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Un'estate da record per gli incendi in Europa: la Sicilia è (ancora) tra le più colpite

Serve, secondo gli esperti, un salto di qualità nelle politiche ambientali, con investimenti in prevenzione, educazione della cittadinanza, forestazione, e controllo del territorio

Aurelio Sanguinetti
Esperto di scienze naturali
  • 23 settembre 2025

Come ogni anno, al termine della stagione estiva, è giunto il momento di stilare il report sui roghi che hanno devastato la Sicilia e ampie aree del Mediterraneo in questo 2025, consapevoli che le alte temperature e il cattivo comportamento di una fetta della popolazione agevoleranno ancora per diverse settimane il propagarsi di nuovi incendi.

Stilare tale report è possibile studiando i dati forniti dal sistema EFFIS (European Forest Fire Information System), aggiornati al 9 settembre, che chiariscono come quest’ultima stagione estiva sia stata la peggiore mai registrata a livello europeo.

Quasi un milione di ettari sono andati in fumo, tre volte la media annua tra il 2006 e il 2024. Un dato estremamente preoccupante, che dimostra – se ancora ce ne fosse di bisogno – come il pianeta Terra si sta surriscaldando e sta entrando in una fase di costante crisi, dove le comunità umane saranno soggette a molti rischi.

In Italia, la situazione, seppur meno grave rispetto gli anni scorsi, resta drammatica. Sono 77.519 gli ettari bruciati in tutto il territorio nazionale, con 535 incendi registrati dall’inizio dell’anno.

La Sicilia, insieme ad altre regioni del sud Italia, è tra i territori più colpiti, confermando la fragilità dei suoi ecosistemi forestali di fronte al cambio del clima e alle azioni dolose.

La nostra isola rimane infatti fra i territori maggiormente percorsi degli incendi, come indicato dal programma Copernicus dell’Unione Europea, che permette di rilevare in tempo reale non solo la presenza di nuovi focolai, ma anche l’estensione delle aree bruciate e le emissioni inquinanti.

Anche se il report EFFIS non suddivide in dettaglio le superfici bruciate per regione nel 2025, l’esperienza degli ultimi anni e i primi dati territoriali segnalano che la Sicilia ha visto bruciare migliaia di ettari di macchia mediterranea e boschi, con danni ingenti alla fauna e alla qualità dell’aria.

L’incendio più grave è sicuramente avvenuto all’interno della riserva dello Zingaro, chiusa per settimane ai turisti per via del pericolo rappresentato da potenziali piccoli crolli nei pressi dei sentieri, percorsi (come buona parte dei rilievi) dalle fiamme.

Secondo le stime, oltre 13mila tonnellate di polveri sottili (PM2,5) e quasi 800 tonnellate di inquinanti sono state rilasciate nell’atmosfera negli scorsi in tutta Italia, aggravando i rischi per la salute pubblica, soprattutto nelle zone più esposte come la Sicilia.

Per gli esperti, la situazione è quindi ormai chiara: il cambiamento climatico sta intensificando la frequenza, l’estensione e la pericolosità degli incendi nel mondo e la Sicilia – posta al centro del Mediterraneo – è tra le vittime più colpite.

L’indice FWI (Fire Weather Index), che misura il rischio di incendio, indica anche una crescita costante delle condizioni favorevoli allo sviluppo di roghi, specialmente nel bacino del Mediterraneo. Sfortunatamente, la strategia regionale risulta ancora inadeguata di fronte a un fenomeno che non è più emergenza, ma una costante stagionale.

Serve, secondo gli esperti, un salto di qualità nelle politiche ambientali e di protezione civile, con investimenti in prevenzione, educazione della cittadinanza, forestazione, tecnologia e controllo del territorio.

In regioni ad alta vulnerabilità come la Sicilia, ciò significa anche rafforzare i presidi antincendio, oltre che incentivare la cura dei boschi e lavorare su una cultura che tendi a supportare una responsabilità ambientale comunitaria.
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