Va via da Palermo, ma non la dimentica: adesso per Vincenzo Crivello "Ballarò è casa"
Per un attore, abitare Ballarò significa immergersi in una scenografia quotidiana che cambia colore, ritmo e intensità a ogni ora del giorno: vi raccontiamo chi è

Vincenzo Crivello
Vincenzo Crivello è uno di quegli attori che portano in scena non solo un personaggio, ma un intero mondo fatto di radici, memoria e passione.
Nato a Palermo il 26 aprile 1969, ha lasciato la sua città da giovanissimo, alla fine degli anni Ottanta, per inseguire una carriera che lo avrebbe portato tra cinema, teatro e televisione.
Eppure il filo con la Sicilia non si è mai spezzato: è rimasto lì, tra i vicoli, le voci e i profumi di Palermo, pronto a riannodarsi.
Oggi quel filo lo ha riportato nel cuore pulsante della città, a Ballarò, quartiere di contrasti e vitalità, che Crivello ha scelto come nuova casa.
Non un ritorno nostalgico, ma un gesto di fiducia verso la vita vera, quella che si respira nei mercati storici, lontano dalle comodità di quartieri più silenziosi e “bene”.
«Ho sempre prediletto i quartieri popolari e i centri storici – racconta – non amando l’utilizzo dell’automobile. Ballarò è stata una scelta obbligata».
Una scelta che gli ha permesso di vivere la città da protagonista, non da spettatore, e che gli regala ogni giorno ispirazioni, emozioni e storie.
Ballarò, luogo in cui vive, è un teatro quotidiano. Proprio così! Per un attore, abitare Ballarò significa immergersi in una scenografia quotidiana che cambia colore, ritmo e intensità a ogni ora del giorno.
C’è il profumo delle spezie, il richiamo dei venditori, la musica improvvisata che si mescola alle voci dei residenti.
Ma ci sono anche le ombre: il caos, i problemi di gestione dei rifiuti, la fragilità di un patrimonio che rischia sempre di essere dimenticato.
Crivello non ne fa mistero: «Tante volte il profumo delle spezie viene sovrastato dal cattivo odore della munnizza e provoca molta rabbia la poca attenzione che noi palermitani riserviamo alla nostra città».
Eppure, nonostante i difetti, Ballarò resta un quartiere di grande cuore. Durante la pandemia, ad esempio, fu proprio lì che Crivello vide rispettare con maggiore rigore e senso civico le regole del lockdown.
Un segno che, come dice il proverbio siciliano da lui citato, «u pisci feti sempri ra testa»: la responsabilità del degrado non è mai del popolo, ma di chi governa e amministra.
Vincenzo è un attore che porta con fierezza e coraggio la Sicilia in scena. Crivello ha attraversato i set più diversi, ma con un legame costante alla sua terra.
Dalle atmosfere sospese di "Una notte blu cobalto" (2009) alla forza civile de "Il delitto Mattarella" (2020), passando per serie televisive come "Boris Giuliano" e "Romanzo siciliano", i suoi ruoli spesso dialogano con la storia e le contraddizioni della Sicilia.
«Finalmente, seppur lentamente, si sta uscendo dal cliché Sicilia = Mafia – sottolinea – anche se il cinema continua a raccontare soprattutto l’ultimo secolo, dimenticando i millenni di civiltà che potremmo narrare: dai Saraceni alla civiltà greca e romana, dai Normanni agli Svevi».
Palermo, per lui, resta una città di ritualità, rassegnazione e stupore: tre parole che condensano l’anima di un luogo che sa essere scenografia, dramma e poesia allo stesso tempo.
Il suo è un futuro che si muove tra teatro e memoria civile Infatti, l’attore non guarda mai al passato come traguardo definitivo: «Il progetto che più mi rappresenta è sempre il prossimo».
Oggi quel futuro ha già un nome: Strada Statale 640 – il sacrificio di un giudice, testo scritto con Gilberto Landolina di Rigilifi, che porterà in scena la storia di Rosario Livatino, magistrato ucciso dalla mafia.
