Bellissimi e maledetti: tra castelli e ville, i 22 posti in Sicilia che nessuno vuole salvare
Sono in tutto 22 e sono sia pubblici che privati: anno dopo anno sono stati segnati da vandalismo, abbandono e agenti atmosferici. La denuncia di Legambiente Sicilia
Il ninfeo di Villa Reggio di Campofiorito a Palermo
Ville, castelli, chiese, palazzi, monasteri e torri: sono 22 i luoghi presenti sul dossier "La Bella Sicilia da Salvare", documento di Legambiente Sicilia che riporta l'attenzione sui luoghi storici di proprietà pubblica e privata attualmente abbandonati a un destino incerto, presentandone ben ventidue nella speranza di raggiungere un'intesa con gli organi competenti.
Presentato in occasione della nuova edizione storica campagna "Salvalarte", progetto di Legambiente dedicato agli spazi e ai monumenti generalmente sconosciuti al grande pubblico, il dossier nasce grazie alla collaborazione con il pubblico che nel corso degli anni ha inviato all'associazione ambientalista le proprie segnalazioni.
"La Bella Sicilia da Salvare" accende i riflettori su dodici beni di proprietà pubblica più dieci di proprietà privata, tutti con storie più o meno complesse che hanno portato a un comune destino di degrado.
I primi sono: villa Napoli (Palermo), villa Raffo (Palermo), villa Pignatelli Florio (Palermo), chiesa di Santa Rosalia (Agrigento), chiesa di Santa Maria della Grotta (Marsala).
E ancora, sempre di proprietà pubblica: il castello di Santa Caterina (Favignana), la chiesa di Santa Maria della Stella (Alcamo), il monastero di San Filippo di Agira (Messina), il castello di Aquedolci (provincia di Messina), la torre del Padre Santo (Piazza Armerina), la tonnara di Santa Panagia (Siracusa) e il castello Svevo (Augusta).
I beni di proprietà privata, invece, sono: l'ex fornace Penna (Scicli), il castello Schisò (Giardini Naxos), la tonnara del Secco (San Vito Lo Capo), villa Alliata di Pietratagliata (Palermo, di cui abbiamo abbondantemente parlato), la distilleria Giuffirda (Pozzallo), il Ninfeo di villa Reggio di Campofiorito (Palermo), la torre di Isola delle Femmine (se vuoi saperne di più ecco qui), la torre Bigini (Castelvetrano), la Torre di Guidaloca (Scopello) e la Torre del Salto d'Angiò.
«Sono siti importanti - dichiara il presidente di Legambiente Sicilia Gianfranco Zanna - testimonianze di grande valore e prestigio del nostro patrimonio culturale. Hanno spesso storie complicate e intricate, che hanno contribuito, spesso con una sorte di scarica barile, a determinarne il loro triste destino».
«Essendo di proprietà pubblica e privata - continua Zanna - hanno responsabilità differenti: il pubblico spesso è in ritardo o è sempre alla difficile ricerca di finanziamenti e il privato, sistematicamente, non si interessa del bene culturale, bene di tutti, venendo meno a una sua precisa responsabilità».
Con il dossier (lo puoi trovare a questo link) Legambiente non solo racconta brevemente la storia dei singoli luoghi segnalati, ma chiede ufficialmente che si possa salvare la bellezza dall’incuria, sottolineando come i fondi per i restauri si possano trovare anche grazie ai bandi della comunità europea.
Presentato in occasione della nuova edizione storica campagna "Salvalarte", progetto di Legambiente dedicato agli spazi e ai monumenti generalmente sconosciuti al grande pubblico, il dossier nasce grazie alla collaborazione con il pubblico che nel corso degli anni ha inviato all'associazione ambientalista le proprie segnalazioni.
"La Bella Sicilia da Salvare" accende i riflettori su dodici beni di proprietà pubblica più dieci di proprietà privata, tutti con storie più o meno complesse che hanno portato a un comune destino di degrado.
I primi sono: villa Napoli (Palermo), villa Raffo (Palermo), villa Pignatelli Florio (Palermo), chiesa di Santa Rosalia (Agrigento), chiesa di Santa Maria della Grotta (Marsala).
E ancora, sempre di proprietà pubblica: il castello di Santa Caterina (Favignana), la chiesa di Santa Maria della Stella (Alcamo), il monastero di San Filippo di Agira (Messina), il castello di Aquedolci (provincia di Messina), la torre del Padre Santo (Piazza Armerina), la tonnara di Santa Panagia (Siracusa) e il castello Svevo (Augusta).
I beni di proprietà privata, invece, sono: l'ex fornace Penna (Scicli), il castello Schisò (Giardini Naxos), la tonnara del Secco (San Vito Lo Capo), villa Alliata di Pietratagliata (Palermo, di cui abbiamo abbondantemente parlato), la distilleria Giuffirda (Pozzallo), il Ninfeo di villa Reggio di Campofiorito (Palermo), la torre di Isola delle Femmine (se vuoi saperne di più ecco qui), la torre Bigini (Castelvetrano), la Torre di Guidaloca (Scopello) e la Torre del Salto d'Angiò.
«Sono siti importanti - dichiara il presidente di Legambiente Sicilia Gianfranco Zanna - testimonianze di grande valore e prestigio del nostro patrimonio culturale. Hanno spesso storie complicate e intricate, che hanno contribuito, spesso con una sorte di scarica barile, a determinarne il loro triste destino».
«Essendo di proprietà pubblica e privata - continua Zanna - hanno responsabilità differenti: il pubblico spesso è in ritardo o è sempre alla difficile ricerca di finanziamenti e il privato, sistematicamente, non si interessa del bene culturale, bene di tutti, venendo meno a una sua precisa responsabilità».
Con il dossier (lo puoi trovare a questo link) Legambiente non solo racconta brevemente la storia dei singoli luoghi segnalati, ma chiede ufficialmente che si possa salvare la bellezza dall’incuria, sottolineando come i fondi per i restauri si possano trovare anche grazie ai bandi della comunità europea.
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