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Elliot Erwitt (in 190 opere) a Palermo: a Palazzo Reale il suo "archivio emozionale"

L’intero percorso espositivo a Palazzo Reale è accompagnato dalle musiche evocative del celebre concerto di Simon&Garfunkel a Central Park, tra malinconia e stupore

Marta Mangiapane
Laureata in Mediazione Culturale del Patrimonio Artistico
  • 30 settembre 2025

Dettaglio di uno scatto di Elliott Erwitt in mostra a Palermo

Un’occasione imperdibile per riscoprire lo sguardo ironico, profondo e umano di un autore capace di trasformare l’ordinario in straordinario, l’attimo fugace in racconto universale.

Fino al 30 novembre, le sale del Palazzo Reale di Palermo ospitano una mostra dedicata a uno dei più grandi maestri della fotografia del Novecento: Elliott Erwitt.

Nato a Parigi nel 1928 da genitori russi di origine ebraica, Erwitt visse un’infanzia segnata dagli spostamenti: prima l’Italia, poi gli Stati Uniti, dove la famiglia si stabilì definitivamente.

È proprio in America che Elliott Erwitt sviluppa la sua cifra stilistica, diventando uno dei membri più noti della celebre agenzia Magnum Photos, fondata da Henri Cartier-Bresson, al quale spesso viene accostato per la comune capacità di cogliere "l’attimo decisivo".

Ma, se Cartier-Bresson puntava alla composizione perfetta, Erwitt preferiva giocare con l’assurdo, il paradosso, l’ironia, il surreale. Le fotografie in bianco e nero di Erwitt sono leggendarie.

Immagini dal 1957 ad oggi che sanno essere leggere e profonde al tempo stesso, intime eppure universali. Scatti che parlano un linguaggio visivo immediato, capace di superare barriere linguistiche e culturali.

Con il suo sguardo unico, Erwitt ci invita a guardare il mondo con più indulgenza, leggerezza e – perché no – meraviglia.

La mostra palermitana propone 190 opere, di cui 110 fotografie esposte fisicamente e circa 80 proiettate in alta definizione, sia in bianco e nero che a colori. L’intero percorso espositivo è accompagnato dalle musiche evocative del celebre concerto di Simon&Garfunkel a Central Park, che contribuiscono a creare un’atmosfera sospesa tra malinconia e stupore.

Tra i soggetti più amati da Erwitt ci sono senza dubbio i cani, protagonisti di una parte significativa della sua produzione. Con uno sguardo affettuoso, il fotografo ha saputo raccontare non solo le buffe abitudini degli animali, ma anche – e soprattutto – il rapporto profondo che li lega ai loro padroni, trasformando scene di vita quotidiana in piccoli capolavori di antropologia visiva.

Ma Erwitt è stato anche un grande ritrattista. Le sue immagini di Marilyn Monroe, John F. Kennedy, Che Guevara, Sophia Loren, Muhammad Ali e molti altri sono ormai entrate nell’immaginario collettivo, non solo come documenti storici, ma come veri e propri ritratti psicologici, capaci di andare oltre l’icona e restituire l’umanità del soggetto.

Non a caso, il lavoro di Erwitt è spesso considerato una sorta di archivio emozionale del XX secolo. Il suo merito più grande? È forse quello di aver reso la fotografia un mezzo di comunicazione universale, dove umorismo e empatia si fondono per raccontare le assurdità della vita.
L’opera di Erwitt è storia in stupende immagini.

Questa mostra rappresenta non solo un omaggio a una carriera straordinaria, ma anche un invito a rallentare, osservare, riflettere. A cercare la bellezza nell’imprevisto, nel quotidiano, nei dettagli che spesso sfuggono a causa di uno sguardo troppo superficiale, troppo veloce.

Elliott Erwitt è, in definitiva, un narratore visivo senza eguali: capace di trasformare l’istante in storia, l’ironia in poesia, la fotografia in strumento di comprensione profonda del reale.
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