Un racconto civile, un atto di giustizia teatrale che conferma la vocazione di Crivello per un’arte capace di incidere sulla memoria collettiva.
Accanto al teatro, resta un sogno che lo accompagna: portare sullo schermo la vicenda di Euno, lo schiavo che guidò la prima rivolta servile in Sicilia.
Un personaggio che unisce mito, storia e ribellione: esattamente le corde che più vibrano nella sua sensibilità artistica. In lui convivono perfettamente l’attore e il coach.
Il suo è un mestiere vissuto e visto come dono. Infatti, oltre al palcoscenico e al set, Vincenzo Crivello è anche acting coach (il trainer degli attori, ndr).
Un ruolo che non considera secondario, ma complementare al lavoro di attore. Insegnare, trasmettere, guidare altri nell’arte della recitazione significa per lui restituire ciò che ha appreso in anni di esperienza.
Un atto di generosità e di responsabilità verso le nuove generazioni, ma anche un modo per rinnovare se stesso.
E Palermo? Per lui è vista come sfida e allo stesso tempo come speranza. Il ritorno in città rappresenta, dunque, una nuova sfida personale e artistica.
Palermo è cambiata, grazie al recupero e alla commercializzazione del centro storico, vissuto sempre più da palermitani e turisti.
«Forse tutto sta accadendo troppo repentinamente e senza regole», osserva Crivello, sottolineando l’urgenza di uno sviluppo che non tradisca la vocazione autentica della città.
Nella sua carriera ha dato tutto, «che fosse teatro, fiction, soap opera o cinema».
Ma i desideri, oggi, hanno la semplicità di un augurio universale: «La fine delle guerre e un po’ di giustizia sociale». Le aspettative, ammette con realismo, «non le vedo bene».
Eppure, ascoltandolo parlare di Ballarò, della Sicilia e della sua Palermo, c’è una certezza: Crivello continua a credere che il teatro, il cinema e l’arte possano restituire dignità, speranza e bellezza.
Palermo, con i suoi riti, le sue contraddizioni e il suo stupore, resta la sua più grande fonte di ispirazione.
Nato a Palermo il 26 aprile 1969, ha lasciato la sua città da giovanissimo, alla fine degli anni Ottanta, per inseguire una carriera che lo avrebbe portato tra cinema, teatro e televisione.
Eppure il filo con la Sicilia non si è mai spezzato: è rimasto lì, tra i vicoli, le voci e i profumi di Palermo, pronto a riannodarsi.
Oggi quel filo lo ha riportato nel cuore pulsante della città, a Ballarò, quartiere di contrasti e vitalità, che Crivello ha scelto come nuova casa.
Non un ritorno nostalgico, ma un gesto di fiducia verso la vita vera, quella che si respira nei mercati storici, lontano dalle comodità di quartieri più silenziosi e “bene”.
«Ho sempre prediletto i quartieri popolari e i centri storici – racconta – non amando l’utilizzo dell’automobile. Ballarò è stata una scelta obbligata».
Una scelta che gli ha permesso di vivere la città da protagonista, non da spettatore, e che gli regala ogni giorno ispirazioni, emozioni e storie.
Ballarò, luogo in cui vive, è un teatro quotidiano. Proprio così! Per un attore, abitare Ballarò significa immergersi in una scenografia quotidiana che cambia colore, ritmo e intensità a ogni ora del giorno.
C’è il profumo delle spezie, il richiamo dei venditori, la musica improvvisata che si mescola alle voci dei residenti.
Ma ci sono anche le ombre: il caos, i problemi di gestione dei rifiuti, la fragilità di un patrimonio che rischia sempre di essere dimenticato.
Crivello non ne fa mistero: «Tante volte il profumo delle spezie viene sovrastato dal cattivo odore della munnizza e provoca molta rabbia la poca attenzione che noi palermitani riserviamo alla nostra città».
