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Corna e delitti nella Palermo del 1500: da Porta Felice a "porta sfiga" è un attimo

Secondo le malelingue la porta venne costruita senza l’arco centrale per consentire ai mariti traditi di passarci sotto senza sbattere le corna. Ma c'è anche un'altra storia

Federica Cortegiani
Giornalista pubblicista
  • 15 gennaio 2020

Porta Felice (foto Federica Cortegiani)

Dopo oltre quattro secoli si continua a parlare di Porta Felice: la storica porta che si affaccia sul mare che venne realizzata dopo il raddrizzamento e il prolungamento di corso Vittorio Emanuele, la più antica strada di Palermo.

Su di lei conosciamo storie e leggende che spaziano dal sacro al profano, dalla religione alla mondanità. Attraverso il suo varco sono passate processioni e carrozze dei nobili. È qui che il 14 luglio di ogni anno si conclude il corteo trionfale che dai Quattro Canti accompagna il carro della santuzza durante il Festino di Santa Rosalia, patrona di Palermo.

E sempre Porta Felice è la protagonista, durante l'equinozio di primavera, di un fenomeno naturale tanto suggestivo quanto unico: da qui, alle 6 del mattino del 20 marzo potrete vedere sorgere il sole dal mare, perfettamente allineato con la più antica strada di Palermo, appunto il Cassaro.

Ma quanti di voi conoscono la vera storia di Porta Felice? Secondo le malelingue popolari si dice che la porta sia stata costruita senza l’arco centrale per consentire ai mariti pluritraditi di passarci sotto senza sbattere le corna.
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C'è di più. Quella di Porta Felice, infatti, non è solo una storia di corna e di tradimenti (iniziati proprio dal suo committente, il vicerè di Sicilia Marcantonio Colonna di Lanuvio), ma è anche una storia di tragedie e di "sfighe" che culminarono con una lunga catena di omicidi che contò ben otto morti.

Facciamo un passo indietro.

Porta Felice venne costruita nel 1582 per volontà del vicerè Colonna in omaggio alla moglie, Donna Felice Orsini (da cui prende il nome). Non distante dal pilone di sinistra della porta venne però collocata la cosiddetta fontana della sirena, molto simile nel volto e nelle movenze proprio all'amante dello stesso vicerè: la bella Eufrosina Valdaura, baronessa di Miserendino.

E fu proprio questa storia extraconiugale dalla passione travolgente che finì per portare alla rovina quasi tutti i progonisti della vicenda con tragiche conseguenze.

La bella Eufrosina, più giovane di 30 anni del vicerè, viene raccontata dai cronisti dell'epoca come l’amante ufficiale del Colonna, con tanto di "benestare" della moglie di lui, donna Felice Orsini, e del marito di lei, che faceva finta di non accorgersi dell’adulterio.

I due non riuscivano proprio a tenere a bada la passione, tanto che il vicerè aveva anche fatto sistemare le stanze sopra Porta Nuova per i suoi incontri amorosi.

Con il tempo i pettegolezzi iniziano a girare e la notizia della tresca arriva all’orecchio del suocero della baronessa - don Antonio De Corbera - odiato da Eufrosina e per questo allontanato da Palermo dal vicerè. Tornato in città per salvare l’onore della sua famiglia, venne arrestato per insolvenza finendo poi i suoi giorni in carcere, con un sospetto di avvelenamento mai accertato.

Quella del barone è solo la prima di una lunga scia di sangue. La stessa sorte toccò poi all'ingenuo marito della baronessa che, con una scusa, venne inviato in missione diplomatica a Malta dove venne trovato "ucciso a pugnalate" da un sicario di professione che venne ucciso, affogato in un canale.

Le notizie di queste morti misteriosi arrivarono alla corte di Madrid, dove Re Filippo convocò Colonna perché si potesse discolpare. Il vicerè però non giunse mai a Madrid. Morì improvvisamente durante il viaggio, anche lui in circostanze misteriose.

Tra le ipotesi più accreditate c'è quella che vede coinvolto un cavaliere romano, Lelio Massimo, segretamente innamorato della bella Eufrosina. A questo punto la giovane amante rimasta sola, pensò bene di cercare protezione proprio dalla vedova del vicerè. Donna Felice la fece quindi convolare a nozze con il cavaliere romano.

Ma la tragedia non era ancora finita. Anche la bella baronessa avrebbe pagato con la vita i suoi numerosi errori e venne uccisa dai due figli del cavaliere. Quella morte violenta portò alla rovina anche i suoi giustizieri, le cui teste vennero appese sul ponte di Sant’Angelo. Pochi giorni dopo anche Lelio Massimo morì, si dice di crepacuore.
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