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Doveva essere un film: l'amore (inquieto) tra il principe siciliano e la piccola Agnelli

Fu una storia d’amore romantica e tormentata. Susanna era disperatamente timida, non conosceva nessuno. Incontrò il principe siciliano e si innamorò perdutamente

Maria Oliveri
Storica, saggista e operatrice culturale
  • 20 settembre 2025

Raimondo Lanza e Susanna Agnelli

Susanna Agnelli si è spenta Il 15 maggio 2009, a 87 anni e le sue ceneri sono state sparse in un giorno di tempesta nelle acque dell’Argentario, rispettando le sue ultime volontà.

Gli Agnelli sono stati tra le più influenti famiglie industriali d'Italia del Novecento. Il più noto è l'avvocato Gianni, ma spiccava anche la figura della sorella Susanna: crocerossina, promotrice di organizzazioni filantropiche, ebbe anche ruoli politici, tra cui il Ministero degli Affari Esteri (la prima donna in territorio nazionale), nel periodo 1995-96.

Fu anche una stimata scrittrice e autrice di una rubrica su un noto settimanale. Nel 1975 uscì la sua opera più famosa, "Vestivamo alla Marinara", diventato subito un best seller.

È la vita di una ragazza moderna e anticonvenzionale, nata e cresciuta nell'alta società, terza dei sette figli di Edoardo Agnelli (prematuramente scomparso il 14 luglio 1935 in un incidente aereo all'età di quarantatré anni).

L’autrice ripercorre nel romanzo alcune tappe della sua vita “come la ricordo fino al giorno in cui mi sono sposata”: il rapporto con i fratelli, le severe istitutrici, la morte del padre, l'avvento del fascismo, gli studi da infermiera e lo scoppio della seconda guerra mondiale, i primi amori e la sua relazione con il raffinato principe Raimondo Lanza di Trabia (1915-1954) uno dei più eccentrici dandy dell’aristocrazia siciliana, che ispirò a Domenico Modugno il celebre brano L’uomo in frack.

Raimondo Lanza e il fratello Galvano erano frutto di una relazione more uxorio tra Giuseppe Lanza e l’avvenente nobildonna veneta, Maddalena Papadopoli Aldobrandini, moglie del principe Gino Spada Potenziani.

Maddalena era anche sorella di Vera, storica amante di Ignazio Florio, zio di Raimondo. Solo dopo la morte dell’ultimo figlio che le rimaneva, Giuseppe, avvenuta nel 1927, donna Giulia Florio Lanza (sorella di Ignazio) che aveva già perso tre figli maschi (uno bambino, due durante la Grande Guerra) decise di incontrare a villa Butera la “peccatrice” Madda e i suoi nipoti già adolescenti, sino ad allora disconosciuti.

Scriveva Susanna Agnelli: “Un giorno la madre di Raimondo mi aveva raccontato che quando era arrivata in Sicilia con i due figli per il funerale del padre, la principessa di Trabia che li vedeva per la prima volta li aveva guardati li aveva guardati esclamando: "Questo" rivolgendosi a Raimondo “Si vede che è un Trabia; ma l’altro come mai così biondo?”; davanti a lei la madre che era bionda come il grano”.

In quei frangenti si convenne che Galvano sarebbe andato a vivere con la madre a Vittorio Veneto e Raimondo rimase con i nonni Lanza in Sicilia. I due fratelli nonostante la lontananza furono sempre grandi amici, si adoravano. Raimondo del resto era un ragazzo che sapeva farsi amare da tutti: spiritoso, elegante, pieno di vita, amante dell’azione e dell’avventura.

A vent’anni, la sua smania di vivere mal si conciliava con l’atmosfera polverosa e claustrofobica dei salotti di Palermo. Si trasferì allora Roma, dove non fece fatica a entrare nel giro del bel mondo che contava.

Divenne molto amico anche di Gianni Agnelli, di Galeazzo Ciano e di sua moglie Edda. Raimondo era anche un gran seduttore ebbe numerosi flirt con alcune star dell’epoca. Per Susanna Agnelli lui fu l’amore della sua gioventù. Si conobbero verso la fine degli anni ’30, ad un ballo all’hotel Excelsior di Roma, per i 18 anni di Topazia Caetani.