Eppure, nonostante i difetti, Ballarò resta un quartiere di grande cuore. Durante la pandemia, ad esempio, fu proprio lì che Crivello vide rispettare con maggiore rigore e senso civico le regole del lockdown.
Un segno che, come dice il proverbio siciliano da lui citato, «u pisci feti sempri ra testa»: la responsabilità del degrado non è mai del popolo, ma di chi governa e amministra.
Vincenzo è un attore che porta con fierezza e coraggio la Sicilia in scena. Crivello ha attraversato i set più diversi, ma con un legame costante alla sua terra.
Dalle atmosfere sospese di "Una notte blu cobalto" (2009) alla forza civile de "Il delitto Mattarella" (2020), passando per serie televisive come "Boris Giuliano" e "Romanzo siciliano", i suoi ruoli spesso dialogano con la storia e le contraddizioni della Sicilia.
«Finalmente, seppur lentamente, si sta uscendo dal cliché Sicilia = Mafia – sottolinea – anche se il cinema continua a raccontare soprattutto l’ultimo secolo, dimenticando i millenni di civiltà che potremmo narrare: dai Saraceni alla civiltà greca e romana, dai Normanni agli Svevi».
Palermo, per lui, resta una città di ritualità, rassegnazione e stupore: tre parole che condensano l’anima di un luogo che sa essere scenografia, dramma e poesia allo stesso tempo.
Il suo è un futuro che si muove tra teatro e memoria civile Infatti, l’attore non guarda mai al passato come traguardo definitivo: «Il progetto che più mi rappresenta è sempre il prossimo».
Oggi quel futuro ha già un nome: Strada Statale 640 – il sacrificio di un giudice, testo scritto con Gilberto Landolina di Rigilifi, che porterà in scena la storia di Rosario Livatino, magistrato ucciso dalla mafia.
Un racconto civile, un atto di giustizia teatrale che conferma la vocazione di Crivello per un’arte capace di incidere sulla memoria collettiva.
Accanto al teatro, resta un sogno che lo accompagna: portare sullo schermo la vicenda di Euno, lo schiavo che guidò la prima rivolta servile in Sicilia.
Un personaggio che unisce mito, storia e ribellione: esattamente le corde che più vibrano nella sua sensibilità artistica. In lui convivono perfettamente l’attore e il coach.
Il suo è un mestiere vissuto e visto come dono. Infatti, oltre al palcoscenico e al set, Vincenzo Crivello è anche acting coach (il trainer degli attori, ndr).
Un ruolo che non considera secondario, ma complementare al lavoro di attore. Insegnare, trasmettere, guidare altri nell’arte della recitazione significa per lui restituire ciò che ha appreso in anni di esperienza.
Un atto di generosità e di responsabilità verso le nuove generazioni, ma anche un modo per rinnovare se stesso.
E Palermo? Per lui è vista come sfida e allo stesso tempo come speranza. Il ritorno in città rappresenta, dunque, una nuova sfida personale e artistica.
Palermo è cambiata, grazie al recupero e alla commercializzazione del centro storico, vissuto sempre più da palermitani e turisti.
«Forse tutto sta accadendo troppo repentinamente e senza regole», osserva Crivello, sottolineando l’urgenza di uno sviluppo che non tradisca la vocazione autentica della città.
Nella sua carriera ha dato tutto, «che fosse teatro, fiction, soap opera o cinema».
Ma i desideri, oggi, hanno la semplicità di un augurio universale: «La fine delle guerre e un po’ di giustizia sociale». Le aspettative, ammette con realismo, «non le vedo bene».
Eppure, ascoltandolo parlare di Ballarò, della Sicilia e della sua Palermo, c’è una certezza: Crivello continua a credere che il teatro, il cinema e l’arte possano restituire dignità, speranza e bellezza.
Palermo, con i suoi riti, le sue contraddizioni e il suo stupore, resta la sua più grande fonte di ispirazione.
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