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Era un "picciotto sistemato": cosa c'entra un arabo (siciliano) con gli spaghetti di Trabia

Il suo nome è Idrisi, uno dei più grandi conoscitori della geografia del suo tempo. Arrivò a Palermo nel 1145 presso la Corte di Ruggero II. Il resto è storia

Gianluca Tantillo
Appassionato di etnografia e storia
  • 12 aprile 2021

Spaghetti al pomodoro

Nel mezzo del cammin di nostra vita mi trovai per una selva oscura, minchia, l’ispirazione era smarrita! […]

Ma poi ch’i fui al pié d’un colle giunto là dove terminava quella valle che m’avea di paura il cor compunto, guardai in alto vidi e le sue spalle vestite già de’ raggi del pianeta che mena dritto altrui per ogni calle.

No, non era Virgilio, era la mia amica e studiosa di storia e tradizioni siciliane Rossella Papavero che mi guardò e mi disse: «Scimunito, perciò stai a Trabia e non hai scritto ancora un articolo su Idrisi?».

Lì per lì pensai perché avrei dovuto scrivere un articolo su Idris, quel simpatico ragazzo di colore che negli anni 90’ era ospite fisso a “Quelli che il calcio…”; poi mi documentai ed esclamai di nuovo «Minchia!».

Abū ‘Abd Allāh Muhammad ibn Muhammad ibn ‘Abd Allah ibn Idrīs al-Ṣabti, si chiamava all’anagrafe, dove “Ibn” sta per figlio e “Abd” sta per schiavo (una specie di corrispettivo del nostro Maria Catena Crocifissa Addolorata in poche parole).
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Idrisi era un picciotto sistemato che apparteneva alla nobile famiglia degli Hammudidi. E per quanto Ammudditi in siciliano significhi flosci, mosci, e tutte le sue varianti, questi invece erano portentosi, duri, così duri che sostenevano di discendere da Idris I (alla fine Idris c’era!) che senza alcuna pretesa diceva a sua volta di provenire direttamente da Maometto.

Idrisi è stato uno dei più grandi viaggiatori, studiosi e conoscitori della geografia del suo tempo.

Crescendo a pane, nutella e “Turisti per caso” (la trasmissione con Patrizio e Susy) si appassiona ai viaggi e ad un certo punto decide pure lui di alzarsi la divano, farsi un abbonamento Interrail, e cominciare girare per l’Europa: Inghilterra, Francia, Grecia, Rodi, Creta, Portogallo, i Pirenei, insomma dove poteva andare non si tirava indietro.

Poi nel 1145, o gli scade l’Interrail, o magari è proprio il sovrano a chiamarlo, fatto sta che arriva a Palermo presso la Corte di Ruggero II.

Colloquio di lavoro "tutto bene grazie", si mette subito all’opera e realizza un planisfero che incide su una lastra d’argento e che riproponeva il mondo allora conosciuto con i nomi dei posti principali, quelli più belli, quelli più cari: tipo un tabellone del Monopoli così uno lo sapeva prima se andava a scoppare in vicolo Corto o in viale dei Giardini.

Purtroppo questo planisfero ebbe poca vita perché durante il regno del successore di Ruggero II, cioè Guglielmo I, ci fu una sommossa contro il mal governo e i palermitani per sfregio lo lasciarono in mutande portandosi dalla carta da parati, ai tappeti, ai denti d’oro, e perfino la povera creazione di Idrisi che finì fusa per recuperare l’argento.

«Gugliè», deve avere commentato lo studioso «O ti metti la testa al partito oppure la smettiamo di usare l’argento e iniziamo a usare la carta: qua ci squagliano pure a noi!». Con Ruggero era un’altra cosa, quello aveva una mente più raffinata, mire espansionistiche, era bello, ricco, possedeva le televisioni.

Da questo sodalizio infatti nasce una bella intesa e Ruggero II decide così di affidargli un programma tutto suo nella quale avrebbe dovuto viaggiare fino ai confini del suo regno perché aveva desidero di sapere fino a dove si estendeva la potente mano del suo comando (vedi che spinni!).

Manca quindici anni Idrisi e quando finisce il programma e lui ha annotato così tante informazioni che ci scrive pure un libro che passerà alla storia come Tabula Rogeriana, Ruggero II era già morto e al suo posto c’era Gugliemo I (non si può avere tutto dalla vita).

Il libro è un vero e proprio Atlante geografico, più grande di quello Tolomeo, anzi il più grande di tutti i tempi: peccato che ancora non c’era la De Agostini sennò lo avrebbero diviso in fascicoletti con quella bellissima formula che prevede il primo numero aggratis e per l’ultimo ci vuole il mutuo.

Per tre secoli la Tabula Rogeriana rimarrà il mappamondo più preciso al mondo tanto che si pensa che anche Colombo prima di partire per le Indie (e poi scoppò in America) deve averlo consultato. Comunque nel bel mezzo di questo viaggio, e qua ci ricolleghiamo al consiglio di Rossella, Idrisi passa pure per Trabia.

Scrive: «A ponente di Termini Imerese vi è l’abitato di Trabia, sito incantevole, ricco di acque perenni e mulini, con una bella pianura e vasti poderi nei quali si fabbricano vermicelli in quantità da approvvigionare , oltre ai paesi della Calabria, quelli dei territori musulmani e cristiani, dove se ne spediscono consistenti carichi».

In pratica Idrisi passa da Trabia e scopre per primo, non solo che a Trabia sono nati semplicemente gli spaghetti, ma con il termine "approvvigionare" intende dire pure che si trattava della prima forma di pasta essiccata, tant’è che i trabiesi si occupavano pure di export.

Quindi molto logicamente pure Idrisi, un po' come Montalbano, deve essersi trovato in bella giornata di primavera, seduto in una qualche terrazza affacciata sul mare, e si sarà gustato un bellissimo piatto di pasta non col pomodoro perché ancora Cristoforo Colombo i pomodori li doveva portare, ma magari aglio, olio e mollica atturata si.

Io al posto di Idrisi ci avrei accompagnato pure due belle nespole fresche di Trabia che è un frutto che risale al I secolo a.C. che cresceva lungo le sponde Mar Caspio e che prima di arrivare in Sicilia si e fatto tutta l’Asia Minore e la Grecia.

Questa però è un’altra storia…
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