Raimondo aveva 24 anni, Suni ne aveva solo 17 anni, era “vestita di velluto verde scuro, molto scollata”. Era disperatamente timida, non conosceva nessuno e non le piaceva ballare. Incontrò il principe siciliano e si innamorò perdutamente.

Così scriveva: “L’ho visto. La sua vitalità scoppiava dal colletto della camicia che aveva sbottonata; la cravatta annodata come una collana; lo sguardo arrogante, dolce, interrogativo e il sorriso sorpreso…” e ancora “mi ha trascinato in un salone vuoto e mi ha baciato, distrattamente, con violenza, sulla bocca”.

Finirono ben presto l’una nelle braccia dell’altro: “Stavamo interminabilmente sdraiati a pancia sotto, sulla sabbia, parlando della nostra vita in quel futuro che sembrava così corto…Poi cadevamo dentro al letto, esausti, infreddoliti e giovani.” Lei era pazza di lui. “Ero così innamorata, così presa da Raimondo, così chiusa nella mia intimità come in una nuvola…” Così scriveva Susanna quasi mezzo secolo dopo e poi ‹‹Quando (Raimondo) entrava in una stanza era come un fulmine.

Tutti smettevano di parlare o di fare quello che stavano facendo. Gridava, rideva, baciava tutti, scherzava…suonava il pianoforte, telefonava e mi teneva la mano, tutto contemporaneamente…finchè d’improvviso, si alzava, mi baciava e scompariva››.

E ancora: “Guardavo Raimondo camminare sulla frangia delle onde. Il sedere rotondo, la pelle cremosa, le spalle sensuali mi comunicarono un brivido al basso ventre. Era la prima volta che provavo un’attrazione sessuale…ero già innamorata di Raimondo e la sensazione mi riempì di un senso di vuoto, di felicità e disperazione mescolate insieme…Ho conosciuto la dolcezza della sua pelle sulla mia, la delizia di pensare in due…di non sapere niente se non che si è insieme.”.

Fu una follia di gioventù anche intraprendere un lungo viaggio, per raggiungerlo in Sicilia, con due sue amiche e una cameriera. Ecco il suo racconto: “Raimondo venne a prenderci e ci accompagnò in giro per l’isola. Inghiottiva dieci gelati in fila, seduto a un tavolino di “Ragheth e Koch”, la pasticceria elegante di Palermo, dove i siciliani mangiavano gelati e granite di caffè a tutte le ore della giornata.

Ci portava nella villa di sua nonna, che era circondata al centro della città da un parco grande come un villaggio. In totale confusione ci vivevano decine di parenti e cugini, che si salutavano, incontrandosi, con estrema formalità. Si dicevano “cara principessa” o “caro cugino”, baciandosi a volte le guance e a volte la mano.

Passeggiavamo nel centro della città, squallido e misero. Agli angoli delle piazze si friggevano le interiora degli animali e al mercato i pescispada erano più lunghi delle tavole su cui erano distesi per essere affettati. Entravamo nelle chiese scure, camminavamo lungo le strade assolate tappezzate di gerani rampicanti sui muri, visitavamo le rovine dei templi e il chiostro di Monreale, scoprivamo ville misteriose, giardini profumati, aranceti, spiagge".

Suni conobbe anche la severa nonna Giulia Florio: "La nonna di Raimondo ci invitò a colazione. Ci siamo vestite con gli chamisiers di seta e le calze e le scarpe. La principessa di Trabia viveva a Palazzo Butera; sul davanti un’enorme terrazza guardava il porto. I saloni immensi erano tappezzati di broccato rosso, pesanti tende li riparavano dalla luce del sole; ogni centimetro di spazio era coperto di tappeti, quadri, mobili; e si mangiava in piatti d’argento.

Regnava un’atmosfera drammatica, cupa e orientale insieme. Era difficile credere che fuori esistevano la luce, il mare e ragazzini di pelle scura che chiedevano l’elemosina. Le seggiole avevano lo schienale alto. Raimondo stava seduto molto dritto.

