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Se "semu a mari" lo sai, "va scupati u mari" è per pochi: 10 detti da sapere in Sicilia

Siamo un'isola e proprio per questo il mare è dentro di noi. Forse per questo parliamo tutti come se avessimo fatto l’accademia navale: ecco 10 modi dire più iconici

Alessandro Panno
Appassionato di sicilianità
  • 14 settembre 2025

Quando ero picciuttieddu, di sti tempi, in televisione già davano “L’estate sta finendo” di Cortini e mia madre mi portava alla Standa e da De Megistris a fare incetta di materiale scolastico, cominciavano la prime piogge, l’aria arrifriscava, e si chiudeva il capitolo di giornata intere a fare tuffi dagli scogli o partite di pallone non stop che duravano dalle 9 del mattino alle 9 di sera, dissetandosi direttamente dal cannolo dell’acqua usato dai muratori per impastare il cemento.

Altro che acqua microfiltrata che ti fa fare tanta plin plin o povera di sodio e ricca di calcio.

Altri tempi, in tutti i sensi direi, perché non so se sono i miei ricordi ad essere distorti da quella che fu la “picciriddanza” ma ora come ora, già a metà settembre c’è ancora un caldo che mi fa distillare anche l’acqua del battesimo non lo trovo normale e mi fa desiderare ancora una bella arrifriscata a mare.

Così alcuni giorni fa, mentre ero in spiaggia con un mio caro amico, consorti e figliolanza, a piazzare un ombrellone sponsorizzato da una nota ditta di arredamento arripizzato con pezzi di nastro telato, una folata di vento lo fa partire a tipo missile terra-aria proprio accanto alla famigliola ad alcuni metri da noi facendo cadere a terra il succo di frutta del pargolo.

Mille scuse, mortificazioni, per fortuna ben accolte dalla famigliola, succo di frutta immediatamente sostituito con uno dei nostri, con in aggiunta un poco di reginelle. Recuperato l’ombrellone ce ne torniamo al nostro posto dicendo, quasi in contemporanea “Minchia a mare siemu”, che poi c’eravamo sul serio a mare, ma il significato era di tutt’altra natura.

La cosa mi ha fatto pensare che qui in Sicilia parliamo tutti come se avessimo fatto l’accademia navale, con una “marea” di espressioni che spesso sanno di acqua salata e rina nelle incinagghie delle parti intime.

Allora perché non “tuffarsi” in tutti questi modi di dire?

- Mare i ravanzi e vento i rarriere, che praticamente è augurio di buona fortuna, che tutto vada bene, insomma che il vento sospinga la tua barca in mezzo al mare e non ti lasci fermo con la Bonaccia.

- Aviri sarde a smaghiare, che le sarde si sa che sono troppo belle, ma se ci devi fare la pasta o fritte allinguate, per puliziarle ti devi fare assistere da tutti i santi, che ci sono spinuzze che per vederle e levarle ti serve un microscopio elettronico. Insomma è come a dire che baccamora la strada è in salita ma porterà a qualcosa di appagante.

- Siemu a mari, il classico dei classici, tipo come quando una volta l’amico di cui sopra mi chiese aiuto per montare una gazebo Ikea Skifdeterrah e confondendo la vite Ikkasang con il supporto staiuniskinnufodd, perché noi eravamo troppo bravi e non avevamo bisogno di leggere le istruzioni, uscì fuori una comoda cuccia 5 stelle per il cane.

Essere a mare, siemu a mari, indica quel naturale stato d’animo che sopraggiunge quando sai che un progetto sarà irrealizzabile o difficilmente porterà a qualcosa di buono, come una riunione di condominio o l’ inizio di una nuova dieta.

- Ogni calata un puippu, che non sta ad indicare quelli che al lunedì al lavoro ti raccontano che nel weekend si sono immersi a 30 metri di profondità e dopo un appostamento in apnea di 12 minuti hanno preso un polpo di 34 chili che sulla garigghia è venuto troppo bello e la prossima volta che ne annagghia uno, che tanto ci riesce sempre, ti invita.

In questo caso si indica una persona o una situazione in cui tutto va bene, ogni gesto o azione risulta essere proficua e porta un reale vantaggio.

- Cu avi lingua passa u mari, che già da sola fa capire tutto. Puoi essere bravo e preparato quanto vuoi, avere un dottorato di ricerca in scricchiologia presso l’ unversità dell’ “Oclaoma”, ma poi quello che un sapi fari niente ma ha la parlantina giusta ti passa i ravanzi.

- Ma va ieccati a mare, diciamo che c’è poco da spiegare. Un modo “diretto” per dire a qualcuno che s’ava a livari i ravanzi, che si sta facendo nuocere, che è meglio che si va ghiecca a mari.

- Ma va scupati u mari, diciamo che l’intento è lo stesso di cui sopra, ma in questo caso si vuole sottolineare l’inutilità di una persona a fare tutto, e quindi è molto meglio che va a fare qualcosa di assurdo come andare a ramazzare il mare che qualsiasi altra cosa.

- Piscitieddu i cannuzza/funnu, per indicare qualcuno che magari si atteggia a Totò Termini ma alla fine conta quanto l’asso di coppe con briscola a mazze. Che ti vuole fare capire che lui sa, conosce, è ammanigghiato, ma alla fine è nuddu mischiatu cu nienti.

Quando si aggiunge che è pure i funnu si vuole intendere che oltre a essere paro paro pa priessa è anche subdolo e poco trasparente.

- Ecca nivuru comu na siccia, a tipo la mia lontana (per fortuna) cugina Grazie Graziella grazie a ……., che ogni volta che apre bocca comincia a parlarti di tutti i suoi malanni, le sue disgrazie, che tutto gli va male, che preferiresti uno gnuri che ti passa in capo cu tutto u cavaddu piuttosto che ascoltarla.

Ecco Graziella ecca nivuru comu na siccia! In alcuni casi una persona oltre a eccari nivuro come na siccia, sciddica come un’anguilla, ovvero che oltre a lastimarisi senza sosta, che non è cosa da poco, porta pure attasso poiché fa sciddicare via tutte le cose buone.

- A mari un ci su tavierne, la gente di mare, no i marinari d’acqua ruci, lo sanno bene, con il mare un si babbia, che da amico a diventare tinto un ci mette niente, e prima di metterti in navigazione devi sapere bene a cosa vai incontro, perchè poi, a carta malapigghiata, non e che ti puoi rifugiare in una taverna ad aspettare che il malotempo passi davanti ad un quanrto di litro divino e un patto di polpette di pane e cascavaddu fritte.

Allo stesso modo prima di imbarcarsi in un’ impresa che potrebbe risultare “troppo” è meglio pensarci bene, che fare il passo più lungo della gamba non è mai cosa buona.

- U pisci fete sempre ra tiesta, che si parli di politica, lavoro o cose più frivole, la verità (scomoda) è sempre una. Spesso il problema si presenta e non si risolve perché chi dovrebbe gestire il tutto è incompetente o strafottente.

In Sicilia l’esempio è lampante, che vero alcuni “siciliani” pare quasi che ci trovano prio ad affossare questa nostra buttanissima terra, ma chi ci “governa” spesso, troppo spesso, ha dimostrato e dimostra di non essere minimamente in grado e probabilmente non avere neppure voglia di risolvere i problemi.
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