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Troppi cetacei spiaggiati in Sicilia: problemi sul recupero, i dati e perché succede

Al momento non esiste una legge regionale organica che disciplini il recupero, la gestione e il monitoraggio degli spiaggiamenti di questo tipo di fauna marina protetta

Aurelio Sanguinetti
Esperto di scienze naturali
  • 30 settembre 2025

Cetaceo spiaggiato in Sicilia

In Sicilia esiste già una rete di intervento per affrontare i casi di spiaggiamento di cetacei, ma essa opera ancora in modo non formalizzato, basandosi sul coordinamento volontario tra enti locali, istituzioni scientifiche e forze dell’ordine. Un problema, considerando l’elevato numero di cetacei – fra balene e delfini - che ogni anno si spiaggiano lungo le coste siciliane.

A mancare è soprattutto un riconoscimento giuridico e istituzionale da parte della Regione Siciliana, che consenta di integrare l’Isola all’interno della Rete Nazionale Spiaggiamenti (RNS).

Questa rete è attiva in Italia dal 2015 e ha lo scopo di monitorare e risolvere il problema, che più delle volte, quando si tratta di animali morti, può risultare un fastidio e una minaccia per i frequentatori del mare.

I gas accumulati nel corpo degli animali per via della decomposizione oltre a rendere irrespirabile l’area possono risultare pericolosi, facendo esplodere le carcasse.

In altre regioni la RNS è già riconosciuta, tra cui in Sardegna, nel Lazio e in Toscana e proprio per colmare questa lacuna normativa, il CNR–IAS di Torretta Granitola, nel territorio di Campobello di Mazara, ha rilanciato l’appello affinché il Governo Siciliano approvi una legge regionale specifica che istituzionalizzi la rete anche in Sicilia.

Nonostante infatti l’articolo 14 dello Statuto speciale della Regione Siciliana attribuisca alla Regione competenza legislativa esclusiva in materia di caccia, pesca e tutela della fauna, al momento non esiste una legge regionale organica che disciplini il recupero, la gestione e il monitoraggio degli spiaggiamenti di fauna marina protetta, come i cetacei.

Gli esperti e gli ambientalisti per anni hanno potuto godere come loro unico riferimento legislativo del Decreto Ministeriale 25 luglio 2019, che aggiornava le linee guida nazionali per la gestione degli spiaggiamenti.

Tuttavia, senza una norma regionale che recepisca e formalizzi tali indicazioni, gli interventi restano affidati all’iniziativa dei singoli enti, spesso senza fondi adeguati o procedure univoche.

Proprio per rafforzare le competenze degli operatori coinvolti nell’individuazione e nella gestione degli spiaggiamenti, di recente si è svolto presso il CNR–IAS di Torretta Granitola il primo corso di formazione interdisciplinare in Sicilia dedicato alla gestione degli spiaggiamenti di cetacei.

L’iniziativa è stata promossa dall’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta, insieme alla sede siciliana dell’IZS, al Dipartimento di Biomedicina comparata e alimentazione dell’Università di Padova e allo stesso CNR-IAS.

Durante questo evento per circa 24 ore si sono confrontati i massimi esperti di cetacei, tra biologi marini, personale della Guardia Costiera, veterinari, rappresentanti di associazioni ambientaliste e tecnici delle ASP.

Presenti anche i rappresentanti di alcuni Comuni, divenuti loro malgrado protagonisti delle cronache, per via del ritrovamento dei cetacei lungo le loro coste. Le attività hanno anche riguardato delle esercitazioni pratiche, come la messa in sicurezza di delfini in difficoltà come il recupero delle carcasse.

Solo nel 2024 in Sicilia si sono registrati 16 casi di spiaggiamento di cetacei. Nei primi nove mesi del 2025, gli episodi sono già 12, distribuiti lungo i circa 1.600 km di coste siciliane.

Questi numeri evidenziano una tendenza in aumento, che potrebbe essere legata a diversi fattori, come i cambiamenti climatici, l’inquinamento acustico sottomarino presente nei pressi delle coste siciliane, un maggior numero di incidenti con le eliche delle barche, attività di pesca o malattie.

Una delle criticità più rilevanti segnalati dagli ambientalisti riguarda l’assenza di un finanziamento strutturale. Attualmente, le spese di gestione – in particolare quelle legate allo smaltimento delle carcasse, spesso complesse e costose – ricadono sui singoli Comuni, i quali non sempre dispongono delle risorse necessarie.

«È evidente la necessità di una norma regionale che riconosca formalmente la rete e preveda un sostegno economico continuativo», ha spiegato Roberto Puleio, direttore dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Sicilia.

«Solo così sarà possibile garantire un’efficace azione congiunta tra i vari soggetti coinvolti». Molto pericolosi sono anche le fake news e i tentativi di soccorso improvvisati da parte di cittadini o turisti. In molte occasioni, infatti, il desiderio di aiutare gli animali può portare a comportamenti pericolosi sia per i cetacei che per le persone.

«Spesso – ha dichiarato il veterinario Guido Pietroluongo dell’Università di Padova – le persone agiscono in buona fede, ma senza alcuna preparazione. È fondamentale affidarsi a personale qualificato e seguire protocolli standardizzati, riconosciuti a livello nazionale e internazionale».
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