Se distrattamente ogni tanto si appoggiava all’indietro suo nonna lo guardava con fermezza e lo richiamava: “Rrraimondo!” con accento siciliano. “Scusami nonna” rispondeva e raddrizzava la schiena… Era stato educato dalla nonna in questa atmosfera di chiesa”. Scriveva ancora Suni: “La principessa di Trabia aveva un volto stupendo, duro, bianco come una medaglia d’avorio.

Era intelligente, acuta, si rendeva conto di tutto. Ci ha chiesto perché eravamo venute a Palermo, chi ci accompagnava, che cosa avevamo visitato. Noi (Suni e l’amica Berta) mentivamo…dicendo che eravamo accompagnate, non da una cameriera, ma da una governante che era rimasta in albergo perché aveva mal di testa. Ci ascoltava, sapendo che stavamo mentendo, e divertendosi del nostro imbarazzo".


Suni e le amiche vennero ospitate al castello di Trabia, all’epoca di proprietà dei Lanza: “Poi Raimondo ci ha portato in macchina a Trabia, dove aveva un castello. Era sul mare, in alto; una cascata attraversava la terrazza e si gettava nelle onde, ai piedi della scogliera. Davanti nella Baia era la tonnara. Si vedeva la grande barca piatta e le bandierine che segnalavano le reti per catturare i tonni. Siamo rimaste per la notte. Raimondo mi ha portato fuori in barca sul mare illuminato dalla luna…”.

Raimondo e Suni finirono per fidanzarsi ufficialmente. Avrebbero dovuto sposarsi nel Giugno del 1940. Lui le aveva regalato un magnifico anello di fidanzamento (e la nonna Giulia Florio le aveva donato un braccial d’oro) ma non si decideva mai a fissare una data. Era una storia d’amore segnata da ritardi, da capricci e dai tradimenti del nobile siciliano.

Suni accettava il fatto che Raimondo frequentava altre donne, forse perché sapeva che da buon siciliano voleva sposare una vergine, come lei o forse perché era innamorata persa: “Mi raccontava delle persone con cui usciva e delle donne con cui andava a letto. Diceva che erano tutte diverse da me…non ero gelosa, a quel tempo.

Tra lui e me c’era qualcosa di diverso…che cosa importava? Quello che conta è la persona a cui uno vuol bene, non quella con cui uno ha voglia di andare a letto Quello passa”.

La relazione tra il principe siciliano e la piccola Agnelli non ebbe però un lieto fine … Suni si stancò di aspettare, si stancò di Raimondo che “se ne andava, poi ricompariva a metà giornata o nel mezzo della notte”.

Lui usciva di sovente con una giovane attrice dagli occhi trasparenti per cui aveva perso la testa. “Che tra me e Raimondo fosse tutto finito l’avevo capito quando avevo incontrato la principessa di Trabia che scendeva i gradini dell’Hotel Excelsior a Napoli…Raimondo mi aveva detto che (di quella attrice) ne era innamorato, ma che presto si sarebbe liberato da questa attrazione.

Mi pregava di aspettare ancora. - “Lo sai che ti voglio bene, che ti voglio sposare…Non puoi essere gelosa di una cosa che con noi non ha niente a che vedere…” - Questa Volta avevo detto no. “No, Raimondo. Non siamo più fidanzati. Sapevo che non sarebbe più stato come prima. Raimondo era fatto per altre cose e io anche".

Susanna cercò di dimenticarlo, si gettò a capofitto nel suo ruolo di infermiera, visse i giorni amari della guerra, mettendosi in gioco… e alla fine nel 1945 sposò Urbano Rattazzi, anche se era innamorata follemente - e lo sarebbe stata per molti anni – di Raimondo.

Nel 1988 un regista italiano pensò di realizzare un film di sofisticate atmosfere alla James Ivory, con Nicolas Cage nel ruolo di Raimondo Lanza ma l’avvocato Gianni Agnelli si oppose fermamente, per evitare che emergessero gli aspetti intimi e controversi della vita della famiglia, in particolare quelli legati alla figura della madre Virginia Bourbon del Monte, a cui il suocero, il senatore Giovanni Agnelli, voleva togliere dopo la morte del marito la patria potestà dei 7 figli.

Gianni Agnelli comprò personalmente i diritti del libro di Susanna e di quel film non venne girata nemmeno una scena: che peccato!
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