ARTE E ARCHITETTURA
Elliot Erwitt (in 190 opere) a Palermo: a Palazzo Reale il suo "archivio emozionale"
L’intero percorso espositivo a Palazzo Reale è accompagnato dalle musiche evocative del celebre concerto di Simon&Garfunkel a Central Park, tra malinconia e stupore
Dettaglio di uno scatto di Elliott Erwitt in mostra a Palermo
Un’occasione imperdibile per riscoprire lo sguardo ironico, profondo e umano di un autore capace di trasformare l’ordinario in straordinario, l’attimo fugace in racconto universale.
Fino al 30 novembre, le sale del Palazzo Reale di Palermo ospitano una mostra dedicata a uno dei più grandi maestri della fotografia del Novecento: Elliott Erwitt.
Nato a Parigi nel 1928 da genitori russi di origine ebraica, Erwitt visse un’infanzia segnata dagli spostamenti: prima l’Italia, poi gli Stati Uniti, dove la famiglia si stabilì definitivamente.
È proprio in America che Elliott Erwitt sviluppa la sua cifra stilistica, diventando uno dei membri più noti della celebre agenzia Magnum Photos, fondata da Henri Cartier-Bresson, al quale spesso viene accostato per la comune capacità di cogliere "l’attimo decisivo".
Ma, se Cartier-Bresson puntava alla composizione perfetta, Erwitt preferiva giocare con l’assurdo, il paradosso, l’ironia, il surreale. Le fotografie in bianco e nero di Erwitt sono leggendarie.
Immagini dal 1957 ad oggi che sanno essere leggere e profonde al tempo stesso, intime eppure universali. Scatti che parlano un linguaggio visivo immediato, capace di superare barriere linguistiche e culturali.
Con il suo sguardo unico, Erwitt ci invita a guardare il mondo con più indulgenza, leggerezza e – perché no – meraviglia.
La mostra palermitana propone 190 opere, di cui 110 fotografie esposte fisicamente e circa 80 proiettate in alta definizione, sia in bianco e nero che a colori. L’intero percorso espositivo è accompagnato dalle musiche evocative del celebre concerto di Simon&Garfunkel a Central Park, che contribuiscono a creare un’atmosfera sospesa tra malinconia e stupore.
Tra i soggetti più amati da Erwitt ci sono senza dubbio i cani, protagonisti di una parte significativa della sua produzione. Con uno sguardo affettuoso, il fotografo ha saputo raccontare non solo le buffe abitudini degli animali, ma anche – e soprattutto – il rapporto profondo che li lega ai loro padroni, trasformando scene di vita quotidiana in piccoli capolavori di antropologia visiva.
Ma Erwitt è stato anche un grande ritrattista. Le sue immagini di Marilyn Monroe, John F. Kennedy, Che Guevara, Sophia Loren, Muhammad Ali e molti altri sono ormai entrate nell’immaginario collettivo, non solo come documenti storici, ma come veri e propri ritratti psicologici, capaci di andare oltre l’icona e restituire l’umanità del soggetto.
Non a caso, il lavoro di Erwitt è spesso considerato una sorta di archivio emozionale del XX secolo. Il suo merito più grande? È forse quello di aver reso la fotografia un mezzo di comunicazione universale, dove umorismo e empatia si fondono per raccontare le assurdità della vita.
L’opera di Erwitt è storia in stupende immagini.
Questa mostra rappresenta non solo un omaggio a una carriera straordinaria, ma anche un invito a rallentare, osservare, riflettere. A cercare la bellezza nell’imprevisto, nel quotidiano, nei dettagli che spesso sfuggono a causa di uno sguardo troppo superficiale, troppo veloce.
Elliott Erwitt è, in definitiva, un narratore visivo senza eguali: capace di trasformare l’istante in storia, l’ironia in poesia, la fotografia in strumento di comprensione profonda del reale.
Fino al 30 novembre, le sale del Palazzo Reale di Palermo ospitano una mostra dedicata a uno dei più grandi maestri della fotografia del Novecento: Elliott Erwitt.
Nato a Parigi nel 1928 da genitori russi di origine ebraica, Erwitt visse un’infanzia segnata dagli spostamenti: prima l’Italia, poi gli Stati Uniti, dove la famiglia si stabilì definitivamente.
È proprio in America che Elliott Erwitt sviluppa la sua cifra stilistica, diventando uno dei membri più noti della celebre agenzia Magnum Photos, fondata da Henri Cartier-Bresson, al quale spesso viene accostato per la comune capacità di cogliere "l’attimo decisivo".
Ma, se Cartier-Bresson puntava alla composizione perfetta, Erwitt preferiva giocare con l’assurdo, il paradosso, l’ironia, il surreale. Le fotografie in bianco e nero di Erwitt sono leggendarie.
Immagini dal 1957 ad oggi che sanno essere leggere e profonde al tempo stesso, intime eppure universali. Scatti che parlano un linguaggio visivo immediato, capace di superare barriere linguistiche e culturali.
Con il suo sguardo unico, Erwitt ci invita a guardare il mondo con più indulgenza, leggerezza e – perché no – meraviglia.
La mostra palermitana propone 190 opere, di cui 110 fotografie esposte fisicamente e circa 80 proiettate in alta definizione, sia in bianco e nero che a colori. L’intero percorso espositivo è accompagnato dalle musiche evocative del celebre concerto di Simon&Garfunkel a Central Park, che contribuiscono a creare un’atmosfera sospesa tra malinconia e stupore.
Tra i soggetti più amati da Erwitt ci sono senza dubbio i cani, protagonisti di una parte significativa della sua produzione. Con uno sguardo affettuoso, il fotografo ha saputo raccontare non solo le buffe abitudini degli animali, ma anche – e soprattutto – il rapporto profondo che li lega ai loro padroni, trasformando scene di vita quotidiana in piccoli capolavori di antropologia visiva.
Ma Erwitt è stato anche un grande ritrattista. Le sue immagini di Marilyn Monroe, John F. Kennedy, Che Guevara, Sophia Loren, Muhammad Ali e molti altri sono ormai entrate nell’immaginario collettivo, non solo come documenti storici, ma come veri e propri ritratti psicologici, capaci di andare oltre l’icona e restituire l’umanità del soggetto.
Non a caso, il lavoro di Erwitt è spesso considerato una sorta di archivio emozionale del XX secolo. Il suo merito più grande? È forse quello di aver reso la fotografia un mezzo di comunicazione universale, dove umorismo e empatia si fondono per raccontare le assurdità della vita.
L’opera di Erwitt è storia in stupende immagini.
Questa mostra rappresenta non solo un omaggio a una carriera straordinaria, ma anche un invito a rallentare, osservare, riflettere. A cercare la bellezza nell’imprevisto, nel quotidiano, nei dettagli che spesso sfuggono a causa di uno sguardo troppo superficiale, troppo veloce.
Elliott Erwitt è, in definitiva, un narratore visivo senza eguali: capace di trasformare l’istante in storia, l’ironia in poesia, la fotografia in strumento di comprensione profonda del reale.
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