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Se "Sex Education" fosse girata a Palermo: perchè serve l'educazione sessuale a scuola

A che punto siamo con l'educazione sessuale nelle scuole palermitane? Abbiamo provato a verificarlo, sentendo presidi, associazioni ed esperti del settore

  • 14 ottobre 2023

Otis e la sua clinica del sesso improvvisata nei bagni dell'ex istituto

«Ieri sera ho guardato del formaggio e ho avuto un’erezione». Non siamo mica impazziti: quella che avete appena letto è (solo) una citazione, di Sex education.

La serie, dal 21 settembre su Netflix con l'ultimo capitolo, vede protagonista un giovane liceale - Otis Milburn - che si improvvisa terapeuta sessuale a scuola, aprendo una sua clinica di consulenze nei bagni abbandonati dell'istituto.

Ma a che punto siamo con l'educazione sessuale nelle scuole del palermitano? Abbiamo provato a verificarlo, sentendo presidi, associazioni ed esperti del settore.

L'educazione sessuale e affettiva in Italia non è neanche una materia scolastica, né esiste un programma del ministero dell'Istruzione che ne garantisca lo svolgimento. Può essere prevista tra le iniziative nell'ambito dell'autonomia organizzativa e didattica delle singole scuole e dei singoli docenti, ma molto spesso ciò non avviene.

Secondo il gruppo di ricerca "Barb", la quarta stagione di Sex education, è la serie più vista del 2023. Il telefilm sdogana le difficoltà nell'affrontare il sesso, la masturbazione, il sesso gay, legittimando anche il desiderio di non volere avere rapporti. Tematiche d'interesse per giovani e adolescenti, che ne hanno di fatto decretato il successo.
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Attualmente sono sette i Paesi europei - tra cui il nostro - a non avere ancora introdotto l’obbligo di insegnamento dell'educazione sessuale. Ma dopo gli stupri di Palermo e Caivano, il ministero ha manifestato la volontà di inserire la disciplina nel programma scolastico.

Si tratterà più precisamente di educazione sulla violenza di genere e sul consenso, interesserà i licei e sarà guidata dagli stessi studenti.

Ma finora cosa si è fatto?

A tracciare una panoramica sugli istituti del palermitano è Giuseppe Mannino, docente di "Psicologia dinamica e clinica" alla Lumsa di Palermo, da 20 anni ricercatore attivo nelle realtà scolastiche del territorio.

«Purtroppo manca un censimento ed è difficile tracciare una mappa delle scuole in cui si fa educazione all'affettività - spiega l'esperto - le azioni, i progetti, ci sono, ma estemporanei e non accordati».

Sul tema, l'Istituto Gonzaga è uno dei più attivi: già dalla quinta elementare vengono organizzati dei momenti di educazione all'affettività guidati dagli esperti.

«Ma non è l'unico - continua Mannino - Ci sono anche altri esempi virtuosi, il problema è che spesso gli interventi sono legati al singolo ricercatore, docente, o responsabile del progetto. Le iniziative partono ma dipendono dalla lungimiranza e dalla sensibilità dei presidi».

Da vent'anni, al liceo classico "Umberto I", è attivo un servizio di consulenza psicologica.

L'istituto guidato dal professore Vito Lo Scrudato, è particolarmente attento al tema della violenza sulle donne. Ogni anno ricorda con un minuto di silenzio l'ex studentessa Carmela Petrucci che nel 2012 perse la vita, a soli 17 anni, mentre provava a difendere la sorella dall'aggressione dell'ex fidanzato.

Tra i dirigenti scolastici più lungimiranti in tema di educazione sessuale c'è anche Daniela Crimi del liceo linguistico "Ninni Cassarà".

«Nella nostra scuola sono attivi diversi progetti - spiega la preside - in sinergia con la Questura di Palermo e l'associazione Le Onde, facciamo educazione di genere e sensibilizziamo gli studenti sul tema della violenza. Quest'anno attiveremo un progetto con l'Asp che ci fornirà una psicologa e un medico sessuologo per parlare proprio di educazione sessuale».

Ma quando l'educazione sessuale a scuola è assente, come placano gli adolescenti le loro curiosità sul sesso?

«Il pre-adolescente o l’adolescente si forma con il porno - spiega Mannino - non trovando spazio in famiglia, mette la domanda su google, se va bene consulta blog tematici, o vede direttamente una serie di canali pornografici, che non sono in nessun modo definibili educazione sessuale, sono canali di filmografia».

Il film è una cosa, la realtà è un'altra. «Il rischio è che poi quando interveniamo nelle scuole i ragazzi pensino di sapere già tutto - continua l'esperto - interagiscono poco, hanno difficoltà a parlare di sé stessi, delle loro esperienze più intime».

Parlare di affettività al liceo sarebbe infatti troppo tardi: «L'ideale - spiega l'esperto - è agire tra la fine delle scuole elementari e l'inizio delle scuole medie, durante il periodo pre-adolescenziale, tra i 10 e i 12 anni, quel momento in cui da bambino si comincia a guardare il mondo degli adulti, il corpo inizia a modificarsi e sorgono le prime domande».

A spendersi sul tema nel territorio, il movimento femminista e transfemminista, Non una di meno, che con incontri e attività coinvolge anche classi dalla quarta elementare fino alla seconda media.

«Spesso sono gli stessi studenti e le studentesse a chiederci di andare nelle loro scuole - racconta l'attivista e volontaria Chiara Paladino - c'è un grandissimo desiderio di parlare nelle aule di questi temi, in un ambiente sicuro, in cui non ci sia l'occhio del giudizio né del pregiudizio».

Non una di meno è impegnata insieme ad Arcigay anche nella formazione degli insegnanti. «Da novembre ad aprile giriamo licei ed istituti - spiega l'attivista - la nostra è una narrazione collettiva che viene dal basso: non siamo insegnanti, né sessuologhe, restituiamo un momento di confronto in cui si ha una rottura della lettura stereotipata.

Dal ruolo della donna e dei generi nella società alla violenza di genere, le malattie invisibili, la sessualità e la pornografia, andiamo a smontare il punto di vista dominante della narrazione».

Quest'anno sono già arrivate diverse "chiamate" dagli istituti. Dal Regina Margherita al Vittorio Emanuele, e ancora: il Benedetto Croce, l'istituto comprensivo Verdi e il Mario Rutelli.

Qualcosa insomma sembra muoversi, ma una scuola dove poter parlare liberamente di sesso e confrontarsi sulle proprie esperienze (negative) rimane ancora solo un'utopia da serie tv.
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