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U ziccusu, u scafazzato e l'arrotino: come sarebbero i Puffi se fossero nati a Palermo

Chi è nato negli anni '80 lo sa: tra Candy, Georgie e Pollyanna gli unici a spassarsela erano i Puffi. Immaginate come sarebbero in Sicilia questi "strani ometti blu"

Gianluca Tantillo
Appassionato di etnografia e storia
  • 7 settembre 2025

Per la serie a quarant’anni dovresti smettere di farti le canne, oggi tratteremo dei cartoni animati degli anni '80 che ci hanno rovinato la vita. Potremmo addirittura parlare istigazione alla depressione.

Lovely Sara era orfana, Candy era orfana, Lady Oscar non era orfana ma suo padre voleva un figlio maschio, Heidi era orfana, Georgie era orfana, Anna dai capelli rossi era orfana, Pollyanna pure orfana.

Yaya, protagonista di Hello Spank, era l’unica felice ma a quattordici anni suo padre muore in un naufragio e una macchina le investe la cagnetta. Per fortuna con lei resterà il cane Spank che le riderà in faccia per tutta la vita.

Feste, sagre, concerti, mangiate, gli unici che sembravano spassarsela erano i puffi. Ho sempre pensato che i puffi fossero del Sud, più precisamente siciliani.

L’unico a turbare la loro tranquillità era un mago-quarumaro, fratellastro di Pierluigi Bersani, che, oltre a passare la sua vita di fronte alla quarara, aveva come obiettivo quello di catturarli per tramutarli in oro.

A conferma del fatto che i puffi siano in un certo qual modo palermitani, basta dire che nascono nel 1958 dalla matita di Pier Culliford (in arte Peyo), stesso anno in cui Ciancimino diventa assessore ai lavori pubblici nella giunta di Salvo Lima, e comincia a puffare licenze edilizie a destra e manca come se non ci fosse un domani, dando inizio a quello che verrà chiamato il Sacco di Palermo.

Per ritornare alla parola “puffare”, è quel verbo che sta su tutto e che i Puffi utilizzano come “get” in inglese, mettendolo praticamente ovunque.

Ma come sarebbe stato il villaggio dei Puffi se fosse stato a Palermo? Come si sarebbero espressi? Facciamo qualche esempio.

Per manifestare dissenso: ma va puffami a m!n%ia. Per esprimere disinteresse: ora na puffamu. Non voglio essere disturbato: M!n%ia puffata nienti! Saturazione, scocciamento: ma puffasti a torroncino.

Insulto: va puffacci cuinnutu a to patri. Minacce: ti puffo ‘na buaffa ca pi puffuariti l’avutra t’haiu a bieniri a circari/ti puffo a buaffi a dui a dui fino a quannu ‘un addiventano dispari.

Convivialità (vedi Stefano Piazza): tu pozzu puffari un cottel? Lo stesso varrebbe per i modi di dire: isti pi puffari e fusti puffato, vo puffari a casa ru latru? U Signuri puffò e fici a tia, va puffati un prunu.

Ancora, testa ca un puffa si chiama cucuzza, unni ti puffasti a’stati ti puffi u’mbiennu, comu vieni si puffa. Idem per i proverbi: monaci e parrini, puffacci a missa e puffacci i rini, puffa buonu e scordatillu, puffa mali e pensaci, cavaddu puffato ci puffa u pilu.

Per non parlare di tutti quei “PUFFA” scritti nei muri in giro per la città e camuffati con i soliti 800A, o, ancora meglio, del famoso coro allo stadio: puffa fuatti, ca puampa chiù fuatti.

La prova del nove alla nostra tesi è che anche nel villaggio dei Puffi, come a Palermo (e Sicilia tutta), la gente viene soprannominata per una qualche qualità o caratteristica che lo rende unico e identificabile nell’immediato. In pratica, il puffo per identificare un altro puffo utilizza a ‘nciuria. Riporteremo a seguire una papabile lista di papabili puffi nostrani.

Puffo ‘Mpustatu se è muscoloso, Puffo Malaminkiata se è ingenuo, Puffo Allafannato se è goloso, Allalato se è un po’ con la testa tra le nuvole e tontolone, Puffo Fitusu se poco incline all’igiene personale, di Grande Puffo non ne parliamo perché è in villeggiatura a’Ucciadduni.

Puffo Ziccusu se è avaro, Pirucchiusu se è avaro e pure di poche pretese, puffo Scafazzato se non è proprio di alto lignaggio, Lagnusu se è po’ pigro e scirriatu cu travagghio, Puffo Tascio se gli piace la neomelodica ed è macagno, Puffo "macagno" se gli piace la neomelodica ed è tascio.

Puffaro se è democristiano and he is a drink, puffo ‘ncunnatu se è malconcio, Puffino u Ballerino se quando fa il panino ca mievusa esegue una piccola danza sulle punte.

Qua si apre la categoria dei mestieri: Puffo Panellaro, Puffo Stigghiularu, Puffo Meusaro, Puffo Chianchieri, Puffo Posteggiaturi (o cuscì, me l’ha fari pigghiari un cafè?), Puffo Chiddu ca fa a fila al posto tuo o’spitali, Puffo Sbarazzaturi, Puffo Arrotino, Puffo ru Gas, Puffo Quando mi cercate non mi trovate, Puffo Un pacch’i sali millelire, Puffo Pirma ri l’ogghiu ci vuoli u Sali (sono fratelli), Puffo Scarso r’ogghiu e chinu i pruvulazzu.

Cos’altro? Per non farmi prendere per uno stronzolo che scrive solo puffate, potrei dirvi che il nome originale di Gargamella è Garga Tetis, e che anche questo è strettamente collegato alla Sicilia, poiché Thétis altro non era che la più bella delle Nereidi, nonché madre di Achille. E che le Nereidi, essendo ninfe marine, popolavano anche la Sicilia, tant’è che la nereide Galatea fece perdere la testa a Polifemo e al pastore Aci.

Potremo dire che arrivano per la prima volta in Italia nel 1963, sottoforma di fumetto, stesso anno della terribile strage dei Ciaculli, e che la prima volta che vengono trasmessi in tv è l’autunno 1981, in piena guerra di Mafia, proprio quando il 9 ottobre si registrano cinque omicidi in cinque punti differenti di Palermo, tutti lo stesso giorno.

Potremmo dire altre cose ma rischieremmo di appesantire il tutto. Mi limiterò solo a dirvi perché Puffi e cosa diavolo significa Puffi.

Effettivamente non significa proprio un bel niente. Il nome originale è Schtroumpfs. Tutto nasce quando ad una cena, probabilmente "avvinazzato", Peyo chiede la saliera al suo vicino. Precisamente dice: «Passe-moi le... schtroumpf», che in italiano dovrebbe suonare come “passami il puffo”.

La risposta dell’amico è più avvinazzata della domanda: «Tieni, ecco il tuo puffo e quando avrai finito di puffarlo, me lo ripufferai!». Il capolavoro però lo fanno i traduttori italiani che lo traducono in Strunfi. Per fortuna un anno dopo di accorgono della cagata pazzesca e lo traducono i Puffi.

Ordunque, mi congedo, e se avete trovato l’articolo gradevole me ne compiaccio. Diversamente, puffatevi un prunu!
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