlie di nobili tra 600 e 700. Più che una condanna a volte era una via d’uscita per ragazze di 13/14 anni destinate a matrimoni imposti e senza amore, con persone molto più grandi, costrette a continue gravidanze che ne logoravano la salute e le esponevano a continui pericoli di vita. Il Convento assicurava potere, la disponibilità di una dote, (sebbene inferiore a quella di una figlia che andava in sposa) una specie di’indipendenza. Erano donne forti capaci di affermare una propria personalità, mi suggerisce che è un retaggio patriarcale l’idea che una donna possa essere felice solo come moglie e madre.

I visitatori del Santa Caterina d'Alessandria, mi dice hanno ancora sentimenti contrastanti e tumultuosi quando visitano il complesso, ormai senza monache; le ultime tre anziane furono trasferite al Monastero di Sant’Agnese a Rieti diversi decenni fa, dopo quasi 60 anni trascorsi a Palermo. I curiosi chiedono come vivevamo le monache e com’era scandita la loro giornata. Molti rimangano affascinati dalle “viste”, il loggiato da cui assistevano, celate, agli eventi religiosi e civili della città. Alcuni raccontano che le madri bambine ricordavano i corredini dei bambinelli, mostrati dalle suore,quelli più piccini erano fatti entrare in clausura attraverso la ruota per essere coccolati e viziati.

Andare a visitare la mostra dei Bambinelli vuol dire conoscere un luogo di splendore a lungo dimenticato e recuperato con l’apertura della “Dolceria” dove sono state riprodotte le segrete ricette. Sono incuriosita da quest’amore per il Dio - bambino, è bello ascoltare le tante storie legate a queste cere, come quella del “ Cicciddo d’oru” il Bambinello nudo di Scicli del 700 che mostra sorridente le pudenda ed è portato in processione solenne per la cittadina.

Dopo avermi condotto nella splendida Chiesa a un'aula, ricca di marmi policromi preziosissimi e con l’altare in pietre dure, saluto Maria Oliveri ringranziandola, per avermi fatto da guida nel complesso e nella mostra. Ritorno in Dolceria, impossibile non acquistare qualcosa, c’è un bellissimo cuore di pasta di mandorla, con dentro la zuccata e in cima un minuscolo bambinello sorridente; mentre lo porto via con me, gli confido in silenzio: “una scarabattola ti attende, a Roma”.
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